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Bolivia. Tra coca legale e illegale, tra cocaleros e narcotrafficanti
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Articolo di Donatella Poretti
9 settembre 2002 22:34
 
Le due posizioni non potrebbero essere piu' distanti: l'industrializzazione della foglia di coca come parte di un programma di sviluppo alternativo e la coca zero, con la distruzione della coca eccedente nel dipartimento del Chapare. Da una parte i cocaleros del tropico del Cochabamba, guidati da Evo Morales, secondo alle elezioni presidenziali di fine giugno, e dall'altra il Governo di Gonzalo Sanchez de Lozada, Goni, presidente della Bolivia dai primi di agosto. Che la forza elettorale, con 400 mila voti, e parlamentare dei cocaleros avrebbe prodotto i suoi frutti nelle vicende del Paese, era facilmente intuibile, e ora i fatti stanno a dimostrarlo.
Gli scontri della settimana scorsa tra le truppe che nel Chapare devono eradicare le piantagioni di coca e i cocaleros, per ora sono solo segnali di allarme di qualcosa di peggio che potrebbe avvenire se le due parti non riescono a trovare un accordo. E per il momento i segnali di distensione non arrivano. Evo Morales non solo chiede che i militari lascino definitivamente il dipartimento, ma che la coca possa essere inserita all'interno dei programmi per lo sviluppo economico attraverso la sua industrializzazione. La produzione di dentifrici, dolci, gomme da masticare e caramelle, sia per il consumo interno che per l'esportazione. Morales gia' intravede un mercato in Cina. Cooperative, mercati garantiti e prezzi stabiliti dal Governo. Questa e' la loro foglia e dicono che con la cocaina non hanno nulla a che vedere, e se a Morales gli viene chiesto di commentare le accuse di legami con il narcotraffico lanciategli dal presidente, le rispedisce al mittente ritenendo che sono due narcotrafficanti ad averlo fatto presidente, due colletti bianchi.
Il ministro Alberto Gasser ritiene "auspicabile e necessario" un confronto e un accordo con Morales e le sei federazioni di cocaleros, partendo pero' dalla non negoziabilita' dell'eradicazione della foglia di coca illegale, e dalla sua conseguente interdizione. "E' molto difficile il tema del Chapare, perche' dove c'e' di mezzo il narcotraffico il problema e' sempre complicato. Le coltivazioni di coca sono piu' redditizie, e' una pianta che da raccolti tre o quattro volte all'anno e che non ha bisogno di essere venduta, la comprano i narcotrafficanti", sottolinea il ministro.
E che dietro tutto questo ci sia un problema economico e' abbastanza evidente. "Ci avevano detto che un quintale di peperoni si sarebbe venduto a 300 dollari, e' passato un anno e il prezzo e' crollato a 75 dollari, lo stesso e' avvenuto con il palmito, il cuore di palma doveva costare poco piu' di mezzo dollaro, ora si vende a 5 centesimi di dollaro", accusa il senatore del Mas (Movimiento al Socialismo), il partito di Morales, Filemon Escobar, per sottolineare il "fallimento e l'inganno" dei progetti di sviluppo alternativo fino ad ora portati avanti.
In soccorso della tesi economica, come asse portante della complicata vicenda, arriva anche il premio nobel per l'economia, Joseph Stiglitz, che negli appuntamenti internazionali, nelle pubblicazioni specializzate e nelle interviste che concede, non si stanca mai di ripetere che in Bolivia e' stato commesso un grande esempio di disuguaglianza, l'eradicazione della droga da sola, senza la soluzione del problema economico non portera' a nulla. Nel suo libro "Il malessere della globalizzazione", afferma che "i Paesi come la Bolivia non solo hanno eliminato le barriere commerciali tanto da renderle minori rispetto a quelle Usa, ma hanno cooperato con gli Stati Uniti eradicando le coltivazioni di coca, la materia prima della cocaina, anche se queste coltivazioni portavano ai contadini una rendita superiore a qualsiasi altra alternativa. La risposta statunitense e' stata quella di continuare a tenere chiusi i suoi mercati agli altri prodotti, come lo zucchero, che i campesinos boliviani potevano produrre per esportare, se il mercato nordamericano fosse stato aperto". Per quanto Stiglitz, scordi il trattato di preferenza andina, l'Atpa, che gli Usa hanno appena rinnovato proprio per i Paesi che collaborano nella lotta alla droga eliminando una serie di tasse doganali, per favorire le loro esportazioni, il problema rimane effettivamente tutto intero.
La tradizione della foglia di coca, gioca la sua parte, ma comunque abbastanza strumentale e strumentalizzata, il vero problema rimane la mancanza di alternativa presentabile. Il Chapare del resto e' solo un pezzo della Bolivia, e nello Yungas la situazione si e' "normalizzata" con oramai poche, e per certi versi ininfluenti, coltivazioni illegali, mentre le altre sono controllate e producono la coca per il consumo tradizionale necessario per tutto il Paese. Quella in piu' viene recepita dal narcotraffico, e anche questo e' certo. Almeno fino a che la cocaina, come le altre droghe, avranno un unico mercato, quello nero e illegale.
 
 
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