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Colombia. C'e' poco da celebrare per la giornata mondiale contro le droghe
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
29 giugno 2004 18:02
 
La lotta contro le droghe illegali lascia molto a desiderare e non offre prospettive verso nuove strategie, in piu' il prezzo pagato e' decisamente troppo elevato rispetto a cosa si ottiene in cambio. E' questo il senso dell'editoriale pubblicato oggi sul quotidiano colombiano El Tiempo, che analizza i dati resi noti in occasione della giornata mondiale contro le droghe.

UNA DATA AGRODOLCE

Lo scorso 26 giugno si e' tenuta la giornata mondiale di lotta contro le droghe. Difficile dire "celebrata", dato che le notizie, dopo piu' di 20 anni dal lancio della "guerra contro le droghe", non sono molto lusinghiere, nonostante alcuni passi avanti.
Il giorno e' servito all'Ufficio Droghe e Crimine (Unodc), l'organismo in materia dell'Onu, per lanciare il suo ambizioso Rapporto Mondiale sulle Droghe 2004, il piu' completo e autorizzato studio sulla situazione e sulle sue prospettive. "Anche se si e' avuta una epidemia per l'abuso di droghe nell'ultimo mezzo secolo, la diffusione verso la popolazione in generale e' stata contenuta", sostiene il rapporto. Tuttavia, le cifre non sono molto incoraggianti. E la Colombia, purtroppo, si trova in maniera preponderante nel rapporto.
Il primo richiamo degli Stati Uniti alla "guerra contro le droghe" lo fece il presidente Nixon negli anni 70. Poi, Ronald Reagan, alla meta' degli anni 80, la trasformo' nella politica ufficiale. La prima delle tre convenzioni delle Nazioni Unite in materia, e che hanno consacrato mondialmente la politica proibizionista, e' del 1961 (le altre due sono, una del 1971 e l'altra del 1988). Che cosa e' successo da allora?
Attualmente, 185 milioni di persone consumano droghe proibite: 15 milioni oppio, eroina e morfina; piu' di 13 cocaina; 30 anfetamine; 8 ecstasy e 146 milioni marijuana. Pochi a fronte delle centinaia di milioni di fumatori e consumatori regolari di alcol (sostanze che danno una feroce dipendenza, anche se legali). Ma piu' che sufficienti per un mercato trasnazionale che nel 2001 vendeva perlomeno 150 miliardi di dollari; che sconvolge intere nazioni e le cui statistiche sono un grattacapo per tutti quelli che dicono che, punendo il consumatore e il piccolo produttore, si terrebbe sotto controllo l'intricata faccenda.
Prendiamo l'esempio della cocaina, che tanto direttamente ci colpisce. La superficie coltivata a coca e la cocaina pura offerta al consumatore sono in calo, rispettivamente, di piu' di 70 mila ettari e 325 tonnellate negli ultimi tre anni nei Paesi andini produttori: Colombia, Bolivia e Peru'. Semina e produzione sono ai piu' bassi livelli registrati negli ultimi 15 o 20 anni. I sequestri di cocaina sono arrivati a dei picchi storici. I grandi cartelli sono stati distrutti. Ma i trafficanti si sono adattati. Ci sono seri indizi che la produttivita' sia salita. Oggi la cocaina nelle strade degli Stati Uniti vale la meta' rispetto a quando vi e' arrivata agli inizi degli anni 80 e il suo livello di purezza e' maggiore. Il consumo negli Stati Uniti -dopo un drastico crollo negli anni 80 e un notevole aumento negli anni 90- e' diminuito dal 1999, ma la diffusione e' ancora elevata; continua ad aumentare in Europa e in Sudamerica, anche se piu' piano rispetto agli anni precedenti, e si sta allargando a nuove zone. Il mercato, inoltre, continua ad essere praticamente intatto e i suoi margini di guadagno (tra i 1.700 dollari di quanto si vende in Colombia un chilo da esportare fino ad arrivare ai 100 mila dollari che vale lo stesso chilo sulle strade degli Stati Uniti) sono talmente astronomici e difficili da combattere, come sempre.
Anche se la coltivazione e' ridotta del 40 per cento rispetto agli anni 90, il mercato degli oppiacei cresce. L'Afghanistan, che con la proibizione dei Taliban aveva smesso di seminare, e' tornato ad essere il principale produttore, e il suo papavero da oppio, che rende tre volte di piu' eroina, ha compensato la diminuzione delle coltivazioni in Myanmar e nel Laos, gli altri due grandi produttori. La marijuana si produce in 142 Paesi e il suo consumo aumenta. E le droghe sintetiche, come le anfetamine e l'ecstasy, mantengono una forte richiesta.
L'Onu festeggia perche' si e' riusciti a contenere la rapida espansione del consumo degli anni 90. Eppure la vittoria sembra quella di Pirro, visto che sia l'enorme redditivita' del traffico che il consumo si mantengono stabili. Non diminuiscono in maniera notevole. Gli Stati Uniti spendono quasi 40 miliardi di dollari all'anno per questa guerra (che nel Paese ha piu' giovani negri nelle carceri che diplomati alle superiori). E cio' che si puo' presentare come risultato e' una riduzione del consumo della cocaina (anche se e' piu' alto che nel 94, mentre quello di eroina e di anfetamine resta stabile). L'Europa Orientale, la Russia, la Cina e il Sudamerica sono mercati in crescita.
L'esperienza data dalla storia, la logica economica e la stessa natura umana indicano che perseverare in una guerra contro le droghe, basata sulla proibizione, la repressione poliziesca e la distruzione delle zone di produzione e' una cosa del tutto inutile. Lo dimostra il bilancio degli ultimi decenni. Nonostante alcuni passi avanti, infatti, i costi sono altissimi, i risultati miseri e i Paesi produttori (cosi' come i consumatori poveri dei Paesi ricchi) pagano un prezzo inaudito. Oggi ci sono piu' consumatori, in un maggior numero di Paesi e piu' droga che 20 anni fa.
Ma comandano la politica e la morale. Ed in entrambi i campi e' illusorio sperare in cambiamenti di fondo rispetto alla strategia in vigore, in particolare negli Stati Uniti, che in materia sono alla testa della parata. Le cifre generali e la praticamente inesistente prospettiva che questo grave problema venga affrontato con una politica diversa, fanno si' che la giornata mondiale contro le droghe non sia esattamente una data da celebrare.
 
 
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