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Cannabis, lettera al Governo: un cambio della normativa è urgente
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Articolo di Giorgio Gatti *
10 novembre 2012 10:39
 
Alla attenzione di:
Primo Ministro Mario Monti
Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera
Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero
Ministro della Giustizia Paola Severino

Gentilissimi membri del Governo Italiano,
tutti voi siete coinvolti in prima linea nella risoluzione di questa crisi economica.
Invio a Voi questa lettera aperta, affinché, anche in Italia, si possa finalmente dibattere della legalizzazione della cannabis, tema di grande attualità e di vasta portata, al punto da coinvolgere tutti i vostri ambiti e oltre.
Nelle recenti elezioni americane, in ben due stati si è votato per la legalizzazione della canapa, la regolamentazione della vendita per i maggiori di 21 anni, la tassazione della produzione e della vendita, nonché la regolamentazione del consumo. Questo è avvenuto negli Stati Uniti d'America, dove sono già diciassette gli stati nei quali l' uso di cannabis, per scopi terapeutici, è regolamentato. I referendum  approvati in Colorado e Washington sono espressione di una diffusa consapevolezza del fallimento della "War on Drugs", sancita dal fallimento dell'obbiettivo delle Nazioni Unite di eliminare la droga dal mondo in dieci anni con il piano approvato nel 1998; sono passati ben quattro anni dalla fine della verifica dei risultati della "guerra mondiale alla droga" e questi risultati sono stati disastrosi. Ad un aumento dell'accanimento nei confronti di narcotrafficanti e consumatori è corrisposto un aumento della violenza legata al traffico di stupefacenti illegali e un aumento dei consumi, specialmente tra le fasce più giovani, come dimostrato nell'ultimo rapporto al Parlamento Italiano sulle sostanze stupefacenti. Proprio la fascia più debole, i più giovani, quella per la quale si sarebbe dovuto avere un maggiore occhio d'attenzione, è risultata la categoria di individui che ha visto un maggiore aumento nel consumo. Quale peggior risultato di questo?
In realtà i risultati negativi di questa guerra ideologica di pochi canuti ipocriti, sono altri e molti, altrettanto dannosi per la società.
Sotto un punto di vista economico e di sviluppo, una riforma del testo unico sugli stupefacenti che preveda la possibilità della coltivazione di cannabis avrebbe lo stesso impatto di una importante riforma agraria. La coltivazione di cannabis potrebbe essere un volano sia per l'autoimprenditorialità, favorendo la crescita di piccoli coltivatori, che per la grande industria farmaceutica, energetica, edile, solo per citare alcuni dei settori dove la canapa potrebbe essere impiegata o dove, la ricerca su questa pianta, potrebbe offrire importanti contributi.
A livello internazionale, sono molti gli Stati che hanno abbandonato da tempo, con successo, le politiche meramente repressive; in Europa gli esempi sono tanti, dal Portogallo, all'Olanda, dalla Repubblica Ceca, alla Spagna al Portogallo e in nessuno di questi casi si è visto un aumento del consumo di stupefacenti tra i più giovani. A livello mondiale, le preoccupazioni sul fallimento del proibizionismo, hanno coinvolto, ormai da anni, tutto il Sud America, al punto di coinvolgere ex presidenti di Messico, Colombia e Brasile nella "Global Commission on Drugs"; in Uruguay si sta discutendo la legalizzazione della cannabis, così come è stata già approvata in Colorado e Washington.
Una legalizzazione della canapa produrrebbe nuovi posti di lavoro, genererebbe nuove entrate fiscali che potrebbero essere facilmente essere impiegate per politiche di prevenzione sull'uso di stupefacenti, migliori politiche di assistenza sociale e sanitaria. In un periodo in cui si chiedono sforzi agli Italiani, perché la politica si dovrebbe dimostrare "choosy" nei confronti di politiche che permetterebbero una maggiore efficienza fiscale e darebbero la possibilità di generare nuove entrate che potrebbero sostituire le imposte sui redditi degli Italiani?
L' emergenza carceri, che vede impegnato il Ministero della Giustizia, deve finire. Si stima che siano attorno al 30% i detenuti incarcerati per la attuale normativa in tema di sostanze stupefacenti. Semplicemente legalizzando la cannabis, la sostanza illegale più diffusa e trafficata al mondo, questo numero potrebbe scomparire, rendendo le carceri posti di espiazione delle colpe, non centri di recupero forzosi. Come è possibile, in oltre, che per la coltivazione di una pianta si rischi da 6 a 20 anni (!) di carcere, quando il falso di bilancio è depenalizzato (ed è un reato che può coinvolgere investitori internazionali; che sia anche uno dei motivi della scarsa credibilità internazionale acquisita dall'Italia in questi anni), lo stupro è punito fino ad un massimo di 10 anni così come l'associazione in concorso esterno per mafia. E' giustizia questa?
Il Consiglio dei Ministri ha approvato i documenti guida sulle politiche di contrasto alla diffusione di stupefacenti redatti dal DPA (dipartimento per la "propaganda" antidroga), documenti che sono esempi di falsificazione e menzogna. Come è possibile che, alla luce della crescente consapevolezza mondiale sul tema, questi documenti, possano ancora rappresentare la posizione dell'Italia a livello internazionale? Come è possibile che un Governo Tecnico non abbia ancora messo mano a correggere simili deviazioni?
E' urgente che, in qualità di Governo Tecnico, gli attuali rappresenti dello Stato modifichino le attuali normative in tema di sostanze stupefacenti, in particolar modo la cannabis, che portino alla luce un dibattito che coinvolga e spieghi i motivi della necessità di cambio di rotta. Il mondo è cambiato, è più consapevole ed è più aperto al cambiamento di quanto la vecchia classe politica dirigista, ormai al tramonto, possa ancora credere.

* Dr. Giorgio Gatti
Consulente in sviluppo economico ed economia della sicurezza pubblica
Blog: http://scrivialtuodirettore.blogspot.com/
 
P.S.: Invito chiunque a copia-incollare la lettera e ad inviarla agli indirizzi di posta elettronica di ministri e segreterie per fare sentire le Nostre voci. Siamo tanti, facciamoci sentire, è giusto che ci ascoltino.
 
 
 
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