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Nuovo discredito per l'Ufficio ONU contro le droghe
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Articolo di Rosa a Marca
30 dicembre 2005 15:54
 
Nel mondo felpato della diplomazia onusiana l'attacco appare piuttosto violento. Il mese scorso, l'unita' indipendente di valutazione dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro le droghe e il crimine (UNODC) ha inoltrato la propria copia sulle politiche di sviluppo alternativo, consistenti nel fornire redditi legali ai coltivatori di piante di droga, soprattutto incoraggiando il passaggio alle colture lecite. Un rapporto interno molto severo di cui il quotidiano francese Libération si e' procurata una versione non definitiva, che capita male su un'agenzia dell'ONU gia' contestata.
"Non ci sono prove che le politiche agricole di sviluppo alternativo abbiano consentito di ridurre le quantita' di piante di droga coltivate", dice il rapporto. "Dove la produzione diminuisce, possono essere altri i fattori scatenanti: la crescita economica o i mutamenti politici". E si citano esempi: la produzione d'oppio e' esplosa in Afghanistan dopo la caduta dei Taleban, malgrado gli sforzi della comunita' internazionale che ha cercato di promuovere le colture sostitutive come lo zafferano o le rose. E se le colture di coca sono diminuite in Bolivia e nel Peru', sono invece esplose in Colombia. I relatori denunciano gli effetti perversi di queste politiche che talvolta sono concepite cosi' male da spingere i contadini a coltivare le piante di droga per iscriversi nei programmi destinati agli ex produttori.
Si deve allora voltare pagina con lo sviluppo alternativo? Puntare sull'eradicazione militare delle colture, come fanno gli Stati Uniti in Colombia? Certamente no, rispondono gli autori: "L'eradicazione e' piu' pericolosa e politicamente meno accettabile dello sviluppo alternativo. Essa mette in pericolo le comunita' senza sopprimere le cause della produzione". Piu' che con lo sviluppo alternativo, gli autori se la prendono con la gestione dell'UNODC. Ai progetti pilota isolati, l'Ufficio non avrebbe saputo sostituire un approccio piu' globale. "Questi progetti non sono integrati a programmi di sviluppo regionali o nazionali", conferma il sociologo Alain Labrousse, autore di Afghanistan, opium de guerre, opium de paix. "La distruzione di economie locali che poggiano sulle colture illegali non puo' essere sostituita di colpo con un'altra economia di cui le popolazioni non hanno alcuna esperienza". Inoltre, nota il rapporto, "le prassi burocratiche dell'Ufficio ostacolano le sue attivita'". Sono debolezze che irritano i donatori: Gran Bretagna, Giappone e Australia non finanziano piu' sviluppi alternativi in seno all'UNODC, che dipende unicamente dalle donazioni. "Il finanziamento dei progetti non e' garantito nemmeno per un anno fiscale", insorgono pero' i relatori. "L'Ufficio e' spesso ingiustamente criticato per l'impatto modesto dello sviluppo alternativo, quando e' la mancanza di fondi ad ostacolare il suo lavoro". Dopo essersi appellati a "dei cambiamenti rapidi nell'organizzazione", gli autori auspicano la nascita di una missione di riflessione. "Niente dovrebbe essere considerato tabù, nemmeno il chiedersi se l'UNODC non debba lasciare ad altri la responsabilita' dello sviluppo alternativo". "L'Ufficio dovrebbe concentrarsi su cio' che sa fare bene: i rapporti sulle droghe", conferma il geografo Pierre-Arnaud Chouvy, animatore di Geopium.org, "e lasciare ad altri le politiche di sviluppo, per i quali non ha ne' l'esperienza ne' i mezzi".
A Vienna, sede dell'Ufficio, il rapporto provoca turbamenti, ma se ne minimizza l'impatto: "Non sono d'accordo su tutto", concede un portavoce, "ma dobbiamo trarne il meglio per migliorare le nostre procedure.. Serve un po' di tutte le politiche, nelle giuste proporzioni. Il nostro scopo e' diventare il miglior cuoco e trovare la ricetta migliore". Resta da sapere se questa sara' gradita dalla Commissione degli stupefacenti dell'ONU, il parlamento delle droghe, che a marzo si riunira' per discutere del futuro dello sviluppo alternativo.
 
 
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