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La sinistra latino-americana di fronte alla sfida del traffico di droghe
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Articolo di Paulo A. Paranagua
17 luglio 2010 14:39
 
Il generale Manuel Antonio Noriega, ex uomo forte di Panama, e' stato condannato, dal tribunale correzionale di Parigi, lo scorso 7 luglio per riciclaggio di denaro provento di traffico di droga. Durante il processo nessuno si e' posto la domanda su perche', questo comandante della legione d'onore, avesse scelto la Francia per nascondere i propri averi e organizzarsi una vita tranquilla da pensionato.
I contatti francesi del narco-dittatore gli avevano senza dubbio assicurato che sarebbe rimasto impunito in questo Paese. L'acquisto a suo tempo di armi dalla Francia, gli avevano dato delle conoscenze. Lo stesso il fatto che Noriega fosse membro dell'Internazionale Socialista. Era e resta tale il caso del Partito rivoluzionario democratico (Prd, di sinistra), l'organizzazione creata dal regime militare di Panama nel 1979.
Il doppio gioco del generale Noriega, con la Cia degli Usa e i servizi segreti di Cuba, ha senza dubbio confuso le piste. Ma il mentore di Noriega, il generale Omar Torrijos, nazionalista e carismatico, era stato all'epoca incensato da parte della sinistra.
La narcoguerriglia delle Farc (Forze Armate rivoluzionare della Colombia, di estrema sinistra) non e' la sola che si e' compromessa con gli stupefacenti. All'inizio le Farc bruciavano le piantagioni e fucilavano chi solo tentava di trafficare con le droghe. In seguito hanno preferito tassare i trafficanti, come il generale Noriega. Le Farc alla fine hanno deciso di utilizzare la forza lavoro dei guerriglieri, di origine contadina, per coltivare e produrre la cocaina. I guadagni hanno loro consentito di separarsi dai loro compagni del Partito Comunista Colombiano.
Questa disinvoltura trovava una doppia giustificazione. I contadini riuscivano a vivere bene grazie alle coltivazioni illegali. E gli eventuali danni alla salute pubblica provocati dalla tossicodipendenza avevano una ricaduta sugli Usa, principale mercato di consumatori. In breve: non c'erano dubbi di fronte alla buona coscienza “anti-imperialista”. In Colombia, come in Peru', la narcoguerriglia si e' alimentata del risentimento sociale e dell'antiamericanesimo come riflesso condizionato.
In America Latina, a sinistra come nell'estrema sinistra, ci sono stati anche una serie di compromessi con il traffico di droghe. Il caso piu' eclatante resta quello del generale Arnaldo Ochoa, fucilato a Cuba il 13 luglio 1989. Certamente il processo a L'Avana, come una volta i processi a Mosca, e' stato una sinistra messa in scena, destinata a scongiurare la tentazione di una “perestroika” alla cubana, a risaldare il patto di sangue al vertice del regime castrista e nello stesso tempo ad evitare una denuncia, da parte degli Usa, del ruolo di Cuba nella geopolitica della droga. Ma il coinvolgimento del generale Ochoa e dei fratelli Antonio e Patricio de la Guardia nei traffici illegali era un dato di fatto reale. Non e' necessario essere “cubanologo” per sapere che nessuna operazione clandestina di tali dimensioni non era possibile senza riferirsi al piu' alto livello, al Leader Maximo Fidel Castro.
Mentre le teste cascavano a Cuba, il generale Noriega e' gia' nel mirino dei suoi vecchia amici degli Usa. L'intervento americano a Panama, il 20 dicembre del 1989, e' in preparazione. Cosi' come le sue varie virate a 180 gradi, Fidel Castro prende le distanze col narcotraffico e da' il testimone ai suoi collaboratori piu' fedeli, tutto per la sopravvivenza della “rivoluzione”.
Oggi la guerra contro i narcos infuria in Messico, cosi' come in Colombia. Una parte dell'opinione pubblica rimpiange l'epoca in cui il Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri), al potere per settantuno anni, si mostrava piu' conciliante, cercando sempre di accordarsi con i cartelli dei narcos. Anche il Pri e' membro dell'Internazionale socialista.
Il crimine organizzato ha destabilizzato e infiltrato l'America centrale, riducendo all'impotenza i vari Stati. Anche il Guatemala e' divenuto il paradiso dell'impunita'. In Colombia, le milizie paramilitari di estrema destra, implicate nella droga come i guerriglieri di sinistra, hanno un gruppo di deputati al Parlamento, senza contare le amministrazioni locali e regionali.
Il traffico e il riciclaggio necessitano di una cooperazione internazionale. La cocaina dei Paesi andini viene scambiata con armi, il denaro accumulato a Medellin causa morti nelle favelas di Rio de Janeiro.
Di fronte a questa sfida, due governi di sinistra, in Venezuela e Bolivia, hanno deciso di fare a meno della Dea (l'agenzia antidroga degli Usa) ed hanno espulso i relativi agenti. Risultato: il Venezuela e' diventato un Paese di transito per i trafficanti, essenzialmente quelli che portano la cocaina colombiana verso l'Europa, passando talvolta dall'Africa.
Dopo che il leader dei coltivatori della foglia di coca della regione di Chapare, Evo Morales, e' stato eletto alla presidenza della Bolivia, alla fine del 2005, la produzione e' esplosa. Morales non si rende conto del conflitto di interessi, poiche' lui ha continua sempre ad essere alla testa delle federazioni del Chapare. La foglia di coca della regione andina Los Yungas e' destinata al consumo tradizionale (la masticazione), ma la produzione della parte tropicale del Chapare incrementa la produzione di cocaina. Dalla compiacenza alla compromissione il passo e' presto fatto.

(traduzione dal quotidiano Le Monde del 17 luglio 2010)

 
 
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