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Brasile. Il progetto pilota di Lula: giovani arruolati dallo Stato invece che dal narcotraffico
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Articolo di Donatella Poretti
9 marzo 2003 20:53
 
"Cidade de Deus", la favela di Rio de Janeiro che ha ispirato l'omonimo film, sara' lo scenario di un progetto del Governo di Luiz Inacio Lula da Silva per riscattare i minorenni che lavorano nelle organizzazioni del narcotraffico.
Secondo uno studio dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, a Rio de Janeiro i giovani entrano nelle fila del narcotraffico a 12 anni. Al momento in cui viene reclutato dall'organizzazione della sua favela, il ragazzino riceve dei cannocchiali per avvisare quando sta per arrivare la polizia e una pistola 9mm per difendersi dalla polizia e dalle bande rivali. Quando diventa adolescente ottiene i suoi primi fucili Ar-15 o Ak-47, compresi i Fal, che sono di fabbricazione argentina, e che arrivano in Brasile dal Paraguay.
Prima di compiere i 18 anni il suo stipendio come "vigilantes" o "soldato" puo' arrivare a 500 o 600 real (150-180 dollari). Cioe', ricevono armi, potere, ammirazione delle ragazzine e piu' denaro di quello che guadagnano i loro padri lavorando come portieri, muratori o venditori.

Dall'inizio di questo mese, con un sussidio di 50 real per corsi di cultura e allo sport, e promesse di un lavoro per il futuro, la "Segreteria Nazionale alla Sicurezza Pubblica" ha cominciato il difficile tentativo di esercitare un potere di seduzione maggiore di quello del narcotraffico. Il progetto si chiama "Patto per la pace".
José Vacchi, coordinatore generale delle "Azioni di Prevenzione della Violenza" della "Segreteria Nazionale alla Sicurezza Pubblica", ha detto che "se si inizia pensando di non poter dare a questi giovani una ricompensa economica come quella del narcotraffico, non ha senso, e gia' partiamo sconfitti". Secondo Vacchi, "quello che si va ad offrire ai ragazzi e' la possibilita' di costruire un progetto di vita e un supporto perche' possano avere un'alternativa a quella di imbracciare un fucile". L'aspettativa di vita di un giovane del narcotraffico, infatti, non supera i 25 anni.
"Cidade de Deus" e' una delle 600 favelas dell'area metropolitana di Rio de Janeiro in cui vivono 1.200.000 persone. E' divenuta famosa a livello internazionale grazie al film di Fernando Meirelles e Katia Lundt, che ha vinto diversi premi in vari festival cinematografici e ha richiamato l'attenzione per la sua crudezza e la sua violenza.
Circa la meta' degli abitanti di "Cidade de Deus", o Cdd, come viene chiamata, sono giovani di 25 anni, e si calcola che il 2% sia coinvolto in qualche operazione con il narcotraffico. Secondo il Cepal, il 22% dei giovani di Rio de Janeiro non studia ne' lavora. "Abbiamo incontrato ragazzini di 11 e 12 anni che gia' prestano servizio per il narcotraffico. Non escono dalla favela: si svegliano, vanno alla "boca" (le bocas de fumo, sono i punti dello spaccio di droghe, ndr), sono armati durante tutto il giorno e la notte vanno a dormire", spiega Vacchi.
Il segretario nazionale alla Sicurezza Pubblica, Luiz Eduardo Soares, aveva detto che gli indici di mortalita' dei giovani nei quartieri di Rio e di San Paolo sono quelli tipici di una guerra. "Ci sono aree dove l'indice di omicidi arriva ad essere di 200 giovani ogni 100 mila abitanti. Mancano giovani di sesso maschile in diverse regioni del Paese a causa della violenza. E' un vero genocidio. Vengono anche assassinati per mano di altri giovani".
Il progetto del Governo Lula nella favela "Cidade de Deus" e' una specie di progetto pilota per capire se e' possibile, grazie a questa assistenza, far si' che i ragazzi abbiano la possibilita' di allontanarsi dal narcotraffico. Il Governo puo' contare sul supporto degli attori del film e inoltre su quello dei rappers, che sono oggi dei veri e propri leaders di queste zone.
Il rapporto con il narcotraffico durante lo sviluppo del progetto sara' come sempre quando vengono portate avanti delle azioni sociali nelle favelas: una specie di mutuo rispetto. Esiste infatti una sorta di patto di non-ingerenza tacita tra le due parti: gli operatori sociali non interferiscono ne' denunciano le attivita' del narcotraffico e i trafficanti permettono e perfino offrono una specie di "salvacondotto" agli operatori sociali. "Quello che non possiamo fare -spiega Vacchi- e' considerare il narcotraffico come un interlocutore, perche' e' fuori dalla legge".
 
 
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