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The New York Times contro il presidente colombiano Alvaro Uribe
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Articolo di Donatella Poretti
6 luglio 2005 15:01
 
Accuse e repliche con toni aspri tra il quotidiano statunitense The New York Times e il presidente colombiano Alvaro Uribe sulla legge che dovrebbe portare alla smobilitazione dei gruppi armati illegali, la Ley de Justicia e Paz.
"Dovrebbe chiamarsi Legge di Impunita' per assassini, terroristi e narcotrafficanti" accusava il NYT in un editoriale titolato "La capitolazione della Colombia". I paramilitari si leggeva "hanno assassinato migliaia di persone, controllano il 40 per cento della cocaina che esce dalla Colombia e gli Stati Uniti hanno richiesto l'estradizione di diversi dei loro capi... il Dipartimento di Stato considera terroristi i paramilitari". "La nuova legge riflette il considerevole potere politico dei paramilitari", "blocchera' l'estradizione dei leader paramilitari ricercati per narcotraffico negli Usa e gli permettera' di continuare con i loro affari della droga, delle estorsioni, dei furti di terre e delle altre attivita' criminali senza essere disturbati". L'accusa si rivolge anche sul fronte interno deplorando non solo che la Casa Bianca non abbia fatto pressioni sul Governo colombiano perche' "approvasse un buon progetto di legge", ma aggiunge anche che l'ambasciatore Usa a Bogota' William Wood "ha sostenuto con entusiasmo la nuova legge, dando il sostegno di Washington alla capitolazione della Colombia verso una mafia terrorista".
La replica del presidente e' arrivata con toni pacati, quasi pedagogici, quando a Neiva, celebrando la Giornata della gioventu', ha spiegato che "i governi vanno giudicati per i risultati, non per le critiche provenienti dalla cattiva informazione". "Non voglio dare una risposta generica, astratta, ne' voglio uno scontro. Sono molto rispettoso della stampa nazionale e internazionale". Il presidente tuttavia ha fatto una minuziosa difesa della legge. Per Uribe e' una "legge credibile", "una legge equilibrata", che beneficia allo stesso modo guerriglieri e paramilitari che siano intenzionati a lasciare le armi e la lotta armata. "Tutti questi gruppi, guerriglieri e paramilitari, sono legati alla droga. E' difficile fare un processo di pace quando c'e' la droga in mezzo. Che facciamo davanti al Paese, davanti al mondo? Per prima cosa, si e' ripetuto che il delitto politico non puo' essere connesso con il delitto del narcotraffico. Questo e' stato un dibattito ingiusto e si e' fatta una disinformazione. Perche' dal momento in cui la Colombia e' divenuta un Paese firmatario della Convenzione di Vienna, ha acquisito l'obbligo di non permettere la connessione secondo cui al delitto del narcotraffico si potrebbe dare una spiegazione di intenzionalita' politica. Questo si era eliminato". Per difendere il processo di pace ha ricordato l'indulto che venne fatto con M19 alla fine degli anni Ottanta, "alla fine molti di coloro che avevano commesso delitti atroci passarono ad essere senatori o rappresentanti alla Camera o componenti dell'Assemblea Costituzionale". Altri tempi, ricorda Uribe, che portarono a quella legge in cui anche chi aveva commesso atroci reati non fini' mai in carcere, o al massimo sconto' una pena di 22 mesi, mentre oggi con la Ley de Justicia e Paz molti capi paramilitari dovranno essere puniti per i loro reati.
 
 
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