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 ITALIA - ITALIA - Carcere e salute: Bernardini: spesso il diritto latita
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Notizia 
14 novembre 2010 20:55
 
Stefano Cucchi, Daniele Franceschi, Marcello Lonzi. Nomi uniti da un unico tragico destino, diventati l'emblema delle morti in carcere spesso avvolte nel mistero.
Ma sono tanti i detenuti che muoiono in silenzio, perche' la loro storia non passa sotto i riflettori e non diventa il caso mediatico da raccontare. Storie di chi si e' visto negare non solo la liberta', ma anche il diritto alla salute. Una negazione impressa nell'ironia pungente delle vignette di Graziano Scialpi, che sulle pagine di 'Ristretti Orizzonti', il giornale del carcere di Padova, denunciava a colpi di immagini e battute, cosa vuol dire ammalarsi dietro le sbarre.
Un'ironia che aveva il sapore della satira, che aveva appreso quando era giornalista di Trieste Oggi e che aveva maturato nella sua esperienza detentiva. Era finito in carcere accusato di omicidio, e dal '92 raccontava, giorno dopo giorno, attraverso le sue vignette, il proprio malessere e quello degli altri detenuti. Graziano, per gli amici 'Dado', e' morto lo scorso 14 ottobre, a 48 anni, per un tumore che lo ha logorato e dopo aver chiesto, piu' volte, di essere sottoposto a risonanza magnetica.
Fino a che ad agosto, una sera si e' ritrovato paralizzato, la mattina dopo l'hanno ricoverato d'urgenza e operato subito: ma era troppo tardi. Ma la sua storia non e' passata inosservata, almeno alle associazioni che ruotano intorno al pianeta carcere e a Rita Bernardini, gia' segretaria dei Radicali Italiani ed attuale deputata della delegazione Radicale nel Partito Democratico, che ha presentato quattro giorni dopo la morte di Scialpi, il 18 ottobre scorso, un'interrogazione a risposta scritta (4-09067) sul caso, ai ministri della Giustizia e della Salute. "La storia di Graziano - spiega la Bernardini all'ADNKRONOS - e' una delle tante. Quell'interrogazione non ha ancora avuto alcuna risposta, e in questi giorni ne ho depositate altre sette su casi diversi, perche' l'attenzione sulle criticita' delle condizioni detentive resti sempre alta".
Nell'interrogazione presentata da Rita Bernardini (il cui iter e' tutt'ora in corso), si leggono le parole amare di Vittorio, padre di Graziano, che racconta al Corriere Veneto l'odissea vissuta dal figlio fino alla morte: "Dallo scorso novembre, percio', un anno fa - si legge - mio figlio chiedeva di fare una risonanza magnetica per cercare di capire la natura del fortissimo mal di schiena che lo tormentava'.
'Ma nessuno -denuncia- gli ha mai permesso di fare neanche una visita. Lo hanno tenuto dentro finche' una notte lo hanno trovato paralizzato. Ed era troppo tardi. Lui era arrivato al punto di trascinare le gambe sul pavimento, ma neanche in quel caso gli credevano".
A marzo scorso la malattia si fa sempre piu' aggressiva. Scialpi chiede nuovamente di potersi sottoporre ad una risonanza e questa volta i responsabili medici del carcere accettano.
Ma accade quello che nell'interrogazione viene definito 'l'inverosimile'. "Caricano Graziano su un'ambulanza e lo portano in ospedale - ricorda il padre - ma il giorno della visita era quello sbagliato. La visita era l'indomani. Cosi' conducono di nuovo mio figlio in carcere, ma il giorno dopo non lo riportano in ospedale".
Il 30 aprile 2010 Scialpi, sofferente, viene portato in pronto soccorso: gli fanno soltanto una visita ortopedica e gli danno dei palliativi. Ma al di la' dell'inchiesta aperta dalla magistratura per accertare eventuali responsabilita' penali nel trattamento riservato a 'Dado', la Bernardini chiede se i ministri competenti "non ritengano, in via cautelativa nei confronti degli altri detenuti ristretti nel carcere 'Due Palazzi' di Padova, di dover verificare, attraverso un'approfondita indagine interna, se il trattamento sanitario previsto nell'istituto abbia corrispondenza con le leggi dello Stato e, soprattutto, con quanto previsto dagli articoli 3, 13 (comma 4), 27 (comma 3), 32 della Costituzione".
