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 AFGHANISTAN - AFGHANISTAN - Narcotraffico. Per Russia Usa-Nato lo combattono poco
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12 marzo 2010 20:40
 
L'Afghanistan è il buco nero d'instabilità nell'"heartland", il centro geopolitico dell'Eurasia e la Russia sembra sempre più preoccupata. Mosca ha diverse volte ribadito nei mesi scorsi la sua insoddisfazione per come gli Stati uniti - prima sotto l'amministrazione di George W.Bush e ora sotto quella di Barack Obama - e l'Alleanza atlantica stanno gestendo la situazione afgana. In un'intervista all'Associated Press, pubblicata oggi, il rappresentante russo presso la Nato Dimitri Rogozin ha ribadito le critiche incentrandole sull'incapacità alleata di bloccare il narcotraffico.
"Perdiamo ogni anno 30mila vite per il commercio della droga afgana e un milione di persone diventano tossicodipendenti", ha lamentato il diplomatico russo. "E' una guerra non dichiarata contro di noi". Imputabile, questa guerra, agli Usa e alla Nato. "Siamo ovviamente molto insoddisfatti per la mancanza di attenzione da parte della Nato e degli Stati uniti per le nostre rimostranze".
La preoccupazione di Mosca è fondata. La Russia è invasa da un mare di droga proveniente dall'Afghanistan, che produce secondo i dati Onu oltre il 90 per cento dell'eroina mondiale. Le politiche di sradicamento degli anni passati non sembrano aver ottenuto risultati rilevanti. Anzi, secondo Mosca dall'invasione statunitense del 2001, la produzione afgana è aumentata in maniera esponenziale.
Per quanto le valutazioni fornite da Mosca sull'incremento della produzione afgana di droga - una moltiplicazione di 44 volte dal 2001 - appaiano esagerate, l'agenzia dell'Onu per la lotta alla droga Unodc ha confermato il fatto che, mentre negli anni precedenti al 2001 l'Afghanistan produceva 3-4mila tonnellate di oppio, nel 2008 nel ha prodotte oltre 7mila.
Secondo l'analisi russa, l'eroina dall'Afghanistan si sposta lungo tre percorsi per arrivare ai suoi mercati. "Uno dei principali è quello dei Balcani, che va in Europa attraverso l'Iran e la Turchia. Il secondo è quello del Nord, conosciuto anche come Via della Seta, il quale presenta poche difficoltà nel far filtrare la droga in Russia, apparentemente per il fatto che ci sono frontiere indistinte. Il terzo è il percorso meridionale, che passa attraverso il Pakistan, l'India e poi, via mare, si diffonde in tutto il mondo", ha spiegato recentemente il capo dell'ufficio antidroga russo Viktor Ivanov. La Via della Seta, che interessa Mosca, è seguito dal 10 per cento della produzione afgana. Il principale "hub" del narcotraffico afgano è il Tagikistan, che ha una lunghissima frontiera con l'Afghanistan.
La Russia, insomma, è effettivamente esposta al narcotraffico afgano. Circa il 2 per cento dei russi, secondo le stime, fa uso di droga e il danno per l'economia è di circa 54 miliardi di dollari. Mosca, in questo senso, è furiosa con Washington.
Rogozin oggi ha sostenuto che gli Usa, così solerti a condurre la guerra contro i cartelli della cocaina colombiani, "nel caso dell'eroina che va verso la Russia non stanno praticamente facendo nulla". E questo "non è il modo di trattare amici e partner".
Il portavoce della Nato James Appathurai ha dato una risposta abbastanza netta a Rogozin. I 120mila soldati Nato presenti in Afghanistan, ha sostenuto, stanno proprio cercando di sconfiggere i ribelli, che sono all'origine anche del narcotraffico. Per esempio, Appathurai ha citato l'offensiva nella regione di Marjah, famosa per il suo oppio. Solo rimettendo sotto il controllo del governo le aree dell'Afghanistan che ora non lo sono, si riuscirà a fermare anche l'eroina, ha detto il funzionario dell'alleanza. Quindi, ha continuato, "noi vedremmo positivamente un accresciuto sostegno da parte della Russia per il nostro sforzo e abbiamo fatto delle specifiche richieste alla Russia, che sono allo studio di Mosca".
E su questo punto si apre la seconda faccia del problema, che è quello di scenario. Mosca oggi contribuisce fornendo un corridoio strategico alla Nato e agli Usa, addestramento per le forze antidroga afgane e con alcuni elicotteri, ma è combattuta tra la necessità di garantire la stabilità nel suo "giardino di casa" dell'Asia centrale e le ferite ancora troppo fresche della guerra in Afghanistan degli anni '80, costata almeno 15mila vite ai russi. Questo tema emerge anche dalle dichiarazioni di Rogozin.
"Oggi - afferma polemicamente - noi li stiamo aiutando a combattere gli stessi fanatici che loro avevano sostenuto 20 anni fa".
 
 
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