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 U.E. - U.E. - Cannabis terapeutica. Inespellibile cittadino russo in cura
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Notizia 
23 novembre 2022 14:16
 
Un cittadino di un paese terzo che soffre di una malattia grave potrebbe non essere espatriato se, in assenza di adeguate cure mediche nel paese ricevente, dovesse essere sposto ad un rischio reale di aumento della malattia e del dolore ad essa legato.

Un cittadino russo che all'età di 16 anni ha sviluppato una rara forma di cancro del sangue è attualmente in cura nei Paesi Bassi. Il suo trattamento medico consiste, tra l'altro, nella somministrazione di cannabis medicinale per scopi analgesici L'uso della cannabis medicinale, tuttavia, non è consentito in Russia.
Questo cittadino russo ha presentato una serie di richieste di asilo nei Paesi Bassi, l'ultima delle quali è stata respinta nel 2020, e ha adito il rechtbank Den Haag (Tribunale dell'Aia) avverso la decisione: ritiene che dovrebbe essere rilasciato un permesso di soggiorno o, al massimo, il suo espatrio dovrebbe essere posticipato in quanto il trattamento a base di cannabis medicinale nell'Olanda è così essenziale per lui che non sarebbe più in grado di condurre una vita dignitosa se tale trattamento fosse interrotto.
Il Tribunale distrettuale dell'Aia ha deciso di sottoporre una questione alla Corte di giustizia per comprendere, in sostanza, se il diritto dell'UE osti all'adozione di una decisione di rimpatrio o all'adozione di un ordine di allontanamento in tale situazione.
Nella sentenza, la Corte si pronuncia, alla luce della propria giurisprudenza e di quella della Corte europea dei diritti dell'uomo, che il diritto dell'UE impedisce a uno Stato membro di adottare una decisione di rimpatrio o di allontanare un cittadino di un paese terzo che soggiorna illegalmente e soffre di una grave malattia, ove sussistano fondati motivi, credendo che il ritorno lo esporrebbe, a causa della mancanza di cure adeguate nel 
paese di accoglienza, ad un reale rischio di un rapido, significativo e permanente aumento del dolore dovuto alla malattia.
Tale condizione presuppone che sia accertato che nel paese ricevente, l'unico analgesico efficace al trattamento non può essere legittimamente somministrato a lui o lei e l'assenza di tale trattamento lo esporrebbe ad un dolore di tale intensità da essere contrario alla dignità umana, potendogli causare gravi e irreversibili conseguenze psicologiche, o addirittura portarlo al suicidio.
Per quanto riguarda il criterio dell'aumento rapido, la Corte chiarisce che il diritto dell'Unione osta all'aumento del dolore di un cittadino di un paese terzo, se rimpatriato, deve potersi manifestare entro un termine che è predeterminato nel diritto dello Stato membro interessato in modo assoluto. Se gli Stati membri stabiliscono un tempo limite, deve essere puramente indicativo e non può esonerare l'autorità nazionale competente per un vero e proprio esame della situazione dell'interessato.
Per quanto riguarda il rispetto della vita privata dell'interessato, che comprende le cure mediche di un cittadino di un paese terzo, anche in caso di soggiorno irregolare, la Corte dichiara che l'autorità nazionale competente può adottare una decisione di rimpatrio o allontanare un cittadino di un paese terzo solo se ha tenuto conto dello stato di salute di tale persona. 
Tuttavia, il fatto che, in caso di rimpatrio, lo stesso trattamento riservatogli nello Stato Ue nel cui territorio si trova illegalmente, non fosse più disponibile per quel cittadino e potrebbe, in particolare, incidere sullo sviluppo delle sue relazioni sociali nel paese di accoglienza, non può, di per sé, ostare all'adozione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento nei confronti di tale cittadino, in mancanza di tale
trattamento nel paese di accoglienza non lo espone a un rischio reale di trattamento inumano o degradante.
 
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