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Usa. Test anti-droga per i lavoratori: serpeggiano i primi dubbi di efficacia e necessita'
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Articolo di Vincenzo Donvito
11 maggio 2003 19:42
 
Da quando, negli ultimi venti anni, il Governo federale ha lanciato la campagna "drug-free workplace", le analisi per verificare se un dipendente faccia uso di droghe illegali, sono entrate nella quotidianita' di migliaia di lavoratori. Queste analisi sono diventate per tutti un punto di riferimento per una migliore produttivita' del lavoro.
Ogni anno, 25 milioni di persone vi si sottopongono. Ma cominciano a serpeggiare i primi dubbi rispetto ai costi da sostenere per queste analisi e i risultati che ne derivano.
Anche il business del settore (produzione e commercializzazione degli strumenti per le analisi), se negli anni '90 cresceva ad un ritmo medio del 12,5% all'anno, ora si deve accontentare di una crescita dell'1% sempre all'anno. Complici anche le possibilita', sempre piu' diffuse anche grazie ad Internet, di aggirare le analisi, da parte di chi vi si deve sottoporre, in modo da falsificare i risultati.
Secondo i dati diffusi dall'"American Management Association", nel 2001 sono state il 61% le aziende che hanno fatto queste analisi a chi doveva essere assunto, mentre sono il 50% quelle che lo hanno fatto ai loro dipendenti. Nel 1996, invece, erano il 68% quelle che sottoponevano a queste analisi chi chiedeva di essere assunto.
Il calo, oltre che per motivi economici (i costi da sostenere per le analisi in un periodo di una non proprio brillante situazione economica generale), e' dovuto anche al fatto che sono sempre meno coloro che associano l'uso di droghe ad un cattivo rendimento sul lavoro, oltre alla mancanza di riscontri economici che le aziende possono fare rispetto alla loro campagna anti-droga. Per cui alcuni manager non sono piu' propensi a spendere quei 30 Usd che ogni test gli costa.
Mentre per il direttore della "Drug Free Business Houston", Becky Vance, queste analisi sono fondamentali per avere una migliore produttivita' sul lavoro (le persone che fanno uso di droghe hanno un costo sanitario maggiore e sono piu' spesso assenti dal lavoro), cosi' non la pensa Allen St. Pierre, direttore della "NORML Foundation", che si batte per la legalizzazione della marijuana: i dipendenti hanno una valida ragione per essere preoccupati del loro lavoro, perche' spesso i test a cui vengono sottoposti risultano positivi dopo che loro hanno fatto uso di droghe durante una festa del sabato notte, quando, essendo il giorno dopo un festivo, sicuramente non hanno creato danni all'attivita' lavorativa. Per Allen queste analisi sono stimolate piu' che altro dal moralismo che non da necessita' produttivistiche.
Gli oppositori di queste analisi, ricordano i dati dell'"American Council for Drug Education" su chi fa uso di droghe, paragonati a chi non ne fa uso:
- non si presentano al lavoro dieci volte in piu';
- 3,6 volte in piu' sono coinvolti in incidenti sul lavoro;
- presentano domande di indennizzo cinque volte in piu';
- sono produttivi del 33% in meno;
- i costi sanitari che li riguardano sono tre volte maggiori.
Con un particolare non secondario, che si tratta di comportamenti quasi tutti conseguenziali all'abuso di alcool, non di marijuana o di altre droghe illegali.
Secondo "The American Civil Liberties Union" (Aclu), in un rapporto del 1999, i programmi di analisi contro le droghe non sono un buon investimento, perche' i milioni di dollari che ogni industria spende all'anno servono ad individuare solo una piccola percentuale di lavoratori che fanno uso di droghe. Sempre secondo la Aclu, il Governo federale nel 1990 spese 11,7 milioni Usd per far fare le analisi a circa 29 mila lavoratori. Solo 153 risultarono positivi: un costo, quindi, di 77 mila dollari per ogni risultato.
 
 
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