E ancora, "quanti siano, negli ultimi 5 anni i detenuti i morti in carcere per malattia e quanti coloro che, usciti dal carcere in sospensione della pena per malattia, siano poi morti in ospedale o nelle proprie abitazioni.
Tra le interrogazioni a risposta scritta presentate dalla Bernardini, anche quella che racconta la storia di Marcello Savio, detenuto 71enne, malato, tossicodipendente e stroncato da un infarto lo scorso 2 novembre mentre era ricoverato al centro clinico della casa circondariale di Pisa. Una storia ripresa da un articolo uscito sul quotidiano la Nazione il 3 novembre. La Bernardini in questo caso chiede prima di tutto "perche' un detenuto cosi' anziano, malato e tossicodipendente si trovasse in carcere, perche' fosse stato trasferito da Montelupo Fiorentino a Pisa (il 5 ottobre), e soprattutto se fosse mai stato sottoposto a trattamenti medici (a causa della sua tossicodipendenza)".
Infine, si chiede se ci sia l'intenzione di aprire un'indagine amministrativa interna per "accertare eventuali responsabilita' per omissione nella condotta del personale medico e penitenziario". La Bernardini, che prosegue il suo 'tour' nelle varie carceri italiane per verificarne di persona le condizioni, racconta che il problema sanitario "e' uno dei piu' critici, molte indagini vengono rinviate nel tempo perche' magari le Asl locali non collaborano come dovrebbero, ma anche per i drastici tagli ai fondi. C'e' poi la questione della mancanza di personale, e quando un detenuto e' ricoverato in ospedale devono essere impegnati molti agenti fuori dal carcere".
Tanti fattori che finiscono per negare il diritto alla salute di molti detenuti. Graziano Scialpi ha raccontato per anni quei retroscena, in innumerevoli vignette che sono diventate un libro uscito nel 2005, dal titolo 'Non aprite quel barattolo', parafrasando il celebre film horror 'Non aprite quella porta'. Tra queste, quella che vede in primo piano delle bare e un detenuto misurato in altezza da un uomo, dove si legge "In gran parte d'Italia i detenuti preferiscono aspettare il fine pena..piuttosto che uscire con l'unica misura alternativa possibile".
E ancora, una vignetta sui suicidi in cella, sul ruolo dei mass media nell'informazione sulla giustizia, e una sull'affettivita' dietro le sbarre, con due detenuti che guardano oltre la finestra uniti dalle manette. Sotto, la frase "Felicita' e' guardare il tramonto tenendosi per manetta". Infine, l'immagine di tanti detenuti ammassati nei letti a castello, ironizzando sul sovraffollamento con la frase: "In occasione dell'estate ogni cella e' stata fornita di sauna finlandese con annessa piscinetta".
"Era una persona di grande intelligenza e cultura - racconta Francesco Morelli della redazione di 'Ristretti Orizzonti' - abbiamo lavorato insieme per molto tempo e negli ultimi giorni della sua vita voleva giustizia. Voleva che il suo sacrificio servisse a evitare ad altri quello che era successo a lui".
Rita Bernardini e' determinata a ricevere risposte sui problemi sollevati, perche', denuncia, 'la dignita' della persona umana in carcere non esiste". Francesco Morelli fa notare che spesso, in due ore, il medico deve visitare anche 200 detenuti: "Meno di un minuto a testa - spiega - in un colloquio dove spesso e' il recluso a farsi un'autodiagnosi".
Sul sito di Ristretti Orizzonti, aumentano di giorno in giorno i messaggi dei lettori che sorridevano e piangevano con le immagini di Graziano. E dicono: "ci ha fatto ridere, piangere, arrabbiare, pensare, ora speriamo solo che la sua storia serva a puntare un'attenzione nuova su chi sta male in carcere'.
 
 
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