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Peru'. Se nello stesso terreno raddoppia il numero delle piante...
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
22 luglio 2003 16:21
 
Il quotidiano peruviano La Republica intervista il direttore della Sezione Antinarcotici dell'Ambasciata Usa a Lima, James H. Benson. Ne riportiamo ampi stralci.
"Noi siamo preoccupati per le informazioni che stiamo ricevendo dalla Polizia peruviana in merito al possibile aumento delle coltivazioni di papavero da oppio. Il punto e' che non abbiamo, e neppure loro, dei dati precisi su queste coltivazioni, soprattutto perche' si stanno coltivando nelle zone dell'alta montagna, in zone coperte sempre dalle nuvole".

- Perche' allora si suppone che stiano aumentando?
"Dalle informazioni provenienti dai sequestri di lattice di oppio prodotto in altre zone. Noi dipendiamo dalle informazioni in possesso della polizia peruviana. Non stiamo misurando gli ettari di queste piantagioni perche' e' impossibile, ma ricostruiamo statisticamente le dimensioni delle coltivazioni a partire dal lattice che circola attraverso le citta' e le strade, dal che deduciamo che debba esserci un certo numero di ettari. Se e' vero che il fenomeno sta crescendo nella misura in cui ci viene indicato, allora e' preoccupante, perche' un Paese vicino, la Colombia, ha gia' iniziato a produrre grandi quantita' di eroina ottenendola dal papavero da oppio, comunque anche in questo caso non abbiamo dati esatti perche' le coltivazioni sono sparse".

Benson poi prosegue sostenendo che in Peru' al momento non viene ancora prodotta eroina. La fase in cui il lattice diventa eroina viene realizzata con molte probabilita' in Colombia. Valutazioni che Benson fa sempre riferendosi alle sostanze che vengono sequestrate, da cui appunto l'eroina manca. Anche se, sottolinea Benson, il procedimento di raffinazione e' molto piu' facile rispetto a quello della coca, e servono meno prodotti chimici. Benson, quindi, parla del fatto che le mafie del narcotraffico cercano nuovi mercati per il papavero da oppio, ed ecco il perche' della scelta del Peru'.
"Sappiamo che la pianta di papavero in Peru' e' unica, fondamentalmente perche' produce molto di piu' e rende di piu' rispetto alle piante della Colombia, inoltre si coltivano piu' facilmente rispetto al Paese vicino per ragioni di terreno e altro. Insomma ci sono diversi vantaggi".
(.)
- C'e' una relazione diretta tra la presenza del Sendero Luminoso e l'evidente produzione di droga in queste zone della Valle del Ene Apurimac?
"Personalmente non posso affermare che ci sia un legame diretto, ma e' ovvio che stanno operando esattamente nelle stesse valli dove si concentra l'80% della coca destinata al narcotraffico. Almeno lo starebbero facendo in maniera pacifica, potrebbero avere appreso l'esperienza dalle Farc, che per molti anni hanno finanziato le loro attivita' con il narcotraffico".

- Non ci sono prove o indizi che dimostrino questa relazione, come protezione o partecipazione diretta dei senderisti nella produzione della droga?
"Le prove concrete non le abbiamo. Ci sono solamente delle persone che ci dicono che li stanno proteggendo. Voci delle valli parlano di Sendero che protegge i cocaleros. L'unica cosa concreta e' stato il ritrovamento di dinamite insieme a nuovi pozzi di macerazione avvenuta tre settimane fa (.)".

- Da' nell'occhio il fatto che entrambi i fenomeni siano riapparsi con forza simultaneamente. Secondo lei, e' il narcotraffico che ha riattivato la sovversione o al contrario?
"Sarebbe una speculazione che non spetta fare a me. Da due anni abbiamo portato a termine alcune operazioni con l'aiuto della polizia in quelle valli. Per trovare laboratori nella valle dell'Apurimac. L'anno scorso c'e' stata una forte reazione della popolazione quando la polizia ha cercato di distruggere i laboratori, mentre ora quando arriva la polizia, in genere le persone coinvolte, non ci sono gia' piu'. C'e' un nuovo atteggiamento della popolazione".

- Il Peru' continua ad essere un importante fornitore di coca, o ora il problema e' la Colombia?
"Io credo che il Peru' continui ad essere importante, e anche la Bolivia. Per quanto la produzione in Bolivia non abbia un'importanza a livello statistico, questo potrebbe cambiare. Lo sforzo che si sta facendo in Colombia contro la produzione e contro gli stessi narcotrafficanti, apre la possibilita' che l'effetto global si ripercuota in Peru' e Bolivia."

- Il cosiddetto effetto global potrebbe aumentare la produzione di coca in Peru' e in Bolivia?
"Ovviamente esiste questa possibilita'. Se si osservano le cifre della produzione degli anni 90 sono fondamentalmente uguali, ma sono cambiate completamente le fonti di provenienza. A fronte del calo della domanda negli Stati Uniti, il narcotraffico, come qualsiasi altro commercio, sta cercando altri mercati. Gia' si e' stabilito in Europa. Il "crac" per esempio, e' quasi scomparso negli Usa, ma ora e' presente in Inghilterra e in Brasile, secondo Paese al mondo per consumo di cocaina. Probabilmente le cifre della produzione saranno le stesse perche' sono stati trovati altri mercati. Quando ci sono problemi in Colombia, per soddisfare questa domanda, e' ovvio che allora andranno in Peru' e in Bolivia come hanno fatto l'anno scorso".

- Questo aumento della produzione si vede anche nel nostro Paese?
"C'e' un tentativo di aumentare la produzione. La tendenza e' soprattutto nella valle del rio Ene, soprattutto c'e' un aumento della capacita' di produzione. Ossia, prima in un ettaro si coltivavano dalle 80 mila alle 100 mila piante. Ora se ne coltivano 200 mila. Percio' stanno migliorando molto la tecnica per aumentare la produzione utilizzando lo stesso terreno".
 
 
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