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Italia. Ma le leggi vanno cambiate o no?
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Articolo di Vincenzo Donvito
4 ottobre 2003 16:34
 
L'antiproibizionismo e' di sinistra? Sinceramente non lo so. Cosi' come non so se il proibizionismo sia di destra. O se la liberta' sia di destra o di sinistra, o se l'essere umano sia nato buono o cattivo.
E' il dubbio che mi e' venuto leggendo il comunicato del Gica (Galassia Intervento Creativo Antiproibizionista), dove al loro modo di essere contro le attuali leggi italiane sulle droghe (un modo come un altro di essere contro la stupidita' del proibizionismo), hanno dato vita a questa "Galassia" "aperta al contributo creativo di tutti coloro che vivono linguaggi comunicativi, la galassia interagira' con tutti i soggetti che si oppongono alla terribile legge e alle barbarie istericoproibizioniste tranne che con i radicali e gli accasati vari coi Casaliberisti perche' ovviamente: NO WAR ON DRUG - NO WAR - NO WAR FOR OIL - NO OIL !".
Va boh -mi sono detto- ognuno si allea con chi gli pare e piace, a maggior ragione se fa un gruppo specifico, in cui la lotta contro le attuali leggi sulle droghe e' solo una parte di una piu' ampia strategia (war, oil .).
Ma mi sono anche chiesto -pensando al passaggio culturale epocale che il nostro Paese dovrebbe fare nel caso di un riconoscimento istituzionale del fallimento della "war on drugs"- cosa succederebbe nel caso in cui ci dovesse essere un incontro tra gli antiproibizionisti di questo gruppo e i manifestamente respinti radicali e "casaliberisti". Sicuramente un "déjà vu", come in occasione di una manifestazione a maggio dell'anno scorso a Roma, dove quelli che sicuramente oggi sono in questa "Galassia" tentarono -per fortuna con insuccesso- anche lo scontro fisico con i radicali . che non fecero nulla per non provocarli . e con tanta soddisfazione dei fautori delle attuali leggi.
E quindi ancora una domanda, quella del titolo di questo articolo: ma le leggi vanno cambiate o no?
E mi e' venuto in mente quando per la prima volta andai a votare. Nel 1974, quando la maggiore eta' era ancora a 21 anni, e diedi un voto con una soddisfazione che non dimentichero' mai: era per respingere la richiesta di abrogazione della legge sul divorzio. Una vittoria e una maggioranza che fu raccolta tirando in barca tutti quelli che non volevano dare infelicita' a chi l'aveva riconquistata grazie a quella legge, e lasciare questa possibilita' per quelli a venire. Festeggiando la vittoria, mi trovai per le strade di Roma ad abbracciarmi per la felicita' con le persone piu' incredibili, le piu' lontane e ostili a non pochi dei granitici convincimenti di un giovane di 21 anni che disdegnava -su se stesso- quel concetto di famiglia che la vittoria sul referendum aveva rafforzato. E quella legge sul divorzio -che proprio non mi piaceva e continua a non piacermi- rimase, consentendoci oggi di essere i partigiani per una sua semplificazione nei tempi e nelle procedure. L'incontro Chiesa romana / Stato non era piu' un fatto ineluttabile da accettare come l'aria che si respirava.
Credo sia chiaro il collegamento di questo mio ricordo con cio' di cui sto parlando qui. Perche' e' li' che bisogna pensare quando si intende modificare le leggi sulle droghe, con l'aggiunta della non secondaria difficolta' del contesto internazionale in cui cio' potrebbe e dovrebbe accadere (non sono noccioline le "minacce" Usa al Canada per il fatto che in quel Paese hanno legalizzato la cannabis terapeutica e che c'e' aria di depenalizzazione del possesso di una certa quantita' per uso ludico).
Per cui ognuno si faccia il gruppo che crede, ma se non considera questa necessita' di non chiusura anche a coloro che gli sembrano piu' lontani in altre materie, si va poco lontani: nel senso che si potra' avere un gruppo forte, bello, simpatico, numeroso, considerato, benefico negli ideali di cui si fa paladino, ma se questi ideali non si inseriscono in una strategia legalizzatoria (che non puo' riguardare, per esempio, anche l'attuale ministro della Difesa Antonio Martino), serviranno solo a star bene con se stessi -magari continuando a farsi una canna con il gusto di stare commettendo un atto illegale- ma le leggi non solo rimarranno quelle che sono, ma chi le vuole piu' dure avra' ancora piu' spazio.
E qui mi concedo una disgressione per cercare di capire meglio perche' si manifestino certe istanze liberatorie, ma con strategie che porterebbero con alta probabilita' solo ad effetti contrari rispetto a quelli desiderati (spero che alcuno creda che tutti coloro che vogliono cambiare le leggi sulle droghe, alla fine, non potrebbero che allinearsi al pensiero totale di questo o quell'altro gruppo .). Ed e' sull'antiproibizionismo, che, nei termini in cui alcuni cercano di farlo passare, assomiglia sempre di piu' all'antifascismo, all'anticomunismo, all'antiamericanismo, all'antislamismo, cioe' alla politica dell'anti: quella di riconoscere la propria identita' solo perche' si e' contro qualcosa. Lo stesso errore, a mia vista, che fanno gli estimatori del pensiero di Gandhi, quando traducono la strategia politica del Mahatma -il Satyagraha- in "nonviolenza" o, peggio, "non-violenza".
L'impegno per modificare delle leggi che, oltre a fare danni, limitano la liberta' degli individui di disporre di se stessi, credo sia proprio il contrario di una ideologia "anti". Cioe' non e' una ideologia, ma solo, per l'appunto, un impegno, una strategia per far si' che varie ideologie e correnti di pensiero possano convivere nel reciproco rispetto. Aver portato questo impegno al livello di scontro che gli altri "anti" che ho ricordato hanno nel contesto nazionale e internazionale, credo non giovi alla causa liberatoria, ma solo ad essere contenti della bellezza della propria ideologia.
 
 
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