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Colombia. Il proibizionismo delle droghe serve ad Al Qaeda e al terrorismo internazionale
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Articolo di Donatella Poretti
26 giugno 2004 18:09
 
Nella giornata mondiale contro la droga la Colombia "festeggia" la riduzione delle coltivazioni illegali: e' il terzo anno consecutivo che l'area seminata a foglia di coca registra un calo. I sostenitori delle fumigazioni celebrano gli 86.300 ettari di coltivazioni del dicembre 2003 contro i 163.300 del 2000. Quelli piu' scettici sottolineano che la superficie e' ancora doppia rispetto all'anno 1994 -quando erano 44.700 ettari- e che il Paese resta ancora il primo produttore mondiale di cocaina.
Il consumo non cala, ma neppure aumenta. E il narcotraffico e' il principale finanziatore delle Farc, delle Auc e di 80 mini cartelli, che ogni anno si intascano 700 miliardi di dollari. La coca si e' allargata geograficamente, portandosi dietro guerriglia e paramilitari, cosi' se nel 1999 era presente in 12 dipartimenti, alla fine dell'anno scorso era arrivata in 23, due di piu' rispetto al 2000.
Non c'e' da stupirsi che a fronte di dati cosi' contraddittori il principale quotidiano colombiano, di impostazione liberale, come El Tiempo pubblichi un articolo di Juan Gabriel Tokatlián, professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell'Universita' di San Andrés, Argentina

Il proibizionismo delle droghe serve ad Al Qaeda e al terrorismo internazionale
Vincitori e perdenti

L'impresa illegale delle droghe rappresenta nel mondo annualmente 200 miliardi di dollari, negli Usa arriva a 65 miliardi.

Secondo la storia universale delle proibizioni sappiamo che nella misura in cui esistono beni e servizi richiesti dal pubblico, ma dichiarati illegali, esisteranno stimoli ed opportunita' perche' prosperino molteplici modalita' criminali. L'esempio delle droghe psicoattive dimostra che piu' si introduce il proibizionismo piu' si radica il potere della criminalita' organizzata legato ai narcotici. Senza dubbio, le droghe fanno dei gravi danni alla salute, ma e' la proibizione del consumo di una sostanza, piu' che la sostanza, la principale fonte del problema. In questo senso, la cosa fondamentale e' comprendere che l'equazione di vincitori e perdenti genera il mantenimento della proibizione e il consolidamento della criminalita' organizzata.

Siamo d'accordo nel ritenere l'esistenza di un intreccio tra crimine organizzato, narcotraffico e terrorismo, intreccio suggerito da un buon numero di funzionari, dalle strategie di diversi Paesi e dai contenuti di alcune risoluzioni internazionali, la conseguenza e' che uno dei grandi trionfatori del proibizionismo delle droghe e' Al Qaeda. La facile disponibilita' del denaro per rifornire l'affare delle droghe, la possibilita' di contare su santuari di protezione nei luoghi dell'offerta che vedono una scarsa presenza statale, il vincolo del traffico delle sostanze illegali con altri affari illegali (contrabbando di persone, di armi leggere, di rifiuti tossici, di dispositivi nucleari, ecc.), il nesso tra l'affare dei narcotici e la crescente corruzione in ambito pubblico e privato, tra gli altri, rafforzano i gruppi terroristi trasnazionali di portata globale.

Secondo il rapporto delle Nazioni Unite del 2003 sulle tendenze mondiali in materia di droghe naturali e sintetiche, la quantita' dei consumatori superava i 200 milioni (163 di cannabis, 34 di anfetamine, 15 di oppiacei, 14 di cocaina e 8 di ecstasy). La produzione continua in crescita. Uno dei dati piu' preoccupanti e' la persistente quantita' di eroina nel mercato: 4.500 tonnellate (nel 1998 era di 4.400 tonnellate), che ha visto uno spostamento della maggior parte delle aree coltivate dal sudest dell'Asia al sudovest sempre asiatico. In questo senso, l'Afghanistan -dopo la rimozione dal potere dei Taliban- si e' trasformato nel principale polo dell'eroina, con il 76 per cento del rifornimento mondiale. Secondo l'Onu, la produzione afghana di oppio potrebbe arrivare nel 2004 ad un record storico. Un articolo di Mark Huband, pubblicato sul Financial Times questo giugno, indica che membri si Al Qaeda continuano ad arricchirsi con le droghe in Afghanistan, in particolare, e in Asia Centrale, in generale.

Alla stessa maniera, secondo quanto riporta il rapporto del Congressional Research Service (che prepara documenti bipartisan di analisi per i legislatori Usa) dell'aprile 2004, l'impresa illegale delle droghe rappresenta nel mondo annualmente 200 miliardi di dollari, e negli Stati Uniti raggiunge i 65 miliardi. Contemporaneamente, secondo l'ex direttore del Fondo Monetario Internazionale Michel Camdessus, il riciclaggio di denaro nel mondo oscilla tra il 2 e il 5 per cento del Prodotto Lordo Mondiale. Come dire, tra i 600 miliardi e 1.500 miliardi di dollari. La meta' di queste risorse resta negli Stati Uniti, secondo quanto riportato dal senatore statunitense Carl Levin (democratico del Michigan) nel 2003.

Il paradosso e' che con tutti questi dati, i paradisi fiscali e i santuari finanziari per il riciclaggio del denaro proliferano; solamente Kenia e Sri Lanka hanno ratificato la Convenzione contro la Corruzione e, in materia di lotta contro la criminalita', Washington ancora non ha ratificato la Convenzione contro la Criminalita' Organizzata Trasnazionale, ne' i tre protocolli supplementari: a) per prevenire, sopprimere e punire il traffico di persone, in particolare di donne e bambini; b) contro il traffico di immigrati via terra, mare e aria, e c) contro la fabbricazione e il traffico di armi da fuoco, componenti vari e munizioni.

Il mantenimento del proibizionismo delle droghe e l'assenza di un multilateralismo concreto si coniugano per irrobustire, contrariamente a quello che si era pensato e si vorrebbe, la base delle risorse del terrorismo internazionale. Probabilmente una politica mondiale non proibizionista in materia di narcotici e un impegno reale di multilateralismo sarebbero di maggiore aiuto per una lotta piu' efficace contro Al Qaeda. Su entrambi i fronti, proibizione e multilateralismo, c'e' bisogno di un confronto piu' franco e rigoroso. Cosi', i veri vincitori sarebbero le societa' e gli Stati e non i terroristi e i loro soci.
 
 
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