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Europa. Nessuna strategia comune in materia di droga
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Articolo di Rosa a Marca
5 febbraio 2002 14:21
 
Strasburgo, fine gennaio
L'appassionato dibattito sulle conseguenze sociali dell'abuso di droghe, svoltosi all'Assemblea del Consiglio d'Europa, ha visto prevalere il fronte repressivo.
Il testo base era a firma del deputato britannico laburista Paul Flynn, ma nel corso della discussione il documento ha subito tanti e tali emendamenti da indurre il promotore a misconoscerlo e a chiedere di ripresentare il tutto all'esame della Commissione. Nemmeno su questa proposta i 43 rappresentanti degli Stati membri hanno trovato un accordo, e forse e' stato meglio cosi': perlomeno il Consiglio si e' risparmiata l'onta di un documento inutile e privo di una qualsiasi coerenza interna.
Il rapporto partiva dalla constatazione che non esistono dati comparativi attendibili sui danni derivanti dalla droga ne' sul successo o il fallimento dei vari approcci per sconfiggerla, ma che almeno su un punto si potesse convenire, e cioe' che nemmeno le leggi piu' restrittive riescono a ridurne il consumo. E dunque, il documento proponeva al Consiglio dei Ministri dei Paesi membri di riesaminare la loro politica sulle droghe, in collaborazione con l'Osservatorio europeo sulle droghe e la tossicodipendenza e con il Gruppo Pompidou, al fine di trovare una soluzione comune per ridurre i danni dell'abuso. A questo scopo si menzionavano le esperienze condotte in Olanda e Svizzera, con un occhio di riguardo alla situazione elvetica che vanta una riduzione dei morti per droga fin dal 1994.
Ma gli oppositori hanno replicato che Gran Bretagna e Svezia sono decisi a proseguire nelle loro politiche repressive, convinti di ottenere per questa via la diminuzione del consumo di droghe.
Ne' e' stato possibile trovare un assenso vincolante sulle richieste minime contenute nel rapporto, ossia sulle informazioni da dare ai giovani riguardo ai rischi sanitari e sociali legati all'abuso dei vari stupefacenti, e nemmeno su politiche comuni contro il narcotraffico e il riciclaggio del denaro sporco. L'obiezione di molti parlamentari e' stata che si violerebbe l'autonomia dei singoli Stati.
Nulla di fatto, dunque, e chissa' quanto tempo passera' prima di poter contare su una comune strategia antidroga a livello europeo!

Due posizioni a confronto
- La deputata elvetica Ruth-Gaby Vermot-Mangold ha spiegato che la Svizzera ha pagato a caro prezzo la sua politica pragmatica. Per anni hanno convissuto i ghetti dei disperati e la repressione, fino a che i responsabili dei vari settori -medici, poliziotti, assistenti sociali e politici- hanno provato insieme a ripensare complessivamente la strategia. E oggi si e' arrivati a condividere una politica nazionale sulle droghe, definita dei quattro pilastri: prevenzione, riduzione del danno, terapia, repressione. Che non significa liberalizzazione.
- Per lo svedese Holger Gustafsson (Cristiano Democratico), il documento discusso era un passo nella direzione sbagliata: quando si trattano questi temi non sono importanti i dati statistici quanto i principi. In Svezia il principio prevalente e' che le droghe non dovranno mai godere dell'accettazione sociale, percio' la politica svedese sulle droghe e' regolata da una normativa inflessibile. Questo modo di intendere e procedere fa si' che la Svezia sia uno dei Paesi europei con la piu' bassa quota di abuso di droghe.
 
 
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