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Colombia. Il quotidiano "El Tiempo": spezzare la catena della droga, legalizzare
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Articolo di Donatella Poretti
24 febbraio 2002 22:15
 
Sono giornate difficili quelle che sta vivendo la Colombia dopo la rottura del processo di Pace con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, in queste ore rese ancora piu' drammatiche con il sequestro della candidata Verde alle prossime elezioni presidenziali, Ingrid Betancourt, presa in ostaggio dalle stesse Farc. Politici e opinionisti si interrogano sull'evoluzione della crisi, e sulle modalita' di uscita dalla situazione che costringe da 38 anni il Paese a vivere in una sorta di guerra civile perenne.
"La croce che portiamo" e' il titolo dell'editoriale che viene pubblicato oggi sul quotidiano El Tiempo, uno dei principali in Colombia, nato nel 1911. "Se non si spezza la catena globale della droga, della quale i nostri Paesi sono gli anelli piu' deboli, non ci sara' pace possibile". Cosi' inizia il pezzo, che poi riporta i numeri delle coltivazioni di foglia di coca e la mappa delle piantagioni. Negli ultimi cinque anni gli ettari seminati a coca, tra Bolivia, Peru' e Colombia, sono rimasti gli stessi, l'unica differenza e' che la dura campagna, sostenuta e finanziata dagli Usa, in Bolivia e Peru' ha fatto traslocare le coltivazioni illegali in Colombia. Infatti in cinque anni il Peru' e' passato da 115.300 a 34.100 ettari e la Bolivia da 48.600 a 14.600 ettari di piantagioni di coca.
"Dieci anni fa, la mappa colombiana mostrava solo poche migliaia di ettari coltivate a coca ... nel 1995 ne contavamo 50.900 e alla fine del 2000 passavamo a contarne 163.289, secondo i dati ufficiali che contrastano con i 136.200 che dicono gli statunitensi. Nel 2001, con il Plan Colombia in piena attivita', sono stati fumigati 94.152 ettari. A fronte di queste distruzioni, si registrano ancora piu' di 160.000 ettari". I tecnici lo chiamano "balloon effect", "fenomeno che si e' gia' realizzato con le coltivazioni del papavero da oppio nei Paesi del Triangolo d'oro". "Il risultato conseguito dalle spedizioni punitive in Peru' e in Bolivia e' stato quello di traslocare le piantagioni di coca in Colombia, la cui superficie (di coca, ndr) si e' triplicata nello stesso lasso di tempo. La somma totale delle aeree coltivate nell'America Latina si e' ridotta leggermente, ma in sostanza il problema ha solo cambiato luogo ed e' aumentato. Il centro di produzione della coca e dell'oppio e' la fonte di buona parte dei mali e della violenza che colpiscono il Paese, del tortuoso processo di pace e del rafforzamento senza precedenti dei paramilitari e della guerriglia". "Oggi la droga e i milioni di dollari che muove, sono il combustibile del conflitto armato. La guerra tra i paramilitari e la guerriglia e' una lotta feroce per il controllo dei territori di semina e di raffinazione, dietro la facciata di ideologie rivoluzionarie o di destra. Assassini, attentati con autobomba e sequestri mirati per fare pressione sui legislatori, sono metodi tipici del narcotraffico, adottati da chi, in Colombia, si e' trasformato nell'anello base della catena mondiale di un commercio multimilionario. Nello scenario piu' ottimista, le fumigazioni ridurranno la superficie seminata in Colombia o la sposteranno".
E infatti l'editoriale ricorda l'allarme di Washington -che ha triplicato gli aiuti per il narcotraffico- per le nuove piantagioni in Peru', dovute all'effetto del Plan Colombia, dove le piantagioni illegali, da 34.000 ettari, sono cresciute a 50.000. Mentre in Bolivia la situazione presenta dei disagi sociali e politici, che peggiorano continuamente, con le proteste dei cocaleros.
"E' provato che il sistema repressivo non funziona" ... "Quello che e' piu' grave, e' che con la droga, risuscitano vecchi problemi. Il gruppo guerrigliero Sendero Luminoso, un tempo forte e poi quasi estirpato, e' tornato ad apparire in Peru'. Di questi problemi, giustamente, e' impossibile liberarsi se i nostri Paesi proseguono a stare nel circolo infernale dei narcotici. Si semina dove ci sono le condizioni (e quali migliori, che una giungla tropicale piena di gruppi armati per proteggere coltivazioni e laboratori), perche' c'e' un mercato milionario a cui vendere. Se un chilo di coca vale 25 mila dollari negli Stati Uniti ci sara' sempre chi rischiera'. E dove c'e' coca o oppio ci saranno uomini armati, violenza, instabilita' politica e disordine istituzionale. Se non si rompe questa catena globale, nella quale i nostri Paesi non sono che l'anello piu' debole, non ci sara' pace possibile, anche se si arrivasse ai migliori accordi possibili con le Farc, le Eln e le Auc. Se non si eradica il problema alla radice, la coca e l'oppio proseguiranno a fiorire e altri gruppi, con altre sigle, li rimpiazzeranno.
Cosi' sara' fino a che i Paesi consumatori non si decidono a dare un taglio risolutivo al problema: legalizzare il consumo. Quando la coca sara' come il the o il tabacco, sara' prodotto e avra' le tasse come questi, finira' il riciclaggio internazionale dei dollari del narcotraffico, nonche' il traffico di armi per i difensori dello spaccio e la delinquenza collegata. Allora, in piu', si potra' frenare la distruzione dei Paesi del Terzo Mondo per colpa della droga. Ci saranno, forse, piu' ragazzi della classe media negli Stati Uniti e in Europa come consumatori, ma questo sara' un problema da risolvere come salute pubblica. Mentre tutto questo non accade, qui, nelle dimenticate Ande, proseguiremo a portarci la nostra pesante croce".
 
 
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