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Brasile. Bambini soldato e bambini narcotrafficanti
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
19 giugno 2003 18:47
 
La quotidianita' dei bambini e adolescenti che lavorano nel narcotraffico e' simile a quella di coloro che si trovano a combattere nei conflitti armati in Medio Oriente. Questa e' la tesi del libro dell'antropologo inglese Luke Dowdney "Bambini del traffico - Uno studio sui bambini nella criminalita' armata a Rio de Janeiro". Ricercatore dell'Istituto di Studi della Religione (Iser) e di Viva Rio, per scrivere il libro ha intervistato 25 bambini e adolescenti, "tutti hanno iniziato a lavorare nello spaccio a 12, 13 anni". In tutto, le persone ascoltate, poliziotti, assistenti sociali e abitanti delle comunita' piu' povere, sono state 300.
Oggi viene intervistato dal quotidiano brasiliano "O Globo" e spiega che l'idea era nata quando tre anni fa in Italia aveva partecipato ad un seminario sui bambini soldato organizzato dall'Onu. In quell'occasione aveva illustrato la sua tesi per cui i bambini del narcotraffico di Rio non sono paragonabili a quelli delle gang di strada, ma a quelli che combattono le guerre. La sua tesi non era stata ben accolta, e tornato in Brasile dopo avere trovato delle risorse economiche, aveva cosi' deciso di realizzare una ricerca per dimostrarla.
"In Brasile non siamo in guerra, ma loro vivono in un sistema gerarchico. I giovani che lavorano nel narcotraffico ricevono ordini e chi disobbedisce muore. Loro hanno obblighi e orari. Come nelle guerre, qualcuno li rifornisce di armi", spiega Dowdney. "Quasi tutti gli adolescenti che ho intervistato erano poveri, non erano riusciti ad entrare dentro il mercato del lavoro, oppure avevano trovato degli impieghi mal retribuiti. Essere nel narcotraffico da' denaro. Un altro problema e' il legame con persone vicine al traffico. Circa la meta' dei giovani intervistati aveva parenti legati al traffico. La maggior parte aveva anche amici". "La maggioranza dice di fumare marijuana per rilassarsi. Mentre dicono di non usare cocaina durante il lavoro, perche' li rende paranoici". La meta' pensa di poter abbandonare il traffico di droghe, "gli altri hanno detto di non aver pensato alla cosa, visto che erano gia' molti anni che ci lavorano e che non credono possibile cambiare vita. Altri invece vogliono proprio essere criminali, come succede in tutto il mondo". Ma e' possibile lasciare il narcotraffico, gli viene chiesto infine, e Dowdney risponde di si', ma solo per quelli che non occupano posizioni strategiche.
 
 
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