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 AFGHANISTAN - AFGHANISTAN - Droga, servizi segreti: sistema bancario indiano è canale privilegiato dei talebani
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Notizia 
9 marzo 2010 16:37
 
 Che "il denaro non puzza" lo aveva gia' accertato l'imperatore Vespasiano nel I secolo. Nel XXI, fanno tesoro della sua constatazione anche quei banchieri senza scrupoli che, tra Medio Oriente e Asia, ripuliscono e riciclano gli enormi proventi derivanti dall'oppio afghano (il 95% della produzione mondiale). Un movimento di denaro che non conosce barriere etniche, ideologiche e religiose. Fonti di intelligence spiegano all'Adnkronos che ormai uno dei canali privilegiati per i soldi del narcotraffico afghano, ritenuto una delle principali fonti di finanziamento degli insorti, e' "l'incontrollabile sistema bancario indiano". Paradossi delle guerre asimmetriche, che fanno si' che proprio l'India, nemico storico agli occhi dei talebani e dei jihadisti che continuano a insanguinare l'Afghanistan, come dimostrato dal recente attacco a Kabul, costato la vita al funzionario dell'Aise Pietro Antonio Colazzo, con le sue banche sia diventata uno degli approdi privilegiati per gli enormi capitali derivanti dal narcotraffico. Un recente rapporto dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), stima a 2,8 miliardi di dollari (rispetto ai 3,4 miliardi del 2008) il valore dell'export dell'oppio afghano."Non mi stupisce", risponde il direttore dell'Unodc, Antonio Maria Costa, interpellato dall'Adnkronos. Pur sostenendo di non avere informazioni specifiche al riguardo, Costa concede di "non essere sorpreso" dalle rivelazioni di intelligence, peraltro indirettamente confermate da alcune inchieste condotte tra Dubai, capitale finanziaria degli Emirati Arabi, e Nuova Dehli.
Lo stesso Costa, nel 'World Drug Report 2009' pubblicato dall'Unodc, sosteneva, in merito al riciclaggio dei proventi del narcotraffico, che a causa della crisi economica globale, "in un periodo in cui i prestiti tra istituti bancari si sono fermati" e "in un periodo che vede il fallimento di banche importanti, i banchieri sono orientati a credere che il denaro non ha odore". Alcune stime ritengono che solo il 5-10% dei 65 miliardi di dollari derivanti dal giro di affari complessivo del mercato mondiale degli oppiacei, sia riciclato attraverso canali bancari informali, come il sistema dell''hawala', molto popolare nel mondo islamico, mentre il resto viene ripulito attraverso attivita' legali e il sistema bancario ufficiale. A dicembre dello scorso anno, l'arresto a Nuova Dehli di Naresh Kumar Jain, miliardario indiano ritenuto a capo di un vasto impero del riciclaggio, accreditato di un "fatturato" annuale di 1,5 miliardi di euro, ha aperto nuovi orizzonti agli investigatori. Stabilita la sua base a Dubai, per anni Jain ha ripulito e reinvestito i capitali del narcotraffico provenienti da organizzazioni albanesi, italiane, inglesi, americane, medio orientali e pakistane. Capitali che, in alcuni casi, finivano anche per finanziare operazioni terroristiche in tutto il mondo.
Sicuramente, Janin si e' rivelato fonte di imbarazzo per gli Emirati arabi, le cui banche e organizzazioni finanziarie finiscono periodicamente nel cono di luce di inchieste sul riciclaggio e sul finanziamento di attivita' terroristiche, a cominciare dall'inchiesta sugli attentati dell 11 settembre 2001, dalla quale emerse che una parte dei soldi necessari al finanziamento degli attacchi era transitata proprio da Dubai. Questo, nonostante gli sforzi, peraltro ritenuti insufficienti da molti osservatori occidentali, che le autorita locali stanno facendo per incrementare i controlli. Troppo facile rimane, negli Emirati, secondo gli osservatori, la permeabilita' tra il sistema dell''hawala' e il circuito bancario ufficiale. Il mese scorso la Fatf (Financial Action Task Force), l'organismo intergovernativo internazionale responsabile per il contrasto al riciclaggio e al finanziamento di attivita' terroristiche si e' riunito proprio ad Abu Dhabi e ha puntato il dito, in particolare, su Paesi come l'Iran, il Pakistan, l'Etiopia, la Corea del Nord e il Turkmenistan, ritenendo in alcuni casi (come quello dell'Iran), che le istituzioni finanziarie e bancarie siano direttamente coinvolte in attivita' di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, mentre negli altri, a vario livello, vengono stigmatizzati come inadeguati i controlli esercitati. Sempre la Fatf, ha messo in guardia i governi dai rischi derivanti dalle cosiddette "aree di libero scambio", caratterizzate da controlli limitati, proprio per favorire la crescita economica, ma abilmente sfruttate dalle organizzazioni criminali, per il riciclaggio dei loro proventi. Sono negli Emirati arabi, esistono, a vario livello, una ventina di queste aree. I mancati o scarsi controlli negli Emirati non sono sfuggiti anche ai servizi di intelligence italiani che, nel Rapporto appena presentato al Parlamento, indicano addirittura Dubai come uno degli "scali" della droga proveniente dall'Afghanistan, al pari di Cina, India e Federazione Russa.
Altra figura chiave in questo complicato "Risiko" del narcotraffico, sempre a meta' tra l'universo dei gangster e quello dei colletti bianchi, e' quella di Dawood Ibrahim. Indiano di fede musulmana, Ibrahim e' ritenuto il capo della piu' potente e temuta organizzazione criminale indiana, la "D-Company" di Mumbai, indicata dal Congresso degli Stati Uniti come organizzazione terroristico-criminale, presente anche in alcune Risoluzioni dell'Onu per i suoi rapporti con Al Qaeda. Il nome di Ibrahim e' comparso anche nelle inchieste legate agli attacchi terroristici di Mumbai del novembre 2008 e per questo l'intelligence indiana accusa l'Isi, i servizi segreti pakistani, di fornire protezione a Ibrahim, che risiederebbe a Karachi, nel sud del Pakistan. La sua rete criminale, con ramificazioni all'interno di istituzioni e business "puliti", sarebbe, secondo gli investigatori, uno dei terminali dei capitali generati dall'oppio afghano. Le fonti di intelligence interpellate dall'ADNKRONOS insistono nel sottolineare la veloce espansione del sistema bancario indiano, che procede di pari passo con la crescita economica del Paese, che non sembra aver risentito nemmeno del rallentamento provocato dalla crisi economica mondiale. "Follow the money", segui i soldi. A partire dagli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono, e' stato questo il mantra piu' invocato dagli investigatori di mezzo mondo, impegnati nel rintracciare i flussi di denaro che, attraverso mille rivoli, spesso incontrollabili, consentivano alle varie ramificazioni di Al Qaeda e agli insorti talebani di continuare a organizzare le proprie azioni. Un mantra che, a nove anni dall'inizio della Guerra al Terrorismo, continua a ossessionare alcuni e ad arricchire altri. (Marco Aliconti, Adnkronos)
 
 
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