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Usa. L'azienda fallisce, ma c'e' chi ci guadagna
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Articolo di Alessandro Garzi
29 settembre 2003 19:11
 
Cosa succederebbe in un'azienda che, da trent'anni, avesse un bilancio in perdita continua, dove tutti i dati dimostrassero che la politica aziendale e' disastrosa, rispetto a tutti i concorrenti, e che avesse bisogno di continui finanziamenti per poter andare avanti e perdere sempre di piu'?
Probabilmente, l'azienda in questione, non avrebbe aspettato tutti questi anni a cambiare politica a 180°, oppure a chiudere.
L'azienda della "war on drugs" americana, invece, nelle condizioni di cui sopra, e' quella che "vanta il maggior numero di imitazioni".
Eppure i dati sono incontrovertibili: solo nell'anno 2000, i detenuti negli Usa erano piu' di 2 milioni, per l'esattezza, 2.071.686, buona parte dei quali stanno scontando sentenze di droga spropositate inflitte negli anni '80.
Diverse centinaia di migliaia di quei detenuti, sono in prigione per i reati che vengono definiti "non-violenti", correlati proprio alle droghe.
Il numero di detenuti, di per se' non e' molto significativo, se non aggiungiamo che, gli Usa, hanno il 5% della popolazione mondiale, ma il 25% della popolazione carceraria del globo.
In totale, negli Stati Uniti, 700 persone su 100.000 abitanti, sono in galera. L'Unione Europea ne conta meno di cento per la stessa cifra, la Repubblica Popolare Cinese (che non e' nota al mondo come terra di diritti e liberta' personali), e' a quota 103.
Prima che Reagan lanciasse la "war on drugs", con tanto di slogan "just say no to drugs", coniato dalla moglie, il 16,3% dei detenuti americani nel 1985 era stato condannato per droga. Poi, con la campagna del presidente e signora in corso e l'emergenza crack, le pene furono alzate in modo spropositato, per arrivare alla bellissima cifra del 56% di detenuti per droga nel 2001.
Il numero di arresti per droga, negli ultimi trent'anni e' schizzato verso l'alto, da 26 su 100.000 persone del 1968, a 615 per 100.000 persone nel 1998.
Le sostanze stupefacenti in giro, non sono mai diminuite.
Questi dati, sono a conoscenza di tutti, ma il sistema non cambia, anzi, per "mandato" dell'Amministrazione Bush, nella California che pure aveva votato un referendum in proposito nel 1996 e che vede tutti i candidati alla carica di governatore d'accordo sul tema, si vanno a perseguire per legge i malati che usano la marijuana come medicinale.
Perche' le varie amministrazioni Usa (compresa quella democratica di Clinton) non hanno risistemato la questione?
Perche' nell'azienda in perdita si continua, nonostante tutto a perdere ed a dire che funziona?
La risposta la prova a dare Neal Pierce, su un'editoriale scritto per il quotidiano "Seattle Times", e si compone di una sola parola: lobby.
Le lobby, dice Pierce, sono sempre entrate nella strategia antidroga, fin da quel Marijuana Tax Act del 1937, che dovette essere preceduto da quindici anni di campagne di stampa sulla "pazzia da spinello".
Adesso, le lobby sono costituite dalle forze di polizia, che vedono, con una maggiore "emergenza" aumentare i propri budget, ed a chiedere ai politici leggi piu' severe contro la droga per giustificare tali aumenti. E le leggi fanno contenta un'altra lobby, quella dei procuratori e degli avvocati, che grazie ai casi di droga non resteranno mai senza lavoro, e le sentenze durissime, e l'aumento della popolazione carceraria, fa felice un'altra lobby ancora: quella dei costruttori di prigioni, che fanno costituire in lobby, coloro che ci lavorano dentro: spesso le prigioni di massima sicurezza vengono costruite in aree depresse per favorire l'occupazione delle persone locali, nel ruolo di guardie e di personale di servizio. In alcune aree, come le zone depresse dello Stato di New York, la costruzione di un carcere e' una manna per gli abitanti.
Ma come se non bastasse, le polizie locali, adesso gestiscono in proprio i proventi dei sequestri dei beni dei trafficanti. In pratica, dice Pierce, gli sceriffi guadagnano direttamente dai raid antidroga, una pratica che solleva diversi dubbi di carattere etico e costituzionale.
Per "alleggerire" la questione droga, due economisti della Florida State University hanno lanciato un'idea: revocare le leggi federali e lasciare solo quelle che riguardano, ad esempio, il commercio di droga attraverso gli Stati, e di decentralizzare la "war on drugs" a livello dei singoli Stati, mettendo i politici, le agenzie, e le polizie locali, di fronte ai risultati delle loro politiche. Inoltre, si deve tenere conto che solo la marijuana ha un consumo costante in tutto il Paese, per le altre droghe i dati cambiano sensibilmente da Stato a Stato. E situazioni diverse hanno bisogno di politiche diverse.
Una legge del genere, si chiedono i due, porterebbe ad una legalizzazione delle droghe? Probabilmente no, o almeno no nella maggior parte degli Stati: le stesse lobby di cui sopra agirebbero comunque anche se in campo ridotto, ed avrebbero un peso senza dubbio piu' piccolo.
 
 
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