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Narcobusiness. Le responsabilità storiche della sinistra italiana comunista
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Articolo di Vincenzo Donvito
27 luglio 2020 11:26
 
  In un articolo che sta facendo il giro dei media in Centro e Sud-America e che abbiamo ripreso anche noi nel nostro quotidiano “Droghe” (1), si mette in evidenza la responsabilità di quelli che l’autore chiama progressisti, nel diffondersi nel narco-terrorismo a cavallo della fine del secolo scorso e l’inizio di questo millennio. La vicenda gira tutta sul cartello di Medellin, del mitico Pablo Escobar, la cui onda lunga è ancora nel nostro quotidiano tra figli e parenti di vario livello, nei media e nel mercato con magliette e libri e film, celebre la serie che si può sempre vedere su Netflix.

A rileggere e riconsiderare questi fatti a distanza di venti-trenta anni se ne coglie meglio il senso politico, culturale ed economico e, pur facendo la tara su alcune semplificazioni tipiche di giornalisti e storici non-progressisti americani (come nel caso del nostro articolo), diverse questioni e responsabilità vengono allo scoperto. E’ storia, ma l’idea che forse avremmo avuto in materia (narcobusiness e proibizionismo) un prosieguo diverso, ci ha portato un po’ di memoria.

Noi di Aduc che non siamo un’autorità in materia, ma solo degli osservatori e giornalisti e cultori del buon diritto, all’epoca dei fatti (siamo già nella fase post-Escobar – ucciso nel 1993 e il suo cartello si estinse come conseguenza -, quindi all’inizio di questo millennio) ci rendemmo conto denunciando l'accoglienza che la sinistra comunista italiana di governo e istituzionale faceva ai narcoguerriglieri delle Farc (Forze Armate rivoluzionarie di Colombia) quando venivano a cercare consensi nel nostro Paese e in giro per il mondo. Un mondo e una sinistra italiana comunista ancora abbagliato dal guevarismo e da tutto quello che, canzoni e icone incluse, aveva a che fare con quella tradizione che portò alla nascita di Cuba comunista negli anni ‘60 del secolo scorso e ai suoi anni di presenza nello scacchiere caraibico e mondiale.

I dirigenti delle Farc all’inizio del 2000 furono ricevuti in pompa magna dall'allora presidente della Camera Luciano Violante (quest'ultimo ricambiò andando a trovarli nei loro campi di narcoguerriglieri in Colombia), da Confindustria e dallo Stato del Vaticano (2). Non sappiamo che accordi economici abbiano potuto fare con, per esempio, Confindustria, visto che le Farc vendevano guerriglia, sequestri di persone, annientamento degli avversari e cocaina. Ma sicuramente cercavano credibilità che ebbero.
La sinistra comunista italiana, romanticamente abbagliata dalla storia del comunismo guerrigliero centro e sudamericano, ricopriva autorevoli posizioni istituzionali nazionali e regionali e locali (con notevole impegno e buoni risultati per gli amministrati), non si rese conto che più che al cuore di ragazzi che cantavano “Comandante Che Guevara” avrebbe dovuto rispondere al cervello di un Paese e di un Pianeta che, da quello che era accaduto e continuava ad accadere col folle progetto di finanziare la rivoluzione col narcotraffico, ne avrebbe avuto conseguenze tragiche. Questa sinistra, che spesso si dichiarava antiproibizionista, appoggiava i maggiori responsabili di produzione e immissione nel mercato di cocaina (e non solo) che erano il business della malavita internazionale, che già destabilizzava i Paesi produttori ed importatori, fino alla situazione di sfascio totale che ancora oggi è in ogni angolo di ogni città del mondo.

In questo modo la sinistra comunista lasciò che la lotta alla criminalità internazionale fosse appannaggio solo di alcune destre e posizioni ideologiche proibizioniste. I risultati sono ovunque, coi cartelli colombiani e messicani che fanno da padroni in tutti e cinque i continenti del Pianeta. Sarebbe stato possibile stroncarli quando erano alleati con chi cercava consenso alle proprie guerriglie finanziate dal narcotraffico? Alla storia non si dice come avrebbe dovuto essere. Oggi possiamo dire solo che furono scelte tragiche che i loro responsabili non hanno mai pagato, quantomeno con l’emarginazione istituzionale.

Facciamone tesoro. Visto che la lotta contro il business del narcotraffico è ancora in atto e, purtroppo, si basa molto sullo scontro frontale tra gli “eserciti” dei narcos e quelli dei Paesi. Piuttosto che sul diritto e il buon senso di chi amministra e che potrebbe combattere la criminalità essenzialmente con “colpi” di leggi che, legalizzando merci che hanno fortuna solo perché illegali, leverebbe ai delinquenti (che il loro alibi comunista lo hanno perso per strada...) il terreno da sotto i piedi.

NOTE
1 - "Dalla dottrina Escobar all'agenda progressista latinoamericana":
2 - Qui alcuni nostri comunicati dell’epoca:
https://www.aduc.it/comunicato/violante+accredita+narcotrafficanti+colombiani_1345.php
https://www.aduc.it/comunicato/violante+narcotrafficanti+colombiani+farc_1346.php
https://www.aduc.it/articolo/farc+ira+cocaina+uso+criminale+divieto_2951.php
 
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