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Se il Governo della Colombia si mette in concorrenza con i narcotrafficanti...
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Articolo di Donatella Poretti
26 luglio 2005 17:37
 
Dopo la proposta del presidente Alvaro Uribe di compensare in denaro i contadini che consegnino al Governo il loro raccolto di coca, il dibattito e' aperto. Tanti gli interrogativi e le critiche. Ma anche qualche suggerimento interessante.
Chi comprera' la droga? E a che prezzo? Cosa ci si fara'? Come si controllera' la purezza e la qualita'? Dove si immagazzinera' e quanti rischi di corruzione comportera' questa operazione?
E ancora, il Governo paghera' per un solo raccolto o per i sei che sono previsti in un anno per ciascuna coltivazione? E se paga per una volta sola, che benefici ne avra' il contadino?
Queste alcune delle domande. Il ministro all'Agricoltura Andres Felipe Arias spiega che ci sara' un incentivo alla capitalizzazione rurale, cioe' un credito con una quota non rimborsabile e con tassi d'interesse preferenziali. L'idea e' che i coltivatori seminino caucciu'. Peccato che questo inizi a dare i primi risultati dopo 5 anni. E nel frattempo?
Un rischio della proposta presidenziale e' che si produca un classico effetto del mercato: maggiore domanda, prezzi piu' alti, nuovi produttori, illegali.
Ma la preoccupazione maggiore riguarda la competizione che il Governo dovrebbe fare con baroni della droga, guerriglieri e paramilitari per cercare di acquistare la produzione di foglia di coca. Gia' sono partite le prime richieste. I coltivatori de La Macarena hanno messo le mani avanti: non vendiamo a meno di 300 mila pesos per ciascun chilo di coca (poco meno di mille dollari).

L'idea di comprare il prodotto delle coltivazioni illegali era una vecchia proposta del presidente francese Jacques Chirac che aveva fatto a suo tempo all'ex presidente colombiano Ernesto Samper: acquisto della "droga andina" per poi bruciarla, operazione da finanziare grazie ai Paesi industrializzati. Un precedente inoltre c'e' stato in Afghanistan nell'aprile del 2002, quando ad avere un'idea simile tocco' al ministro per l'Interno Yunis Qanuni che concesse un indennizzo di 1.250 dollari ai coltivatori di papavero da oppio affinche' distruggessero le loro coltivazioni invece che realizzare il raccolto.

Per il vescovo del dipartimento del Guaviare, monsignor Belarmino Correa, la proposta puo' essere "un primo passo per la depenalizzazione della coca, unica maniera di risolvere il problema". L'idea e' buona a patto che rispetti tre requisiti: "il primo e' che l'acquisto si faccia un sola volta, in caso contrario si trasformerebbe in uno mercimonio. Secondo, che non si consegni denaro, ma una ricompensa in bestiame o nella commercializzazione dei suoi prodotti. E terzo, che ci sia un'ampia valutazione e vigilanza da parte delle autorita'". La proposta di Uribe, in altre parole, deve essere applicata "con intelligenza e senso pratico" per evitare le degenerazioni che, ad esempio, sono emerse dal programma dei Guardaboschi, dove ciascuna famiglia percepisce un sussidio per eradicare manualmente le coltivazioni illegali dai loro terreni e mantenerle libere dalla coca. "Questo e' un buon programma, ma a volte c'e' molta gente che riceve i sussidi mentre mantengono la coca o la spostano verso riserve indigene. Inoltre, si e' arrivati a suddividere fattorie per assegnare piccoli appezzamenti a molte persone che non hanno nulla a che fare con quelle terre. Prima di fare il passo successivo, occorre correggere questi difetti". E sul monitoraggio il vescovo Correa suggerisce debba venire esercitata dall'Esercito Nazionale, data la sua capacita' di penetrare nelle zone delle coltivazioni illecite, "tutti questi sono piccoli passi importanti, ma l'unica soluzione reale, dal mio punto di vista, e' la depenalizzazione".

Pedro Arenas deputato del Guaviare per il Movimiento Comunal y Comunitario, critica l'iniziativa per essere discriminatoria e incoerente nel dare denaro a chi realizza coltivazioni illegali e al tempo stesso non dare opportunita' di mercato a chi ha gia' sostituito le coltivazioni illecite. "Cio' che propongo e' che si facciano i conti di quanta pasta base si puo' essere accumulata nelle diverse zone geografiche, non si compri, ma l'equivalente di questo valore si investa in programma di sviluppo alternativo. Cioe', il contadino si impegna a distruggere la pasta base di coca, e in cambio il Governo consegna l'equivalente al suo valore in un fondo per lo sviluppo". Consegnargli direttamente il denaro non e' la soluzione: "se si fa uno sforzo per comprare questa foglia e poi non si lega il contadino a piani di sviluppo alternativo, lo stesso sicuramente tornera' a coltivare coca o papavero. I campesinos non hanno mai chiesto che lo Stato gli compri la pasta base di coca, mentre sollecitano canali di commercializzazione, infrastrutture e crediti per lo sviluppo". L'occasione per il deputato e' quella per preannunciare che in settimana presentera' un progetto di legge per incorporare nell'economia legale prodotti derivati dalla foglia di coca.
 
 
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