Capita, in ogni Paese, che, sulla spinta emotiva di una qualche emergenza, si facciano leggi piuttosto drastiche, con i migliori fini nei confronti della popolazione. Capita anche che, passata l’emergenza, il legislatore si "dimentichi" della legge, e questa diventi una clava. Negli Usa, precisamente nell’Illinois, e’ successo questo con la legge per fronteggiare l’emergenza crack, nel 1986. La legge era nata con l’intento di fermare l’uso di crack (che si presentava come una pericolosa droga economica che poteva divenire un’epidemia nelle comunita’ afroamericane, e che per questo fu appoggiata anche dagli attivisti per i diritti dei neri), e prevede che le pene per i reati legati al crack siano anche 100 volte superiori a quelle commesse per la cocaina nella forma tradizionale in polvere, e che i minorenni incriminati per reati connessi al crack (quindi anche il solo possesso) a 300 metri da qualsiasi scuola o edificio pubblico (il che in una grande citta’ equivale a dire "ovunque") vengano giudicati dalle corti "per adulti". Bisogna dire un’altra cosa: il crack e’ usato principalmente dalle comunita’ nere. I bianchi preferiscono usare la cocaina in polvere. Quindi i dati vanno letti non tanto come legati alla discriminazione razziale, ma ad una sproporzione nelle pene tra due forme dello stesso reato e, per giunta della stessa sostanza. Prima dell’entrata in vigore di questa legge, nel 1985, furono arrestati 88 giovani bianchi e 31 neri per spaccio di sostanze stupefacenti. Nel 1999 i giovani bianchi erano 64, i neri 469. Risulta inoltre che tra i giovani bianchi tra i 12 e i 17 anni il consumo di droghe sia’ superiore di un terzo, e che i giovani neri rappresentino il 15% della popolazione giovanile dell’Illinois, ma il 59% dei giovani arrestati per droghe. Ma nello stesso tempo, l’85.5% dei giovani arrestati e trasferirti nei tribunali per adulti sono neri, che rappresentano l’88% di quelli imprigionati per reati connessi alle droghe.