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Le nuove vie della cocaina
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Articolo di Vincenzo Donvito
26 maggio 2010 17:40
 
Lo stato d'emergenza “permettera' di combattere le forze del male che ci stanno facendo classificare come una delle capitali mondiali del crimine”. Facendo riferimento a quanto sta accadendo da un mese a Kingston, capitale della Giamaica, e nel limitrofo dipartimento di Saint Andrew nel sud-est, il primo ministro Bruce Golding sembra deciso nello scontro con i narcotrafficanti. Da giovedi' 20 maggio le forze dell'ordine sono alle prese con delle bande armate che hanno eretto barricate e scatenato una vera e propria guerriglia urbana, causando la morte, fino ad oggi, di 60 persone tra cui alcuni poliziotti. Queste bande stanno cercando di impedire l'arresto di Cristopher “Dudus” Coke, un padrino locale della droga. Coke, un uomo di 42 anni di cui gli Usa esigono l'estradizione, e' alla testa di una banda che si chiama “Shower Posse”, la piu' importante organizzazione del traffico dell'isola che esporta marijuana, crack e cocaina verso gli Usa.

Mafie
Le rotte della cocaina, di cui una notevole quantita' di tonnellate passa tradizionalmente dai Caraibi, si sono profondamente diversificate dopo i duri colpi subiti dalle mafie colombiane di Medellin e Cali negli anni '90, e la presenza dissuasiva delle motovedette britanniche e statunitensi nell'Atlantico del nord. I messicani hanno decisamente preso il controllo del 90% del narcotraffico latino-americano. L'America centrale e' diventata la principale rotta della cocaina verso il grande vicino del Nord. Le continue mattanze che insanguinano le citta' messicane alla frontiera con gli Usa, di cui la piu' nota e' Ciudad Juarez (2.657 assassinati l'anno scorso), sono nella maggior parte dei casi dovute alle rivalita' tra le due principali organizzazioni criminali locali, i cartelli di Sinaloa e di Juarez. Il mercato della cocaina (845 tonnellate prodotte l'anno scorso, contro circa 1.000 dell'anno precedente) ha fruttato piu' di 37 miliardi di euro di guadagni.

Sottomarini
Ma i profitti si indirizzano sempre piu' verso le droghe di sintesi, come gli stimolanti a base di anfetamine e i suoi derivati (metamfetamine, Mdma, ecstasy, etc.) o la stessa eroina che ha fatto la sua ricomparsa, come evidenziato dai rapporti dell'Observatoire français des drogues et des toxicomanies (Ofdt).
Alla frontiera tra Messico e Usa, ogni chilo di polvere introdotto in Usa -che consuma circa la meta' della produzione mondiale- produce profitti per 67.000 euro ai grossisti messicani. Una grande parte della merce e' destinata all'Europa e prende vie tortuose per giungere fino ai destinatari (quella marittima o aerea attraverso l'Africa dell'ovest o attraverso i Balcani).
Dei piccoli sottomarini in fibra di vetro, difficilmente individuabili dai radar, i “narcotunnel” e aerei privati coi motori potenziati, le spedizioni cargo delle rose colombiane o le picozze svizzere riempite di polvere... l'immaginazione dei trafficanti non conosce limiti.

Il Messico, re del traffico
“I cartelli messicani rappresentano la piu' grande minaccia in tema di crimine organizzazo per gli Usa”. Nel suo “National Drug Threat Assessment 2009, il dipartimento Usa della Giustizia e' preoccupato della potenza delle mafie messicane che fanno affari col narcotraffico tra il sud e il nord del continente. Il 90% della cocaina sniffata negli Usa (circa 450 tonnellate l'anno scorso) passa attraverso le frontiere messicane per essere poi venduta ai 5,7 milioni di consumatori statunitensi. La maggior parte delle spedizioni transita attraverso il corridoio centro-americano, che si divide in due percorsi: la rotta del Pacifico orientale e quella dei Caraibi occidentali, dove il centro operativo e' la cittadina balneare di Cancun (penisola dello Yucatan). Il resto (10%) passa attraverso la Repubblica Dominicana, Haiti lo la Giamaica. Per il trasporto, navi da pesca e motoscafi con motori potenziati sono oramai preferiti ai piccoli aerei bimotore, facilmente individuabili. Una volta in Messico, la droga, nascosta in dei camion, va verso gli Usa attraverso Tijuana, Mexicali, Nogales, Ciuda Juarez o Nuevo Laredo, le principali citta' disseminate su una frontiera lunga 3.299 chilometri. Vengono utilizzati anche alcuni “narcotunnel” costruiti sotto la frontiera, cosi' come piccoli sottomarini in fibra di vetro.

