La Conferenza di Genova
ha registrato sicuramente più successi, che marcheranno sia un migliore trattamento delle dipendenze che del fenomeno droga in generale.
Il primo successo è il fatto stesso che si sia tenuta, visto che l’ultima volta era accaduto 12 anni fa per un evento che si dovrebbe tenere ogni 3 anni.
Il secondo successo è che le problematiche specifiche (dipendenze) siano state trattate con l’approccio odierno, ché le politiche in merito di questi ultimi anni risentivano del non-confronto con tutti gli operatori privati e pubblici che se ne occupano. Ora gli addetti ai lavori dovranno trasformare le parole in fatti che, pur coi limiti della legislazione proibizionista, consentono politiche che mettano al centro le dipendenze come fenomeno umano e sanitario piuttosto che giudiziale.
Il terzo successo, il più importante, è che ci sia stato un confronto che non poteva non andare oltre i temi specifici della conferenza.
Il fatto che oggi la politica sulle droghe, nazionale ed internazionale, sta andando verso le legalizzazioni, si è fatto sentire. Grazie agli eventi esterni e a margine della conferenza da parte delle organizzazioni antiproibizioniste, si è avuta ricaduta sulla conferenza stessa. Con da una parte le dichiarazioni a base di slogan dei vari proibizionisti *, e dall’altra la scientificità e razionalità delle argomentazioni e politiche di chi in questi ultimi anni ha tenuta alta informazione ed attenzione; con il culmine della denuncia del non funzionamento delle norme, in essere dal 2016, sulla cannabis terapeutica.
(la ministra Fabiana Dadone accoglie Walter De Benedetto, invitato alla Conferenza per testimoniare la sua esperienza sanitaria e giudiziale con la cannabis terapeutica)
Su tutta la conferenza ha pesato il probabile cambio di approccio generale alla materia droga, passando da una legislazione punizionista ad una regolamentata: il referendum sulla cannabis che si potrebbe tenere la prossima primavera. Con l’ulteriore peso che le firme per questo referendum sono state raccolte in dieci giorni con un metodo (lo spid) che ha rivoluzionato lo strumento: la richiesta di modifica radicale sulla cannabis che è diventata esempio di buona e moderna partecipazione democratica, la “bestia” che diventa “buon governo”.
Ora, calati i riflettori, tutti torneranno ai propri lavori: gli impegnati (pubblici e privati) sulle dipendenze con maggiore vigore e positività, le forze dell’ordine alle loro repressioni e conteggi vari, i politici ognuno nei propri ambiti. Tra questi ultimi: i proibizionisti, che lavorano dichiarando, non si faranno sentire fino alla prossima occasione che, in genere, è fornita da fatti di cronaca o nel ripetere i loro slogan contro le iniziative dei legalizzatori; questi ultimi, invece, hanno
molto da fare per trasformare in realtà il peso (referendum) che ha dato meno ritualità alla conferenza, e da cui dipenderanno tutte le politiche future in materia.
* Salvini, Meloni, Gelmini, Gasparri e - ricomparso dall’oltretomba - Giovanardi… per citare solo i più noti, col codazzo di nuovi proibizionisti la cui unica originalità era il fatto che pronunciassero parole con l’autorevolezza delle proprie cariche istituzionali… ché nel merito erano solo parole intorno alla variante “droga fa male”.
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