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Zimbabwe. Per rilanciare l’agricoltura punta sulla cannabis
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Articolo di Redazione
12 maggio 2022 9:28
 
 Nei lunghi anni al potere di Robert Mugabe il settore primario dello Zimbabwe è stato ridotto a un'agricoltura di sussistenza. Ma ora la repubblica dell'Africa meridionale tenta di sfruttare il boom della cannabis medicinale per ristrutturare il comparto e cercare un rilancio produttivo pur tra le mille difficoltà economiche, le barriere normative e una burocrazia asfissiante.
Come riporta l'Agenzia Reuters, però, ci sono coltivatori convinti che la cannabis farà la loro fortuna. Tra questi Munyaradzi Nyanungo, che dopo aver vissuto un impressionante declino economico e produttivo si è avvicinato alla coltivazione della cannabis: nella sua Forest Farm produce tabacco, mais e alleva bestiame; dal 2020 può lavorare anche con la canapa. Ora 20 braccianti, sugli 80 totali dell'impresa, sono impegnati in questa coltivazione che in questa campagna potrebbe fruttargli più di tutte le altre attività aziendali.

Lo Zimbabwe, principale produttore africano di tabacco, è stato uno dei primi paesi del continente a legalizzare la produzione di cannabis medicinale nel 2018, una mossa pensata per attirare investimenti e stimolare l'agricoltura. Finora sono state rilasciate 57 licenze per l'esportazione del prodotto e società straniere, come la statunitense King Kong Organics, hanno sostenuto la conversione delle Piantine di cannabis aziende agricole che dal tabacco hanno deciso di orientarsi verso la cannabis. «La vendiamo a 23,5 euro al chilogrammo, quindi tra cinque e sei volte di più rispetto a quanto può garantirti un buon raccolto di tabacco», spiega alla Reuters Nyanungo. «In realtà siamo seduti su una miniera d'oro verde».
Secondo gli analisti di Barclays, a livello globale l'industria della cannabis potrebbe valere qualche cosa come 257 miliardi di euro entro il 2028: un potenziale di crescita importante in cui il paese africano vuol dire la sua.

Il ministro delle finanze dello Zimbabwe Mthuli Ncube ha affermato che Harare ambisce a sviluppare un giro d'affari di almeno un miliardo, più di quanto attualmente guadagni dall'esportazione del tabacco. La parola d'ordine è quindi diversificare e sganciarsi dalla materia prima per sigari e sigarette: la cannabis è vista come un'alternativa e l'impiego medicale la rende interessante.

Produrla, però, non è un gioco da ragazzi: ci sono norme stringenti da rispettare e per il prodotto biologico servono serre costose. Un ettaro coperto, senza il sistema di irrigazione gocciolante e l'acquisto dei semi, ha un costo che si avvicina al mezzo milione: ma da questa superficie è possibile produrre fino a 2,3 milioni. Ecco perché gli imprenditori agricoli stanno facendo pressioni sul governo di Emmerson Mnangagwa affinché allenti le regole e contribuisca a ridurre i costi di installazione.

(Maicol Mercuriali su Italia Oggi del 12/05/2022)
 
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