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Ue. L'Europa non ha un linguaggio comune sulla droga
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Articolo di Vincenzo Donvito
15 maggio 2004 19:16
 
Compitino. Prendete un consumatore di cannabis. Fatelo incappare in un poliziotto olandese. Con meno di cinque grammi in tasca, non accadra' nulla. Prendete un secondo poliziotto. Svedese. Per aver fatto un tiro ad uno spinello, lo stesso consumatore rischia fino a tre anni di prigione. Ed ora prendete entrambi i due poliziotti e tentate di far loro adottare una politica comune. Ecco il tipo di problema che si sono posti, lo scorso lunedi' 10 e martedi' 11 maggio a Dublino, 200 esperti dei 25 Paesi dell'Unione Europea, riuniti a porte chiuse per gettare le basi della strategia europea antidroghe degli anni prossimi.
In linea generale due visioni si sono confrontate.
Quella repressiva, la Svezia. Stoccolma fa la guerra alla droga e ai drogati, e respinge qualunque politica di riduzione del danno.
Quella liberale, l'Olanda, con i suoi coffee-shop e le sue esperienze pilota.
Il lassista e il buon soldato? La Svezia e' certamente uno dei Paesi in cui si fuma meno la cannabis. Ma ha registrato oltre 400 morti per overdose nel 2003, quattro volte di piu' rispetto al 1995 e quattro volte di piu' rispetto alla Francia, che e' sei volte piu' popolata della Svezia. L'Olanda, invece, ha il numero piu' basso di tutta Europa di consumatori di droghe per via endovenosa. L'Italia, che da tempo e' tra i Paesi con la legislazione piu' liberale, a Dublino si e' avvicinata alle posizioni della Svezia. Quanto all'asse franco-tedesco, e' in fase di nascita, dice Didier Yayle, presidente del Mildt (Mission Interministérielle de lutte contre le drogues et les toxicomanies), che rappresentava il Governo francese all'incontro. I due Paesi hanno difeso "un approccio centrato sui comportamenti piuttosto che sui prodotti", valorizzando, per esempio, le terapie farmacologiche che distraggono rispetto all'uso delle sostanze. Nella pratica poi, la Germania ha un approccio piu' liberale che non la Francia.
Altro fantasma che si aggirava nell'incontro, le conseguenze dell'allargamento dell'Unione. "A est dell'Unione, ci sono ormai dei Paesi che hanno i maggiori problemi di Aids -dice sempre Didier Jayle. E questo virus, piu' che le droghe, non considera le frontiere. C'e' bisogno di molta solidarieta' verso i nostri vicini per aiutarli a sviluppare una riduzione dei rischi". "L'Europa dell'Est e la Comunita' degli Stati Indipendenti hanno uno dei maggiori tassi di sviluppo dell'Hiv/Aids, tra i piu' veloci del mondo", si legge in un rapporto delle Nazioni Unite dello scorso mese di febbraio. Si conta gia' un milione di portatori del virus nella sola Russia, l'80% dei quali sono diventati tali grazie a droghe iniettate per via endovenosa. "Di fronte all'ineluttabile sfida dell'allargamento -dice Georges Estievenart, direttore dell'Emcdda (Osservatorio europeo delle droghe e della tossicodipendenza)- l'Unione dispone solo di una competenza diffusa, frammentata e flebile, che e' sottoutilizzata per questioni di volonta' politica".
Politicamente, l'arrivo dei nuovi membri non dovrebbe scombussolare le carte. "Per schematizzare, questi hanno grossomodo un approccio piu' repressivo, ma le loro leggi sono state approvate sotto il condizionamento dell'Occidente", dice Christopher Luckett, del gruppo Pompidou (organo del Consiglio d'Europa incaricato delle politiche sugli stupefacenti), che ha partecipato all'incontro di Dublino. "I nuovi membri sembrano piu' disponibili a politiche alternative, ma non hanno ancora cominciato a farlo notare. Per il momento si lasciano guidare", dice Joep Oomen, membro della Ong antiproibizionista Encod, invitata per la prima volta all'incontro.
Il calendario dei lavori ha giocato in favore del "gruppo liberale". Gli olandesi avranno la presidenza di turno dell'Unione quando il Consiglio europeo di dicembre dovra' adottare la nuova strategia. Strategia che gli stessi olandesi hanno tutte le intenzioni di portare avanti e su cui stanno gia' lavorando: se l'incontro di Dublino e' stato organizzato dalla presidenza irlandese di turno, nei retroscena "sono gli olandesi che hanno preparato tutto", dice un partecipante che rimane anonimo. Infine, una volta che la strategia sara' adottata, la presidenza del Lussemburgo dovra', agli inizi del 2005, stabilire un piano d'azione per metterla in opera. "Ora, siccome e' un miracolo se i lussemburghesi hanno due alti funzionari specializzati in materia di droghe, di conseguenza dovranno necessariamente appoggiarsi agli olandesi -dice un altro partecipante sempre anonimo-. Il problema e' che quando l'Olanda avanza una qualunque proposta, alcuni Paesi tra quelli piu' repressivi, di riflesso vi vedono subito una depenalizzazione mascherata".
Al di la' delle divergenze. Dublino ha permesso di confermare una certa sensibilita' europea sul problema delle droghe, sempre piu' orientata verso un approccio sanitario. La riduzione del danno piuttosto che la guerra alla droga cosi' come la conducono gli Usa e la Russia. "A livello mondiale questo andazzo e' relativamente isolato. Noi dobbiamo cercare di avere una sola voce", dice Luckett. "A Dublino l'Europa, privilegiando un approccio pragmatico basato sulla salute pubblica, la prevenzione e l'educazione, ha indicato la via da seguire", dicono al "Consiglio di Senlis", un centro internazionale di riflessione sul problema delle droghe. "Tuttavia, in pratica, gli uomini politici sembrano in assoluta divergenza con queste soluzioni, e non sono consapevoli del fallimento delle politiche esclusivamente repressive". "L'Unione non ha il compito di avere in materia una politica unica -conclude Luckett-. Ma deve creare un punto di riferimento a cui i singoli Stati e amministrazioni locali devono rapportarsi per le loro leggi e norme. Non sara' mai imposta la politica olandese in Svezia, ne' il contrario".
Ecco, quindi, che i nostri due poliziotti da cui siamo partiti, possono stare tranquilli.
 
 
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