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Italia. Artisti contro la demonizzazione
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Notizia 
30 settembre 2003 21:12
 
I cantanti non inneggiano alla droga, sono per la vita ma conoscono le differenze tra droghe leggere e pesanti. E soprattutto non accettano censure.
Cosi' 28 musicisti, da Vasco Rossi a Ligabue, da Paolo Conte a Francesco Guccini, difendono la propria liberta' di parola in un documento, promosso dallo stesso Rossi dopo che il vicepremier Gianfranco Fini aveva invitato i musicisti a riflettere prima di dare certi messaggi sugli stupefacenti.
A dire basta alla demonizzazione del mondo della cultura e dello spettacolo sono le voci piu' varie del panorama musicale italiano: Vasco Rossi, Ligabue, Paolo Conte, Jovanotti, Francesco Guccini, Antonello Venditti, Enzo Jannacci, Fiorella Mannoia, Articolo 31, Irene Grandi, Stadio, Gemelli Diversi, Francesco Renga, Laura Pausini, Lucio Dalla, Negrita, Niccolo' Fabi, Piero Pelu', Francesco Baccini, Samuele Bersani, Frankie Hi-Nrg Mc, La Crus, Simona Bencini, Avion Travel, Pacifico, Omar Pedrini, Daniele Silvestri e Zucchero.
"Chiediamo al mondo politico di non ricorrere alle invettive o a illazioni che attribuiscono ai cantanti il ruolo di promotori della droga. Da loro ci aspettiamo un dibattito costruttivo che eviti mistificazioni, strumentalizzazioni e/o abusati luoghi comuni su eventuali 'vite spericolate' che tutti sogniamo a occhi aperti, a 20 anni come a 40, senza che questo significhi vite drogate".
"Non usiamo questa parola -scrivono i cantanti- come uno spaventapasseri. Dichiarare attenzione ai cantanti, che dicono che la droga e' un diritto, ha il sapore di censura, suona un po' intimidatorio ed evoca un sottile tentativo di voler limitare la liberta' di opinione e di parola, in antitesi con i principi della liberta' di espressione sanciti dalla Costituzione"
Nessun artista, scrivono i cantanti, "fa propaganda o incita dal palco il suo pubblico a fare uso di sostanze stupefacenti. Siamo tutti per la vita. Noi anche per la salute e per la dignita' umana". Depenalizzare, sostengono i musicisti, "non significa affermare che ci sono droghe buone e droghe cattive: siamo tutti contro la droga, ma non possiamo far finta che non ci sia differenza fra droga leggera, come la cannabis, la marijuana o il campari e quelle pesanti come eroina, ecstasy, cocaina). Ed e' fra i doveri dello Stato informare correttamente il cittadino sulle conseguenze dell'uso delle varie droghe: ne ha buon diritto il cittadino, naturalmente maggiorenne e adulto, che deve essere messo nella migliore condizione di effettuare una scelta libera e cosciente".
Diversamente, aggiungono gli artisti, gli adolescenti devono essere tutelati e difesi vietando ai minori anche la vendita di alcool e di tabacco.
"L'eroina senza bisogno di leggi speciali ma solo con l'informazione sui rischi e le conseguenze, e' notevolmente diminuita. La vendita di siringhe e acqua distillata nelle farmacie e' ormai quasi nulla. E' ormai fuori moda oggi parlare di quella 'cultura dello sballo' che abbiamo visto noi negli anni '70 e '80. Il mondo e' cambiato, la realtà di oggi e' un'altra: c'e' l'ecstasy del sabato sera, contagiosa, vigliacca, attraente e facile soprattutto per i piu' giovani che vanno tutelati".
Un'informazione "giusta ed efficace" e un servizio sanitario nazionale "potenziato ed efficiente, pagato con le nostre tasse" sono i modi per proteggere i minorenni. "Dire poi che chi fuma lo spinello passa all'eroina, e' un ovvio pregiudizio cosi' come dire che un solo bicchiere di vino porta all'alcoolismo. Una sola cosa hanno in comune lo spinello e l'eroina: lo stesso spacciatore, oggi pronto a vendere qualsiasi cosa davanti a qualsiasi scuola".
La parola "legalizzare", precisano i cantanti, "non e' una bestemmia e non si riferisce alla droga in genere, ma alla marijuana, in linea con vari Paesi europei". Il che "non significa attentare alla salute della gente, esattamente come legalizzare il divorzio non ha provocato il dilagare dell'immoralita' nella societa' e la liceita' dell'aborto circoscritto non ha provocato un ricorso esagerato al medesimo e tantomeno una cultura della morte". Come dimostra la storia, "il proibizionismo e' un vicolo cieco".
 
 
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