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Canapaio Rappaz. Prosegue la vicenda giudiziaria
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Articolo di Rosa a Marca
30 agosto 2010 17:34
 
Il Tribunale federale svizzero sostiene che lo Stato non può sottostare a ricatti, così il canapaio torna in carcere, ma riprende lo sciopero della fame.

Come previsto, il 26 agosto la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso presentato da Bernard Rappaz che chiedeva d'interrompere l'esecuzione della pena. I cinque giudici della più alta istanza giudiziaria svizzera lo hanno respinto, sostenendo che la pena dev'essere scontata in un'unica soluzione e che nel caso in questione non sussistano le condizioni per interrompere la condanna. Secondo la sentenza, un'interruzione della pena è giustificata soltanto da motivazioni gravi, ad esempio quando non sia possibile curare un detenuto né in prigione né in un reparto ospedaliero riservato ai carcerati. Ma questa condizione non si attaglia a Rappaz. In più, la Corte riconosce il diritto delle autorità cantonali di procedere all'alimentazione forzata qualora il condannato dovesse di nuovo ricorrere allo sciopero della fame e le sue condizioni fossero tali da comprometterne seriamente la salute.
In seguito alla sentenza, Rappaz ha dovuto lasciare il suo domicilio di Saxon nel Canton Vallese dove scontava temporaneamente la pena, ed è stato riportato in carcere. Il 30 agosto, la sua avvocata, Aba Neemen, ha comunicato che Rappaz ha ripreso lo sciopero della fame appena tornato dietro le sbarre. Ha aggiunto che sul piano giuridico non c'è molto da fare fino a che non siano pubblicate le motivazioni della sentenza. Comunque sarebbero almeno due le strade percorribili: inoltrare ricorso alla Corte Europea dei diritti umani e la possibilità di un effetto sospensivo nell'ambito della domanda di grazia inoltrata al parlamento del Canton Vallese, che se ne occuperà a novembre.
 
 
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