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Il ritorno del papavero da oppio riporta l'Afghanistan in testa ai produttori
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Articolo di Vincenzo Donvito
24 novembre 2002 19:01
 
Un anno dopo la caduta dei Taliban, l'Afghanistan e' tornato ad essere il primo produttore al mondo di oppio, che poi viene trasformato in eroina. Il decreto del capo supremo dei Taliban, il mullah Omar, che nel luglio 2000 aveva dichiarato sacrilega la coltura del papavero da oppio, aveva estirpato il traffico quasi del tutto. Ma l'impotenza del Governo di Hamid Garzai e della comunita' internazionale, e' oggi sotto gli occhi di tutti.
Lo scorso giovedi' e venerdi', Antonio Maria Costa, direttore dell'ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodccp), a Parigi si e' intrattenuto con le autorita' francesi, chiedendo la loro collaborazione, proprio nel momento in cui e' cominciata in Afghanistan la semina del papavero da oppio.
Il bilancio dell'anno passato e' catastrofico, dato che l'80% dell'eroina consumata in Europa proviene dall'Afghanistan. Le coltivazioni del papavero da oppio e il traffico di oppio sono tornati ai livelli della fine degli anni '90, quando l'eroina afgana riforniva la maggiorparte del mercato occidentale. Con una produzione stimata in 3.400 tonnellate d'oppio, il raccolto del 2002 sara' uno dei migliori di questo decennio, cosi' come fa sapere il rapporto dell'Unodccp dello scorso ottobre.
Ma anche se il livello record del 1999 (4.600 tonnellate) non e' all'orizzonte, "questo raccolto e' considerevole", dice Antonio Maria Costa. "E' la conseguenza della semina del papavero da oppio che c'e' stata tra ottobre e dicembre del 2001. A quell'epoca, il regime dei Taliban era in fuga mentre il nuovo Governo stava per insediarsi a Kabul e le azioni militari erano in pieno svolgimento".
Ma al direttore dell'Unodccp questo vuoto di potere non e' sufficiente per spiegare questa sconfitta nella lotta contro la droga. Lanciato il 17 gennaio del 2002 dal premier Garzai, il divieto di coltivazione e di commercio del papavero da oppio, e' ben lungi dall'aver prodotto i risultati che ci si aspettava. Niente di piu' di quanto non avesse ottenuto il programma di eradicazione delle colture che, nell'aprile del 2002, e' stato deciso da Kabul con il sostegno della comunita' internazionale. L'Unodccp stima che gli ettari coltivati a papavero da oppio siano 74.000, rispetto ai 90 mila del 1999.
"Non sarebbe giusto sostenere che tutto il Paese dipende dal traffico, perche' le coltivazioni dell'oppio sono piu' che altro concentrate in 5 province", dice Costa cercando di relativizzare il fenomeno. E in effetti, anche se 24 delle 32 province afghane ne sono coinvolte, solo in 5 di queste (Helmand e Nangarhar in testa, seguite da Badakhshan) si concentra piu' del 95% della produzione.
"Evidentemente i governanti o i signori della guerra di queste 5 province non hanno rispettato le indicazioni del Governo centrale", sostiene Costa. Al dubbio se la comunita' internazionale abbia sbagliato a delegare l'azione multilaterale contro le droghe alla Gran Bretagna, che ha cooperato con Kabul per il programma di eradicazione distribuendo dei compensi in denaro agli agricoltori afgani, Costa e' piu' misurato: "Ringraziamo i britannici per il lavoro svolto e prendiamo atto che ha fatto registrare un certo successo. Ma i risultati che ci sono stati comunicati dagli stessi britannici parlano di eradicazioni che hanno coinvolto dal 20 al 25% del terreni coltivati a papavero da oppio".
Succedera' lo stesso per i prossimi raccolti? "Rispetto a cio' che noi sappiamo, i contadini afgani sono in una posizione d'attesa", dice Costa, e aggiunge che per il momento e' difficile sapere se sono ricominciate le semine dei papaveri da oppio. "Il ruolo della comunita' internazionale e' aiutare l'amministrazione del Paese a rafforzarsi e a far rispettare la legge, dando il suo supporto per promuove un cambiamento delle colture e una ricostruzione del Paese". Ma c'e' un'urgenza: i profitti del raccolto 2002 sono enormi, tanto che i laboratori di trasformazione dell'oppio in eroina hanno cominciato a comparire nell'Afghanistan stesso.
Da un rapido calcolo, che include le somme versate ai coltivatori (350 Usd per ogni chilo di oppio, all'inizio dell'anno) e le tasse illegali che vengono prelevate dai signori della guerra su produzione e commercio della droga, Costa stima in 1 miliardo di euro i proventi del traffico in Afghanistan. "E' l'equivalente dell'assistenza internazionale data a tutto il Paese negli ultimi 11 mesi per l'aiuto umanitario e la ricostruzione. Secondo le informazioni dei servizi occidentali, una parte di questi proventi e' servita a finanziare i signori della guerra e alcune attivita' che hanno alimentato il terrorismo".
Grazie ai suoi numerosi incontri con il capo del Governo afghano, Antonio Maria Costa ha maturato la convinzione che per quest'ultimo la lotta contro la droga e' una priorita': "Hamid Karzai mi ha piu' volte detto che questa lotta e' una questione di sicurezza nazionale e che un'economia basata su un'attivita' criminale non e' tollerabile".
Nel contempo l'ufficio Onu ha aiutato le autorita' afgane a lanciare un programma per limitare il consumo crescente delle droghe in tutto il Paese. "Era sicuramente molto piu' facile, sotto la dittatura dei Taliban, far si' che la legge fosse rispettata, tagliando mani e teste -dice Cosa. Ma siamo convinti che la lotta contro gli stupefacenti sara', alla fine, piu' efficace sotto un regime democratico".
Il capitolo sull'Afghanistan del "Dictionnaire géopolitique des drogues uscito di recente, rileva che "nelle due grandi zone di produzione, il Nangahar e l'Helmand, le tribu' appartengono all'etnia Pastun. I loro componenti si oppongono in modo molto forte ad un Governo di transizione che e' composto essenzialmente da altre etnie, in particolare quella Tajika". Non ci sembra fantasia pensare che i signori locali della guerra, per avere a che fare con i soldi della droga, non dovranno far altro che continuare ad essere ostili verso il potere di Kabul.
 
 
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