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Cile. La politica sulle droghe funziona?
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
14 aprile 2003 20:39
 
Editoriale del quotidiano cileno "El Mercurio", del 14 aprile 2003.

POLITICA SULLE DROGHE
Il Consiglio Nazionale per il Controllo degli Stupefacenti (Conace) ha reso noti i risultati del "Quinto Studio Nazionale sulle Droghe nella Popolazione". Si tratta di una inchiesta nazionale realizzata lo scorso anno, su un campione di 16 mila e 500 persone tra i 12 e i 64 anni, che vivono in citta' di piu' di 30 mila abitanti.
Il Conace ha rilevato che il consumo di marijuana e di pasta base (di coca) sarebbe diminuito. Nel caso della marijuana, lo studio indica che il 5,17% degli intervistati aveva dichiarato di consumarla nel 2002, mentre era il 5,8% che aveva dichiarato di averlo fatto nel 2000. Rispetto alla pasta base lo 0,84% aveva dichiarato di usarla nel 1998, percentuale che era calata allo 0,51% dell'anno scorso.
Questo trend, tuttavia, non si ripete con la cocaina, il cui consumo sarebbe in leggera crescita: da un 1,52% del 2000 ad un 1,57% dell'anno sorso.
Lo studio distingue il consumo rispetto a livelli socioeconomici di appartenenza della popolazione: alto, medio e basso. In generale, il consumo di droghe sarebbe diminuito a tutti livelli, eccetto che per la cocaina, il cui consumo sarebbe in crescita soprattutto nei ceti bassi. La marijuana sarebbe la sostanza piu' usata a tutti i livelli, la cocaina sarebbe consumata di piu' al livello medio e la pasta base a quello basso.
Non e' facile interpretare questi risultati. In primis, perche' provengono da una inchiesta che chiede alle persone di dichiarare la propria partecipazione ad una attivita' classificata legalmente come un reato, per cui e' ragionevole pensare che un certo numero di intervistati non si sia sentito molto predisposto a rispondere sinceramente. Tuttavia, dando per acquisita questa possibilita', i risultati sono comunque interessanti, soprattutto per la tendenza alla diminuzione del consumo che suggeriscono.
Le droghe sono una delicata questione di politica pubblica che deve essere affrontata a mente fredda. In generale, in Cile e in buona parte del mondo, non si e' fatto cosi'. La possibilita' che il consumo diminuisca, dovrebbe richiamare alla calma, e a pensare al futuro con maggiore razionalita' e controllo della naturale emotivita' che il problema comporta.
Fino ad ora, e non solo in Cile, la reazione comune davanti alle droghe, e' stata qualcosa di viscerale: criminalizzarle, dichiarandogli "guerra". La politica mondiale e' delineata da tre convenzioni dell'Onu (1961, 1971 e 1988), che enfatizzano una proibizione criminale quasi assoluta su tutta la linea -produzione, traffico e consumo- per una grande quantita' di sostanze, ad eccezione dell'alcol e del tabacco. Questo modo di inquadrare il problema si allinea alla politica nordamericana, la cui "guerra" alle droghe e' carissima in termini fiscali e di liberta' di cittadinanza. E se si calcola che il prezzo dell'eroina in questo Paese sia sostanzialmente calato, ne deriva che si tratta di una guerra eccessivamente cara. E' arrivato il tempo di politiche piu' ragionevoli, che non si esauriscano nella proibizione criminale, ma che accentuino i caratteri dell'educazione e della riabilitazione.
 
 
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