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Usa. Venezuela: il narcoterrorismo e i nuovi scenari mondiali
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Articolo di Donatella Poretti
10 febbraio 2002 23:00
 

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Dopo la diffusione di un video in cui i guerriglieri marxisti delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) rilasciavano un sequestrato all'Esercito venezuelano, i rapporti tra Bogota' e Caracas non sono dei migliori, nonostante le scuse formali che il Venezuela ha inviato alla Colombia.
A rincarare la dose ci avevano gia' pensato il segretario di Stato Usa, Colin Powell, e il direttore della Cia, George Tenet, che manifestavano la non grande affidabilita' del presidente venezuelano Hugo Chavez per il suo scarso impegno nella lotta al terrorismo e per i suoi rapporti poco affidabili con Paesi nella lista nera statunitense, dall'Irak all'Iran, passando per Cuba. Tanto che Fidel Castro nei giorni scorsi ha preso le sue difese definendolo come "il piu' grande democratico del sudamerica".
Una ulteriore doccia fredda arriva da un ufficiale della Dea, l'antidroga Usa, il capitano Roger Paolomino. In dichiarazioni davanti ad una Commissione del Senato, che visitava gli uffici della Dea a Miami, il capitano Palomino ha sostenuto che alcune unita' dell'Esercito venezuelano, dislocate nella frontiera con la Colombia, stanno partecipando al traffico di cocaina. Gli alti funzionari "non possono ignorare quello che succede nella frontiera", e anche il presidente Chavez non e' ignaro di quello che accade a San Cristóbal e a Cúcuta, secondo il capitano. Alcune guardie di frontiera fanno da scorta ai narcotrafficanti quando scaricano la merce di contrabbando, e il capitano Palomino mette in guardia di fronte al rischio che il Venezuela si trasformi in un nuovo centro di distribuzione di coca verso il Nordamerica e i Caraibi.
D'altro canto lodi e segnali di ammirazione da parte delle Farc nei confronti di Chavez non sono mai mancate, il capo dei narco-terroristi colombiani, Manuel Marulanda, lo descrive come "uno degli ultimi idealisti rimasti al mondo".
Il cerchio si stringe e cala il consenso popolare che lo aveva portato alla presidenza del Venezuela nel 1998 con il 56% dei voti, consenso che ora viene stimato intorno al 35%. A fronte di un'opposizione che dalle classi medie arriva fino ad una parte consistente dell'Esercito, passando per i mezzi di informazione, Chavez radicalizza la contrapposizione, tanto da portarlo a celebrare il 4 febbraio come festa nazionale, come data storica della rivoluzione bolivariana, spaccando il Paese in due con manifestazioni contrapposte di pro e contro Chavez. Il 4 febbraio del 1992, quando Chavez era militare, tento' infatti un colpo di Stato, miseramente fallito. E oggi a distanza di dieci anni, dopo essere stato eletto, queste sue celebrazioni sono un segnale a dir poco curioso, come indice di democrazia.
Se a tutto questo si aggiunge che il Venezuela e' il terzo fornitore di petrolio per gli Usa, non puo' certo stupire l'interesse della Casa Bianca per la situazione politica. In Colombia per proteggere dagli attacchi delle Farc gli oleodotti, in particolare quello di Caño Limón-Coveñas, gli Usa stanno stanziando ulteriori aiuti militari e riconvertendo, in parte, quelli del Plan Colombia della lotta al narcotraffico.
I tempi dopo l'11 settembre sono cambiati, e quando il presidente George W.Bush aveva detto che la "guerra" sarebbe stata lunga e avrebbe colpito in piu' parti del mondo per dare la caccia ai nemici terroristi, non aveva usato mezzi termini, e sembra che la parola la stia rispettando.

 
 
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