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Brasile. Nuove rivolte in carcere, la violenza dei narcos
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Articolo di Donatella Poretti
6 giugno 2004 20:38
 
Ieri e' stata la volta del carcere Milton Dias Moreira, nel Complesso Penitenziario di Frei Caneca, Rio de Janeiro e della Casa de Custódia de Magé (30 km da Rio).
Nel primo caso la rivolta e' iniziata alle 8.30 della mattina dopo la sospensione delle visite seguita ad uno sciopero degli agenti penitenziari che lamentavano le carenze del personale e delle infrastrutture dell'edificio. Basti pensare che per 1.100 detenuti ci sono solo 10 agenti penitenziari. In settimana erano fuggiti 5 detenuti e un poliziotto che aveva tentato di impedire la fuga era stato ucciso da narcotrafficanti dei quartieri di Zinco e di San Carlos.
Nel secondo caso si e' trattato di un tentativo di fuga delle detenute della casa di custodia femminile. Un morto, undici feriti -di cui due gravi- e' il primo bilancio della rivolta.
Il dibattito sulla violenza del narcotraffico che si sta scatenando all'interno dei penitenziari e' caldo dopo gli avvenimenti della settimana scorsa della Casa de Custódia de Benfica.
La crudelta' che viene messa in atto dai componenti di queste organizzazioni criminali ha diverse origini. Secondo lo specialista in comportamenti violenti dell'Universita' di Rio de Janeiro Michel Misse, le ragioni sono fondamentalmente tre: la prima e' irrazionale, si agisce sotto effetto degli stupefacenti e senza alcun autocontrollo; la seconda e' utilitaristica, si tratta di una maniera premeditata di richiamare l'attenzione e di minacciare lo Stato per ottenere le proprie rivendicazioni; e infine la terza e' quella di imporre il proprio potere sugli altri gruppi attraverso il terrore.
Il modo di agire di questi gruppi e' molto piu' simile a quello della guerriglia urbana piuttosto che a bande di criminali comuni, le diverse fazioni del narcotraffico che si suddividono il controllo della vendita di droghe a Rio de Janeiro, stanno cercando di ampliare il mercato dei consumatori e contemporaneamente seminano terrore e violenza ovunque. Per far questo hanno creato una complicata e ampia rete di distribuzione composta da minorenni. Secondo l'Ong Viva Rio -che definisce questi ragazzini come i "bambini della violenza armata organizzata"-, circa cinque mila bambini armati "lavorano" per il narcotraffico in condizioni simili a quelle dei bambini soldati. Vengono reclutati a partire da 10 anni, portano armi e sono sottoposti ad una struttura gerarchica con regole e punizioni che non fanno differenze tra adulti e bambini.
Oramai la sfida del narcotraffico nei confronti dello Stato ha raggiunto limiti per cui le risposte non riescono che a coprire le emergenze, e solo in minima parte. Anche il ricorso all'Esercito e alla proclamazione di stati di emergenza (coprifuoco, etc..) non e' piu' l'ultima soluzione, visto che e' stata utilizzata troppe volte e sempre piu' spesso.
 
 
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