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 ITALIA - ITALIA - Mia figlia e' morta di ecstasy ed io mi batto per la legalizzazione
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Notizia 
6 dicembre 2015 17:17
 
È ora di legalizzare le droghe. Lo dice la madre di un’adolescente morta per aver preso ecstasy. Nel 2013 Martha Fernback, 15 anni di Oxford, muore nel giro di due ore per mezzo grammo di Mdma. Overdose accidentale. La sostanza venduta risulterà pura al 91%. Sua madre Anne-Marie Cockburn oggi è un’attivista dell’associazione britannica Anyone’s Child che raggruppa genitori di vittime per droga e sarà uno dei relatori al workshop internazionale “La relazione nel rischio: la comunicazione tra genitori e figli sui temi dell’uso e dell’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti” che si e' tenuto a Trieste il 6 dicembre, organizzato dall’Associazione interculturale Etnoblog all’interno del Festival Electroblog.
Lei si batte per la legalizzazione di tutti i tipi di droghe, anche quelle che hanno ucciso sua figlia. Non è una contraddizione?
Sono pragmatica. Tutto ciò per cui mi batto è una prospettiva che metta al primo posto la sicurezza. Le droghe oggi sono controllate al 100% da organizzazioni criminali che non chiedono la carta d’identità. E non ci sono etichette con avvertimenti o istruzioni per il dosaggio su ciò che vendono. Perciò, chiunque in questo momento può avere libero accesso a droghe pericolose.
Quali sono gli obiettivi principali della sua campagna?
Mantenere vivo il dibattito pubblico utilizzando i dati degli esperti e le migliori prassi provenienti da tutto il mondo. La campagna Families for Safer Drug Control di Anyone’s Child, di cui sono una delle fondatrici, dà voce ad alcuni dei famigliari che hanno sofferto a causa delle leggi sulle droghe del Regno Unito. Ascoltare le nostre storie sembra aver toccato una corda nel pubblico: non siamo delle persone radicali o degli stereotipi sui giornali scandalistici. Il problema della droga affligge la nostra società e qualcosa deve cambiare.
Tra i due poli, quello del proibizionismo da un lato e della liberalizzazione per tutti i tipi di droghe dall’altro, ci sono delle misure che possono essere attuate immediatamente?
Il proibizionismo ha in realtà reso le droghe ancora più diffuse. Ciò che possiamo fare adesso è guardare ai Paesi che hanno adottato approcci differenti, ottenendo risultati sorprendenti, come il Portogallo o la Svizzera. In Portogallo ci sono 3 morti per overdose su un milione di cittadini e nel Regno Unito 44,6. Non è necessario essere un esperto per riconoscere che il proibizionismo non ha funzionato. Dobbiamo togliere la droga dalle mani dei criminali e passare la responsabilità a medici e farmacisti.
C’è qualcuno che ritiene responsabile per la morte di Martha?
Il Governo. Continuando a supportare il proibizionismo, coloro che governano stanno facendo finta che ciò che è in vigore funzioni. Le leggi servono per tenere le persone al sicuro ma non questa legge.
In che modo i nostri governi possono proteggere i più giovani dalle droghe?
In primo luogo eliminando la retorica che circonda sempre qualsiasi dibattito su questo tema, incoraggiando i media a fornire esempi equilibrati e onesti di cosa funziona e cosa invece no, senza inutili titoli sensazionalistici, e adottando nelle scuole un’educazione consapevole e di riduzione del danno.
Alla conferenza parlerà con i genitori di adolescenti. Quale può essere il loro ruolo?
L’adolescenza è una fase complicata della vita, alcuni ragazzi saranno tentati dalle droghe e altri no. Il tradizionale approccio «non farlo» con Martha non ha funzionato e alcune settimane dopo era morta. La riduzione del danno è la conversazione che rimpiangerò di non aver avuto perché salva le vite. Non voglio che la mia storia possa diventare quella di un altro, lo sto facendo per i bambini e i nipoti degli altri.
Com’era Martha?
Martha era divertente, brillante e dolce. Anticonvenzionale per natura, musicale, vibrante, amata da chiunque la conoscesse e per questo manca molto. Ogni giorno mi sveglio e la sua perdita mi fa male, ma mi sforzo di alzarmi dal letto e continuare a parlare di questo argomento. Raccontando la mia storia, spero di salvare altre famiglie dal sapere come ci si sente ad essere me. 

(da il quotidiano Il Piccolo del 05/12/2015)
 
 
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