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Brasile. "L'economia delle droghe"
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
30 marzo 2003 18:55
 
Articolo pubblicato dal quotidiano brasiliano "Jornal do Brasil" il 29 marzo 2003, a firma del deputato del Pt (Partito dei Lavoratori) dello Stato di Rio de Janeiro, Carlos Minc.

"Rio e' una citta' sotto assedio, con zone controllate dal potere dispotico dei trafficanti. Nella Grande Rio ci sono 700 mila persone che sono sub-cittadini: soggetti alla legge del silenzio, hanno le loro figlie violentate e le loro associazioni di abitanti soggiogate, in gran parte, dal dominio del narcotraffico.

Questo potere e' costituito da innumerevoli tentacoli, ma il primordiale e' quello dell'economia della droga. La legislazione, nel concedere il monopolio della vendita delle droghe illegali ai trafficanti, permette che questi accumulino grandi capitali, che finanzino il loro potere militare, la loro capacita' corruttrice, e che si crei una base sociale con le famiglie che partecipano alle diverse attivita'. E' una illusione immaginare che li sconfiggeremo senza colpire la base del loro potere economico. Questo esige modifiche nella legislazione, nell'atteggiamento, nella lotta sistematica, molto piu' delle incursioni con le morti dei piccoli criminali.

La base sociale del traffico e' molto superiore al suo nucleo armato. In una favela di 50 mila abitanti, il "movimento" puo' raggruppare 150 uomini armati e 450 impiegati in attivita' di vigilanza, trasporto, essiccaggio, macina, miscela, pesa, imballaggio, reclutamento, di minacce, di collegamento con "Bangu 1" (il carcere di massima sicurezza, da dove i capi del narcotraffico continuano a dirigere le loro bande criminali, ndr), occultamento delle armi, ecc. Se ciascuna di queste persone ha una famiglia composta da 6 membri o aggregati, gia' si arriva a 3 mila e 600 dipendenti da questa attivita'. (.) Un altro errore e' supporre che un gruppo di poliziotti esterni possa vincere questo potere fondato sul denaro e sul terrore, se non c'e' un contrappunto locale al traffico, costituito da associazioni indipendenti, luoghi di culto, chiese, cooperative, Ong, che possano contare sulla sicurezza per costituire reti locali di cittadinanza non subordinata. Questa battaglia e' gia' persa, migliaia di dirigenti delle associazioni sono stati assassinati, espulsi o cooptati, e non c'e' un piano consistente per difendere la liberta' e la dignita' di questi luoghi.

Le leggi che equiparano consumatori e dipendenti di stupefacenti ai criminali, rafforzano solo la loro relazione con i trafficanti e li trasformano in vittime, esposte all'estorsione sistematica praticata dai poliziotti. La dipendenza e' un caso di salute pubblica, e non di polizia. Campagne che stigmatizzano consumatori e dipendenti rendono piu' difficile il sostegno e il loro reinserimento sociale. La criminalizzazione e' una barriera per l'accesso all'informazione, alla prevenzione e alla disintossicazione. Le leggi e i metodi vigenti conferiscono ai trafficanti sempre piu' potere economico, militare e di espansione dei loro tentacoli alle delegazioni, ai tribunali, alle carceri, ai parlamenti.

Soffriamo di una metastasi che ci colpisce nella liberta', nella cittadinanza e perfino nella vita. La resistenza deve agire su vari fronti: lotta frontale, prosciugare l'economia della droga, conquistare la base sociale offrendo alternative alla gioventu' per esprimersi e brillare negli sport, nelle arti, nella scienza, senza dover tenere un fucile in mano. Garantire la liberta' delle associazioni e delle cooperative nelle aree piu' colpite, impiantare politiche effettive di tolleranza zero con la corruzione e la convivenza delle autorita', disarmo, coinvolgimento delle scuole, delle chiese e delle famiglie nella prevenzione, nell'informazione e nelle alternative di reinserimento sociale. Una sfida di queste dimensioni esige risposte articolate di tutti i poteri pubblici e di tutta la societa'".
 
 
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