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Usa. Lo stato delle riforme delle leggi sulle droghe
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Articolo di a cura di Katia Moscano
20 settembre 2003 11:02
 
Riportiamo uno stralcio di un articolo di Silja J.A. Talvi*, pubblicato su Alternet.org

Il responsabile della politica sulle droghe della Casa Bianca, John Walters, non e' un uomo che fa molti discorsi, ma quando c'e' da parlare della marijuana e' particolarmente ispirato. Nel suo tour in 25 citta' del Paese ha dichiarato che il suo compito e' quello di combattere le tossicodipendenze, ma soprattutto quella sostanza. Vuole contrastare quelle che egli stesso definisce "le bugie" e cioe': l'uso della droga e' divertente e che si puo' controllare, ma chi la consuma capisce che sono, appunto, bugie, quando e' troppo tardi.
Nella conferenza tenuta nella citta' di Seattle contro l'esito positivo del referendum cittadino sulla I-75, ha definito la proposta referendaria uno "scherzo". "Penso che Seattle sia una responsabile e sensibile citta' come molte altre, e credo che i votanti prenderanno la giusta decisione solo se verra' data loro una corretta informazione". I proponenti e i sostenitori della legge, tra i quali la ACLU di Washington, la League of Women Voters di Seattle e l'associazione dell'ordine degli avvocati, hanno pensato la medesima cosa e gli elettori hanno avuto piu' fiducia in loro che non negli avvertimenti di Walters: la I-75 e' stata approvata lo scorso 16 settembre con il 59% dei voti contro il 41% dei contrari. Come ha dimostrato il rapporto della Drug Policy Alliance, e' dal 1996 che stanno avvenendo i cambiamenti piu' importanti sulla politica delle droghe. "La I-75 e' solo una conferma di quanto sta avvenendo. La maggioranza delle persone vuole affrontare il problema della droga in termini di sanita' e diritti umani, non in quelli di giustizia penale", ha commentato un responsabile della DPA.
I cambiamenti sulle leggi sono iniziati in Arizona, quando nel 1996 fu approvata la Proposition 200 che comminava un trattamento rieducativo invece della prigione per i crimini legati alla droga commessi per le prime due volte. Dopo fu la volta della California, con la Proposition 36.
Una politica fiscale piu' consapevole ha dato il via alla riflessione che ogni detenuto tossicodipendente costava al contribuente 30 mila dollari l'anno, tanto che quelli delle Hawaii e dell'Indiana conclusero che con solo 4 mila dollari all'anno riuscivano a pagare una cura disintossicante invece della pena detentiva. Le riforme non sono derivate solo da interessi fiscali, ma perche' si e' iniziato a pensare anche in termini di compassione e diritti civili. Per questo sono state approvate leggi in Alaska, California, Colorado, Hawaii, Maine, Nevada, Oregon e Stato di Washington che consentono il consumo della marijuana a fini terapeutici; riforme che hanno resistito agli attacchi del Governo federale e della Drug Enforcement Agency.
Nel 1996 la riforma federale del walfare promossa dall'Amministrazione del presidente Bill Clinton ha messo fine all'assistenza per chiunque fosse condannato per crimini commessi sotto l'influenza di droga. In risposta i cittadini e i legislatori del Colorado, del Connecticut, delle Hawaii, della Luisiana, del Nevada, del New Mexico e dello Stato di Washington hanno approvato leggi che consentono l'applicazione parziale di quella riforma, perche' percepita troppo e inutilmente rigida. Se i criminali che hanno commesso rapine e omicidi possono usufruire dell'assistenza pubblica, perche' i drogati sono cosi' demonizzati e puniti?
Nello Stato di Washington, sono state varate 6 riforme sulla politica delle droghe dal 1996 al 2002, inclusa la recente legge che diminuisce le sentenze per crimini non violenti commessi sotto l'effetto di sostanze illecite. Lo Stato ritiene di risparmiare 50 milioni di dollari e di convertirli in piani di trattamenti di recupero.
Senza dubbio alcuno, migliaia di persone del ceto borghese, i quali usano le sostanze a scopo ricreativo e i venditori sono stati "toccati" dalla guerra alla droga , ma mai quanto quelli dei ceti inferiori. Ricerche del Justice Policy Institute (JPI) rivelano che nel 1999, un americano su 10 -bianco e maschio- interrompeva la scuola, e la meta' di quelli afro-americani aveva annotazioni sulla fedina penale prima di compiere il trentesimo anno di eta'. Quasi il 70% dei carcerati dell'intera nazione non ha conseguito il diploma di scuola superiore. Ha affermato il direttore e ricercatore del JPI Jason Ziedenberg, co-autore con il professore di sociologia dell'universita' di Princeton, Bruce Western del rapporto Education and Incarceration: "Se vogliamo combattere la criminalita' dobbiamo convertire la prigione in programmi rieducativi e opportunita' di studi".
Il problema della carcerazione e' divenuto cosi' importante che anche il giudice della Corte Suprema Anthony M. Kennedy -conservatore, nominato alla carica dal presidente Ronald Reagan- e' intervenuto pubblicamente nella conferenza annuale dell'associazione degli avvocati, spronando a fare pressione sul Congresso perche' abroghi l'obbligatorieta' della sentenza minima: "Non posso accettare ne' la necessita' ne' la visione della sentenza minima obbligatoria. Il nostro sistema e' piu' il prodotto di negligenze che di proposte".
Di queste ingiustizie razziali e di ceti sociali non si e' occupato Walters nella sua recente visita pre-referendaria. Egli ha impiegato le sue energie per spiegare come "grandi interessi finanziari" abbiano influenzato, negli ultimi decenni, gli americani sulla innocuita' della marijuana e ha rimarcato come la I-75 sia un sottile sforzo per arrivare alla legalizzazione di tutte le droghe. I suoi strali sono diretti verso tre persone che hanno dedicato molto del loro tempo e del loro denaro per promuovere le riforme sulla droga: il banchiere milionario George Soros, John Sperling della University of Arizona e Peter Lewis, capo della Progressive Auto Insurance dell'Ohio. Quest'ultimo ha anche sostenuto la I-75, insieme alla Marijuana Policy Project (MPP).
Bruce Mirken, della MPP, risponde che le accuse di Walters sulla influenza dei grandi gruppi finanziari, sostenendo che sono ridicole: "L'ufficio Unodc dell'Onu spende in campagne pubblicitarie in una settimana quello che la MPP spende per tutte le iniziative, in un anno". Lo zar anti-droga critica anche i tre per il coinvolgimento in quelli che lui definisce "esperimenti di politica pubblica", e per questo e' stato piu' volte sfidato a dibattiti pubblici, ma l'invito lo ha sempre ignorato. Con una mossa inaspettata la MPP ha invitato Walters ad un dibattito televisivo. Non si conosce ancora la risposta.

*giornalista del Seattle-based ColorsNW Magazine, rivista che si occupa di culture etniche, con numerosi articoli pubblicati in varie testate nazionali
 
 
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