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 ITALIA - ITALIA - Lo stigma della cannabis terapeutica nell’Italia che dimentica chi soffre
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Notizia 
1 novembre 2020 16:16
 
Walter De Benedetto ha 49 anni e da 35 soffre di artrite reumatoide. Una malattia cronica che colpisce le articolazioni portando a una perdita della mobilità e a dolori lancinanti.
Per lenirli, De Benedetto ha fatto ricorso a farmaci a base di cannabis, prescrittagli dal suo medico. Ma la difficoltà a reperirli, la disponibilità limitata e il costo elevato, hanno causato frequenti interruzioni della terapia. Quando è stato necessario aumentare il dosaggio, il servizio sanitario della regione Toscana non è stato più in grado di provvedere. Da qui la decisione di De Benedetto di avviare la coltivazione di cannabis nel proprio giardino.
Il 23 settembre del 2019 una perquisizione dei carabinieri trova nella sua abitazione e in una vicina struttura piante, semi e oggetti per la coltivazione. L’indagine per violazione dell'articolo 73 del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti è ancora in corso. E si tratta di una storia tutt’altro che rara.
Il 23 luglio scorso Fabrizio Pellegrini è stato assolto dal Tribunale di Chieti perché «il fatto non sussiste», in considerazione della «destinazione di tipo domestico e del numero ridotto di piante detenute». La sentenza arriva a conclusione di una storia iniziata vent’anni fa, quando a Pellegrini fu diagnosticata la fibromialgia. Una malattia autoimmune che causa forti dolori, rigidità muscolare, cefalea e disturbi del sonno: negli stadi avanzati, porta all’erosione di tutte le articolazioni. Quando Pellegrini verifica che il ricorso alla cannabis gli consente di recuperare un po’ di mobilità, decide di coltivare alcune piante nella sua abitazione. Ne consegue una sequela di perquisizioni e arresti e una condanna a due anni di carcere. Infine, un medico gli prescrive l’uso della cannabis terapeutica, ma il suo costo si rivelerà presto insostenibile; e questo induce Pellegrini a riprendere la coltivazione domestica, fino a quando, nel 2016, viene nuovamente arrestato per possesso di 5 piante e di 430 grammi di infiorescenze. E questo nonostante l’Abruzzo si fosse dotato di una legge per regolamentare la distribuzione dei farmaci cannabinoidi. Dopo un’ulteriore lunga attesa, finalmente, nel luglio scorso l’assoluzione.
Osservando queste due vicende, si dovrebbe dedurre che in Italia il ricorso alla cannabis terapeutica sia fuorilegge. Ma così non è. Al danno, dunque, si aggiunge il grottesco. Infatti, dal 2007, la cannabis per fini medici è perfettamente legale. Da quell’anno, il Thc - il principio attivo della cannabis sativa - è inserito nella lista delle sostanze utilizzabili per la produzione di medicinali. La successiva norma, che costituisce il fondamento della regolamentazione dell’uso medico della cannabis, si trova nel Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015, che autorizza la coltivazione per la produzione di medicinali di origine vegetale. In questo caso, è il Ministero della Salute a dover rilasciare le relative autorizzazioni.
Dunque, oggi la cannabis terapeutica può essere prescritta da qualsiasi medico; e la possibilità di accedervi è duplice: a pagamento o, attraverso il Servizio sanitario nazionale, gratuitamente. Ciò è ragionevole. Negli ultimi decenni, numerose ricerche hanno validato i benefici che la cannabis terapeutica può arrecare a chi soffre di sclerosi multipla, dolore oncologico e cronico, cachessia (in anoressia, Hiv, chemioterapia),glaucoma, sindrome di Tourette; sono in corso studi sugli esiti positivi per pazienti affetti da epilessia, patologie vascolari, metaboliche e gastro-infiammatorie.
Sia chiaro: la cannabis di per sé non guarisce alcuna patologia e non garantisce alcun risultato miracoloso, ma produce benefici accertati. Tuttavia, il ricorso ai farmaci cannabinoidi in Italia risulta non solo estremamente limitato, ma anche osteggiato e persino sanzionato penalmente. Non esistono linee guida nazionali e, di conseguenza, l’elenco delle patologie per le quali è consentito il ricorso a tali medicinali varia da Regione a Regione e tende, in ogni caso, a ridurre al minimo la possibilità di accesso, fino alla totale indisponibilità in alcune aree del territorio nazionale. La prescrizione a pagamento tramite “ricetta bianca” dovrebbe risultare più semplice, se non fosse che una parte assai significativa della classe medica continua a non considerare la cannabis un farmaco e ne ostacola l’utilizzo.
C’è, poi, il problema della crescente difficoltà di approvvigionamento. Come ha scritto Marco Perduca, sul Manifesto del 3 giugno scorso, è prevedibile che «il fabbisogno del 2020 tenda a superare la soglia dei 1000 chilogrammi annui (con un incremento del 50% rispetto al 2019)». L’ente autorizzato, lo stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze, produce annualmente infiorescenze pari a circa un sesto di quanto necessario e, di conseguenza, si deve ricorrere al mercato estero, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Le ragioni di questa scarsità sono molteplici e vi si è accennato, ma la principale rimane una diffusa diffidenza verso quell'oggetto oscuro e inquietante che è la droga e la sua rappresentazione mitico-irrazionale.
La conseguenza è desolante: secondo le denunce dell’Associazione Luca Coscioni di Filomena Gallo, Marco Gentili, Marco Cappato e Mina Welby, del Partito Radicale di Rita Bernardini, della neonata MeglioLegale di Antonella Soldo, del ForumDroghe di Franco Corleone e della rubrica, condotta ormai da vent’anni (mirabile esempio di resistenza anche fisica), da Roberto Spagnoli su Radio Radicale, centinaia di malati si trovano a dover patire sofferenze non lenibili per la combinazione tra perversione burocratico-amministrativa e preconcetti ideologico-morali.
A dicembre, le Nazioni Unite sono chiamate a esprimersi sulla riclassificazione della cannabis: una volta cancellata dalle tabelle definite dalla Convenzione sugli stupefacenti del 1961, la cannabis dovrebbe ottenere - come chiede l’Organizzazione Mondiale della Sanità - il riconoscimento di pianta con proprietà mediche. Se accadrà, si potrà immaginare che un giorno, nemmeno troppo lontano, guardando indietro ci sorprenderemo delle resistenze antiscientifiche e delle credenze esorcistiche che hanno impedito per lungo tempo alla ricerca di procedere in questo campo. Ciò che non potremo dimenticare saranno le sofferenze di Walter De Benedetto, Fabrizio Pellegrini e di tanti altri.
(Luigi Manconi su La Stampa del 01/11/2020)
 
 
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