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Italia. La situazione sanitaria nelle carceri e il passaggio di competenze dalla Giustizia alla Salute
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22 aprile 2002 19:19
 
Degli oltre 53mila detenuti in Italia, ospitati in strutture carcerarie che in realta' dispongono di 40mila posti, circa 4mila soffrono di gravi disturbi psichici, altri 4mila sono sieropositivi. Inoltre la stragrande maggioranza della popolazione detenuta e' rappresentata da tossicodipendenti e immigrati. Per ogni istituto di pena e' previsto un solo psichiatra, al massimo due in quelli piu' grandi; il tempo dei colloqui con gli psicologi non supera in media i 22 minuti al mese. Il personale sanitario penitenziario conta in totale 6.612 addetti, tra medici, infermieri e psicologi, molti dei quali precari.
Il quadro sulla salute nelle carceri arriva dagli operatori del settore riuniti in un convegno, oggi a Roma, dedicato al tema, nel corso del quale hanno sottolineato "l'emergenza" della situazione e la necessita' di una rapida e completa attuazione del decreto 230/99, "nel rispetto del diritto alla salute" per i detenuti e degli stessi livelli di prestazione.
In particolare, il testo di questo decreto ha stabilito il passaggio delle competenze sanitarie relative ai detenuti e agli internati dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, passaggio che oggi e' gia' avvenuto per i tossicodipendenti in carcere. Per le altre funzioni, invece, e' in corso una fase sperimentale in sei regioni (Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna, Molise e Campania). Entro il 30 giugno verra' fatta la verifica di tale fase di passaggio, con il conseguente trasferimento del personale tra Governo e Regioni. "C'e' l'impegno e la volonta' del ministero", ha assicurato il sottosegretario alla Salute, Antonio Guidi, intervenuto al convegno, di dare applicazione al decreto 230. "Esso va applicato in pieno e cio' puo' avvenire solo in concerto con le Regioni e chiedendo un finanziamento aggiuntivo, in modo che anche certe figure professionali superino la condizione di precarieta'". Perche' "e' inaccettabile che in un Paese civile, vi siano troppo spesso delle pene aggiuntive alla reclusione. Quello che il carcere non sta garantendo e' la salute dell'ospite recluso. Cosi' come e' il carcere fa male alla salute. Deve ospitare non punire".
"Oggi parliamo di emergenza -ha spiegato Rino Giuliani, vicepresidente dell'Istituto Fernando Santi, un'associazione che si occupa di emigrati e che ha organizzato l'incontro- perche' ancora non viene rispettato il principio costituzionale secondo cui i cittadini devono avere dentro e fuori le carceri la stessa tutela sanitaria".
Nel convegno e' stato annunciato che lunedi' 29 aprile si insediera' il Comitato per il monitoraggio e la valutazione della fase sperimentale del trasferimento delle funzioni sanitarie avviata nelle sei regioni e conclusa in tre (riunira' sei rappresentati ministeriali e tre regionali), che avra' il compito di analizzare l'operato e apportare correttivi e integrazioni. "Siamo soddisfatti -ha commentato Sandro Libianchi, del Coordinamento nazionale operatori per la salute mentale nelle carceri- si tratta di una svolta epocale. L'unica perplessita' e' il fatto che alcune Regioni abbiano escluso dai propri piani di zona il carcere".
 
 
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