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Italia. In libreria "Confessioni di un maturo consumatore di ecstasy", con le Avvertenze
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Articolo di Donatella Poretti
25 maggio 2002 16:15
 
Da ieri nelle librerie italiane e' disponibile "Confessioni di un maturo consumatore di ecstasy", di Anonimo, uscite nel giugno dello scorso anno sulla rivista Granta. Feltrinelli, la casa editrice che ha curato la traduzione e la pubblicazione per il nostro Paese, lo presenta cosi': "la drammatica e liberatoria testimonianza di un uomo che arriva all'ecstasy attraverso il figlio. Alle ragioni dello scandalo l'autore oppone quelle di una crisi profondissima e del suo superamento. L'ecstasy, dunque, fa bene?".
Le "Confessioni" fin dalla sua prima uscita hanno fatto parlare di se'. Non e' una storia "qualunque" legata al consumo di stupefacenti, per diversi motivi. Intanto per la droga scelta, l'ecstasy, la meno difendibile da un punto di vista culturale, e la piu' alla moda, quella che coinvolge i giovani di tutto il pianeta in maniera sempre piu' dirompente. Poi, perche' chi racconta la vicenda personale e' un americano cinquantenne che si lascia travolgere nel mondo delle pasticche dal figlio: "lui divento' il mio pusher, e io un suo cliente". E infine, o meglio, e soprattutto, perche' l'autore scrive: "l'ecstasy e' una delizia e mi auguro vivamente -qui lo dico forte e chiaro- che tutti coloro la cui salute -fisica e psicologica- ne sconsigli l'assunzione, dovrebbero proprio provarla. Che la provino tutti, giovani o vecchi, uomini e donne, ricchi e poveri, omosessuali e eterosessuali, bianchi e neri, santi e peccatori, genii e cocuzze, cristiani, ebrei e mussulmani, democratici repubblicani e indipendenti, legislatori e rivoluzionari, cinici senz'anima e sfrucugliatori di anime, degenerati del sesso e bacchettoni inzitelliti, che la prendano tutti i rappresentanti dell'umano convegno".
E che le "Confessioni di un maturo consumatore di ecstasy" non siano un libro politicamente corretto lo dimostra la presa di distanza di chi lo pubblica. Feltrinelli, nel sito Internet mette nella sua prima pagina l'uscita del libro, facendo premettere all'anticipazione una lettera dell'editore, che dopo aver raccontato la prima uscita delle "Confessioni" su Granta, tiene a precisare: "nel luglio dello stesso anno sono state riprese in forma ridotta dal quotidiano inglese "Guardian" precedute da una nota in cui il giornale si dissociava dalle conclusioni dell'autore. Queste conclusioni (che "con la chimica si vive meglio") e il tono apertamente apologetico con cui l'autore ripensa l'esperienza dell'assunzione di ecstasy -sua e del figlio- e dei suoi benefici, ci inducono a premettere una doverosa avvertenza: siamo di fronte a un documento molto personale, addirittura privato, in cui vengono espresse opinioni altrettanto personali e volutamente destinate a un lettore chiamato in causa in modo esplicito come interlocutore. Percio' in coda al volume pubblichiamo un breve "abc dell'ecstasy" e il capitolo I pericoli dell'ecstasy, tratto da "E come ecstasy" di Nicholas Saunders (Feltrinelli 1997)."
Un po' come se nell'ennesima edizione dei "Paradisi artificiali" di Charles Baudelaire, si facesse seguire l'abc dell'hashish, dell'oppio, dell'alcol, una sorta di avvertenze su quello che si sta leggendo. Questo e' solo il primo esempio che ci viene in mente, ma a ben pensarci ce ne sarebbero altri che non vedono le droghe come protagoniste. Un libro che racconta la follia di un uomo cannibale, non vedra' mai in coda la pubblicazione degli effetti dannosi sulla salute del cannibalismo, e dire che in tempi di mucca pazza, sarebbe anche un'avvertenza non del tutto fuori luogo.
Comprendiamo la scelta della casa editrice, un modo per evitare guai e sgradevoli polemiche, l'accusa di fare apologia degli stupefacenti e' sempre dietro l'angolo. Tanto che il quotidiano "La Stampa", che oggi dedica al libro l'intera prima pagina del settore Culturale con un articolo di Marco Neirotti, conclude cosi': "Basteranno queste avvertenze per bilanciare un testo che sfiora l'apologia della droga?".
Del resto una societa' in cui solo sottovoce e sotto anonimato riesce ad ammettere che dietro l'assunzione delle droghe c'e' la ricerca del piacere, e' una societa' che ha bisogno di mettere l'etichetta "nuoce gravemente alla salute" su un libro, su un romanzo, per quanto autobiografico (chissa' se poi lo e' davvero) possa essere.
Cosi' mentre gli stupefacenti circolano liberi, senza controlli di qualita', abbandonati al monopolio della criminalita', che certo non e' un'azienda sanitaria; mentre l'isterismo della lotta alla droga non trova altre strade da battere che quelle vecchie e fallimentari del proibizionismo, la letteratura si trova di fronte ad uno strano caso di avvertenze dell'editore sul contenuto di una storia.
 
 
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