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Brasile. Riduzione del danno e diritto al consumo
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Articolo di Donatella Poretti
5 maggio 2003 21:07
 
La legge del 1976 prevede il reato di possesso, ma non quello del consumo di stupefacenti. In pratica il consumo viene criminalizzato, anche perche' e' difficile fare uso di una sostanza se non la si ha. La diretta conseguenza pratica e' quella che il tossicodipendente finisce in carcere, entrando cosi' in contatto con il mondo del narcotraffico e della criminalita' organizzata. Mentre si avvicina a questo mondo, si allontana da quello sanitario che avrebbe potuto aiutarlo. In questo spaccato si inserisce la volonta' dell'attuale Governo federale di Lula (seguendo la scia del suo predecessore Cardoso) di adottare in Brasile politiche di riduzione del danno. E in questo quadro si inserisce il reportage del quotidiano di Porto Alegre "Zero Hora", che raccoglie una serie di interventi per spiegare questi programmi sanitari.
"Quando si richiede l'astinenza assoluta, una ricaduta e' un fallimento totale. La nostra proposta e' quella di ridurre i danni", precisa il consulente tecnico in alcol e droghe del ministero della Salute, Paulo Macedo. "Questo programma non ha l'obbiettivo di far diminuire l'uso di droghe. La filosofia stessa della riduzione del danno prevede si' una riduzione di questi danni in campo sanitario, per esempio, sostituendo le droghe iniettabili con sostanze come la marijuana, ma abbiamo bisogno di una legislazione che ci possa permettere di farlo", spiega la psichiatra Carmem Freitas, gia' presidente del Consiglio Statale degli Stupefacenti. "C'e' un universo di quelli che non vogliono, non possono o non riescono a smettere. Per prestare assistenza sanitaria a queste persone che continuano a far uso di droghe, forniamo siringhe, preservativi e assistenza medica", sottolinea Denise Doneda, responsabile prevenzione per il coordinamento nazionale Dst/Aids del ministero della Salute.
"Consumare droga e' un diritto", e' il titolo forte che viene deciso dal quotidiano per l'intervista a Elisangela Reghelin, autrice del libro "Riduzione dei Danni: prevenzione o stimolo per un uso indebito di droghe iniettabili". Reghelin ha studiato questi progetti all'Universita' della California, Usa, ed e' considerata un riferimento sia per i contrari, che per i sostenitori di queste politiche. Ne prendiamo alcuni stralci. "Lo Stato deve investire in prevenzione, educazione e trattamento, ma l'individuo che attenta contro il suo corpo, la sua vita e la sua stessa salute, non puo' essere considerato un criminale. E' un diritto (quello di consumate stupefacenti, ndr) ma deve rientrare dentro certi limiti, come l'alcol. Spetta al potere pubblico regolamentarne l'uso, andando a gestire uno spazio che non ha mai voluto affrontare, e che, oggi, e' in mano ai trafficanti". "Nessuno sostiene la liberalizzazione, che porterebbe ad una situazione incontrollabile e caotica, ma la decriminalizzazione dell'uso, cosi' come dice anche il ministero della Salute. Il traffico illegale continuerebbe ad essere un reato, mentre solo dietro autorizzazione potrebbe esserci la vendita di stupefacenti, controllata qualitativamente, quantitativamente e con il pagamento delle tasse. In questa ipotesi non dovrebbe venire applicata nessuna sanzione, ne' penale ne' amministrativa. E' infatti contraddittorio intendere il consumatore di stupefacenti come un criminale che meriti di essere punito penalmente".
 
 
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