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Italia. Roma: carcere di Rebibbia con telefonini e droghe
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Notizia 
1 luglio 2002 20:33
 
Telefoni cellulari che entrano ed escono dal penitenziario di Rebibbia consentendo ai detenuti di fare telefonate senza controllo, droga ai carcerati, maglie considerate decisamente troppo larghe per un carcere di massima sicurezza: tante indagini separate che stanno confluendo in un'unica inchiesta della procura di Roma, anche in seguito alla clamorosa evasione di Gioacchino Gammino.
Che in carcere entrassero gli stupefacenti lo sapevano tutti, e in piu' di un'inchiesta ci sono testimonianze su numerosi casi in cui la droga ha oltrepassato i cancelli senza neanche troppe difficolta'. E' pero' piu' inquietante -dicono in ambienti giudiziar - "che qualche detenuto, forse 'eccellente', forse anche particolarmente pericoloso, abbia avuto la possibilita' di comunicare con l'esterno senza controllo e, perche' no?, anche di organizzare un'azione criminosa pur essendo in regime di detenzione".
In procura sull'argomento vige il massimo riserbo, ma c'e' chi non si trattiene dal definire 'scandalosa' l'evasione di Gioacchino Gammino, avvenuta cinque giorni fa dal carcere di Rebibbia, "anche perche' un carcerato di quel livello di pericolosita' avrebbe dovuto essere sottoposto al regime previsto dal 41 bis, cioe' il cosiddetto carcere duro".
Nei giorni scorsi, dopo la fuga di Gammino, i sindacati degli agenti di polizia penitenziaria avevano denunciato ancora una volta la grave situazione relativa alla sicurezza del penitenziario a causa della mancanza di personale. Il giorno dell'evasione, e' stato fatto notare, su circa quaranta persone che si trovavano nell'area verde per le visite, vigilavano soltanto due guardie.
Il caso dei cellulari e della droga in carcere era gia' esploso all'inizio del 1998, quando numerose persone furono arrestate, tra cui alcune guardie carcerarie, in seguito alla morte di un detenuto per overdose e al ritrovamento di un telefonino nella cella di un detenuto per spaccio di stupefacenti. Dell'inchiesta si occuparono il pm romano Francesco Polino e la squadra mobile della capitale.
Gli inquirenti scoprirono che a portare la droga e il cellulare sarebbe stato l'avvocato Maurizio Di Paola per il quale il processo e' tuttora in corso. L'inchiesta scaturi' dalla morte di un tossicodipendente, Giulio Potenziani, che si senti' male insieme con un altro detenuto, fu ricoverato, riportato in cella e trovato morto la mattina dopo.
Partirono le intercettazioni e si risali' sia agli spacciatori sia a chi aveva consentito che in carcere entrassero la droga e il telefonino.
"La droga in carcere continuera' ad entrare sempre, i detenuti sono clienti troppo appetibili, a Rebibbia ne fa uso il 40 per cento dei giovani carcerati. Gli spacciatori la fanno entrare anche gratis: una volta usciti i detenuti tossicodipendenti continueranno a farne uso e la venderanno anche loro". E' il commento di un cappellano del carcere romano, don Sandro Spriano, alle indagini della procura di Roma su telefonate facili e droga a Rebibbia.
"Anche in un carcere di massima sicurezza esistono piccole falle e un sistema per far entrare droga e telefonini si trovera' sempre", ha aggiunto il sacerdote, il quale ha spiegato che da mesi a Rebibbia i parenti in visita ai carcerati vengono controllati anche da cani anti-droga.
Comunque don Sandro Spriano, profondo conoscitore della vita di un penitenziario con trent'anni di assistenza ai detenuti, si e' detto 'stupefatto' dell'evasione di Gioacchino Gammino.
 
 
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