
L'osservazione è tanto allarmante quanto chiara: mentre il traffico di droga sta vivendo un boom senza precedenti, l'ascesa della criminalità organizzata sta generando una violenza che sta divorando certi quartieri e perfino le comunità rurali. Solo nel 2023 sono stati registrati più di 300 omicidi e tentati omicidi legati alla droga e le conseguenze sulla salute, spesso tragiche, sono immense. L’influenza del narcotraffico – il cui fatturato annuo supera i 3,5 miliardi di euro – e la corruzione che alimenta sono tali che la sua ambizione – quella di competere con lo stato di diritto – deve essere presa molto sul serio.
Il fatto che i capibanda incarcerati possano continuare a gestire le loro attività dalle loro celle utilizzando i telefoni cellulari è comprensibilmente considerato scandaloso dall'opinione pubblica. E l'assassinio di due guardie carcerarie a Incarville (Eure), il 14 maggio 2024, durante la fuga di Mohamed Amra , non ha fatto che rafforzare la richiesta di una risposta politica.
La necessità di "liberare la Francia dalla trappola del narcotraffico", come viene definito il disegno di legge presentato da due senatori, è così ampiamente percepita che è stato approvato all'unanimità dal Senato il 4 febbraio. La minaccia è estremamente grave ed esclude qualsiasi ingenuità. La risposta deve essere al tempo stesso massiccia e calibrata, efficace e compatibile con lo stato di diritto che si tratta appunto di preservare.
È questo il difficile equilibrio che spetta ai deputati rispettare nell'esame, iniziato lunedì 17 marzo, del disegno di legge del Senato, diventato oggetto di battaglia politica con l'emendamento presentato dal ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, volto a creare un nuovo regime carcerario di isolamento ultra-severo per i narcotrafficanti.
Misura di manifestazione politica
Certamente, il raggruppamento sperimentale di narcotrafficanti in determinati centri penitenziari può essere giustificato per ragioni di controllo delle comunicazioni. Ma, quarantatré anni dopo l'abolizione delle "unità di alta sicurezza" descritte come "inumane" da Robert Badinter, la sottoposizione per due anni a un regime di isolamento di alcuni detenuti, tra cui prigionieri in custodia cautelare, designati esclusivamente dall'amministrazione, sembra essere una misura di ostentazione politica, priva di qualsiasi effetto deterrente e umanamente distruttiva.
La stessa preoccupazione per l'equilibrio tra sicurezza e diritti umani dovrebbe guidare l'esame di un'altra misura chiave del testo, ovvero la creazione di un "archivio sicuro" in cui sarebbero conservate le informazioni sull'uso di intercettazioni e infiltrazioni non comunicate agli avvocati dei trafficanti. Una misura che può impedire ricorsi dilatori, ma viola il principio del contraddittorio. Quanto all'obbligo imposto alle piattaforme di messaggistica criptata come WhatsApp di comunicare gli scambi tra trafficanti, si corre il rischio, introducendo vulnerabilità nei protocolli di scambio, di aprire una falla sfruttabile non solo dalla giustizia, ma anche da criminali o Stati ostili.
La posta in gioco nella lotta contro i trafficanti di droga è così cruciale che non può essere ridotta a un'alternativa semplicistica tra la cieca repressione dei diritti umani e l'inazione, che comporta costi terribili per il Paese. Inscindibilmente dai reati legati allo spaccio di droga, anche i problemi sanitari e sociali legati alla tossicodipendenza richiederebbero la mobilitazione di tutte le forze legate alla democrazia.
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