Il Brasile, rotta verso l'Europa
Confinante per circa 8.000 chilometri coi tre principali Paesi produttori di cocaina (Colombia, Peru' e Bolivia), il Brasile e' un punto di passaggio obbligato per la polvere a destinazione Europa. Le quantita' sono decuplicate in nove anni, attestandosi su circa 20 tonnellate l'anno scorso. L'uso di aerei e' progressivamente calato per il timore di essere individuati dai radar che sono installati nella foresta amazzonica dal 2002, traffico che e' andato tutto a vantaggio delle vie fluviali e terrestri. La droga che proviene dal Peru' e dalla Colombia lascia il Brasile attraverso i due stati amazzonici del Para' e dell'Amapa', o attraverso il nord-est. La droga prodotta in Bolivia transita attraverso gli stati di Rondonia, Mato Grosso e Mato Grosso do Sul. In questo caso lascia il Paese attraverso le grandi citta' del sud-est (Sao Paulo, Rio de Janeiro, Belo Horizonte) per passare da Paraguay o Argentina. Secondo le specifiche autorita' di polizia, la cocaina spesso passa attraverso l'Africa dell'ovest per raggiungere l'Europa.

Il business dei Balcani
Rotta tradizionale dell'eroina che proviene dall'Asia, i Paesi Balcani hanno recentemente diversificato i prodotti che poi finiscono sul mercato. Le mafie serbe, montenegrine e albanesi trattano ora anche la cocaina latino-americana. Piu' di due tonnellate di cocaina sono state individuate qualche settimana fa, al largo delle coste dell'Uruguay, su uno yacht battente bandiera britannica. Qualche giorno dopo, 500 chili di cocaina sono stati scoperti in un palazzo di Buenos Aires (Argentina). E in tutte queste occasioni, trafficanti serbi o montenegrini sono stati arrestati dalle polizie locali. In Argentina o Paraguay e Uruguay, persone originarie dei Balcani organizzano il transito della mercanzia, nella maggior parte dei casi via mare. Direzione Africa o Montenegro. Un volta ricevuta, la droga transita attraverso l'Italia (essenzialmente attraverso la Puglia) prima di essere venduta nell'Europa occidentale.

Africa, piattaforma girevole
I rappresentanti di sette Paesi dell'Africa dell'ovest (Gambia, Guinea-Bissau, Guinea, Capo Verde, Mali, Mauritania e Senegal), riuniti a Dakar qualche settimana fa, si sono impegnati “a mettere in essere un dispositivo di risposta” che argini la crescita del traffico di droga. Una nota “tecnica” ha evidenziato allo stato l'”inefficacia” della lotta attualmente in corso contro i cartelli sudamericani nell'Africa dell'ovest. In effetti, dal Burkina-Faso al Ghana o al Togo, passando per l'Africa del Sud (che viene abitualmente utilizzata come trampolino per l'esportazione verso Australia ed Estremo Oriente), i territori africani sono diventati le destinazioni predilette dai trafficanti latino-americani. Questi ultimi sviluppano il loro commercio in regioni dove il consumo interno e' molto limitato, ma tutti i rapporti sottolineano il “letargo” delle autorita' locali che lottano contro la droga cosi' come l'inerzia della giustizia locale. Una miriade di persone che, camuffandosi come abituali viaggiatori, trasportano cocaina su se stessi, spesso ingerendola, si dirigono verso l'Europa, via Spagna, cosi' come enormi quantita' di droga sono nascoste nei container e viaggiano via mare.
 
 
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