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Italia. Certezza del diritto e uguaglianza di fronte alla legge: non per il cittadino tossicodipendente
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Articolo di Vincenzo Donvito
12 dicembre 2001 14:02
 
Proprio nei giorni in cui la Corte europea di Strasburgo ha nuovamente condannato l'Italia per le lungaggini dei suoi processi, in 49 casi che si aggiungo alle centinaia gia' collezionate in passato (37 proprio lo scorso 6 dicembre), e mentre il nostro Governo si e' infilato in quel ginepraio di incertezza del diritto che viene chiamato "mandato di cattura europeo", dopo aver fatto finta -per alcuni giorni che ha "tenuto duro"- di essere l'amministratore della patria del bengodi del diritto e della sua certezza, i tribunali italiani hanno continuato nella loro quotidiana normalita'. Cioe' incertezza del diritto, nonche' della pena e conseguente aumento di sfiducia nel cittadino che esista una giustizia uguale per tutti.
Dobbiamo continuare a sottolineare questo aspetto grazie ad una vicenda che ha una doppia valenza: quella dell'incertezza del diritto ricordata sopra, e quella dell'incertezza della legge.
La Corte d'Appello di Venezia, con un'ordinanza, ha negato ad un cittadino di Mestre il risarcimento di cento milioni che lo stesso aveva chiesto per un anno trascorso in carcere, tra il 1994 e il 1995. Questo signore era stato arrestato nell'ambito di un'operazione antidroga con l'accusa di associazione per delinquere. Il processo, che si era tenuto nel 1999, lo assolse perche' giudico' che l'eroina che lui aveva comprata, era per uso personale, quindi non sussistevano i reati di spaccio e associazione a delinquere. Questo signore aveva avviato la richiesta di indennizzo per la ingiusta detenzione subita, ma la Corte d'Appello del capoluogo veneto ha motivato il rifiuto, perche', pur se l'acquisto di droga per uso personale non e' un reato penale, "permane un fatto illecito, anche se sanzionato solo sul piano amministrativo, e pertanto rappresenta un disvalore sociale che rende l'autore del fatto non meritevole dei diritti scaturenti dal dovere di solidarieta' che spettano a coloro che rispettano le leggi dello Stato". Per la Corte, il fatto che questo signore si sia rivolto ad uno spacciatore per l'acquisto dell'eroina e' "un'azione volontaria che ha avuto un sicuro rilievo nell'ambito delle indagini sul traffico di droga". Traducendo questo in un linguaggio non giudiziale, significa che il signore di Mestre, a cui e' stato riconosciuto di aver subito un'ingiusta detenzione, non e' degno di un risarcimento perche' si e' andato ad infilare in una materia in cui la lettura che ne da' il giudice, facilmente si trasforma in arbitrio; e, bonta' sua, gli e' capitato un giudice a cui non piace tanto il fatto che un tossicodipendente, per soddisfare la sua malattia, sia costretto a rivolgersi all'unico mercato esistente, quello clandestino. E per questo gliela fa pagare con un anno di galera, non comminandogliela -per carita'- ma sfruttando il fatto che lo ha gia' trascorso e non indennizzandolo per questo, per cui "chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato ....".
Un bel risultato dove salta agli occhi anche la specifica normativa di riferimento, quella sugli stupefacenti, che lasciando ogni singolo caso all'arbitrio del magistrato prima, e del giudice dopo, e' una sorta di tombola per il malcapitato.
Un mix di incertezze a cui ci sembra che alcuno (e soprattutto il Governo), per il momento, abbia intenzione di metterci mano, chiarendo, per esempio, che e' un reato drogarsi, o che non e' un reato drogarsi. E, nel secondo caso, consentendo che chi si droga sia un cittadino uguale agli altri nei suoi diritti (civili, sanitari, economici, di giustizia, etc..), e non una sorta di persona da sopportare facendogli lo sgambetto ad ogni occasione possibile. Per fare questo, pero', non giovano le finte da "Stato garantista del diritto" a cui stiamo assistendo in questi giorni.
 
 
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