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Narcoguerra. Arriva nella Bassa California Sud
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Articolo di Redazione
31 luglio 2017 15:40
 
 La morte ha raggiunto il paradiso. In Bassa California Sud, una delle destinazioni turistiche ed ecologiche piu’ importanti del Messico, famosa in tutto il mondo per gli alberghi, tra le altre bellezze, il Mar de Cortes che ha reso popolare l’oceanografo francese Jacques Costeau, solo in questo mese di luglio ha registrato 32 assassinii. Uno al giorno.
La forza della violenza del narco ha fatto irruzione nel sole cocente che e' il secondo al mondo di concentrazione delle stelle di Hollywood, come Charlize Theron, Sean Penn, George Clooney o Jennifer Aniston, un mondo di lusso, di spiagge vergini, campi da golf e tesori naturali che sembrava fossero rimasti fuori dall’orgia di sangue che vive il Messico (qualcosa come 12.000 morti solo dall’inizio dell’anno). In sette mesi, la punta della penisola californiana gia’ occupa un poco onorevole quarto posto nella lista degli Stati con piu’ omicidi: 279, il 369% in piu’ rispetto al 2016 e il primo posto in estorsioni (133 casi, una percentuale del 16,42 ogni 100.000 abitanti).
“Tutto e’ cambiato. E’ incredibile. Ci sono morti tutti i giorni. Dicono che se non si ottiene, non succede nulla, ma chi lo sa…. Prima era il paradiso”, dice Natalia, una giovane commerciante di una boutique che sta nel centro storico di San José del Cabo, una miriade di stradine pedonali mescolate a gallerie, che fanno trendy e bar e hotel in stile. “La gente immaginava che la violenza era solo in televisione” dice un reporter di cronaca rosa di un periodico di La Paz, capitale dello Stato, con anni di esperienza e che chiede che non venga fatto il suo nome per timore di rappresaglie, come e’ accaduto a Maximino Rodríguez, del Colectivo Pericú di la Paz, assassinato ad aprile alle porte di un centro commerciale. “Come autoprotezione, abbiamo indagini su narcotraffico”, spiega. Il suo capo redattore e conferma il motivo della politica di glleggiamento per proteggere i giornalisti. “Chiediamo di non finire come Ciudad Juarez”.
Una sorta di omerta’ ha preso gli abitanti di uno degli Stati meno popolati del Paese (appena 700.000 persone, quasi il 10% stranieri, la maggior parte statunitensi), che vive di turismo di alta gamma (il 75% del suo PIL), con il secondo aeroporto con il maggior numero di voli privati del Messico, e che osserva da una posizione neutra, sorpresa e incredula quello che sembra un concentrato di tranquillita’ in un mare di violenza, occupa ora le prime pagne di giornali e notiziari: 14 cadaveri ritrovati in una riserva marina, corpi smembrati vicini alle zone turistiche, balneari e sede di alberghi esclusivi o di stazioni di servizio, di sparizioni…
La bolla e’ scoppiata e la maggior parte delle persone sentite da questo reportage chiede di restare anonimo. E’ il caso della proprietaria di un altro stabilimento di lusso che riassume cosi’ la situazione: “Prima qui era come un'isola. Ora siamo come nel resto della Repubblica. Gia’ sono arrivati”. “Qui si sta come o peggio che a Cancun”, dice un imprenditore che divide la sua vita tra varie localita’ turistiche del Messico: Playa del Carmen, sull’Atlantico, e Cabo San Lucas, sul Pacifico. “Ed e’ tornato forte. Tutto il mondo ne’ e’ coinvolto. Hanno portato i narcomantas (gli editti dei narcos), hanno portato tutto il peggio.”
Molti analisti insistono sul fatto che il narcotraffico e’ sempre stato presente nel territorio, a solo due ore di aereo da Los Angeles, ma evidenziano che il 31 luglio del 2014, giusto tre anni fa, come il giorno in cui e’ cominciata la guerra tra i cartelli per il controllo della piazza. Per questo motivo, nella strada che unisce La Paz con San José de los Planes, c’e’ stata una imboscata mortale contro Jesus Esteban Espinoza Velázquez, alías El Pantera, sicario di Dámaso López Núñez, El Licenciado, e fino alla sua detenzione uno dei capi del cartello di Sinaloa dopo la caduta di El Chapo, e due dei suoi accoliti che, secondo la stampa locale, talvolta sono stati coinvolti con membri delle forze di sicurezza.
A partire da questo momento, i numeri sono stati sensazionali: 52 morti nel 2014, 135 nel 2015 e 196 nel 2016, secondo resoconti che oscillano, tra cui le fonti della Procura Generale di Giustizia dello Stato, che fanno il bilancio dei 667 omicidi da quando e’ cominciato lo scontro tra fazioni del cartello Jalisco Nueva Generation (CNJG) o Tijuana Nueva Generación (CTNG), contro quello di Sinaloa o Fuerzas Especiales de Los Dámaso (FED), come sostiene il settimanale Zeta, di Tijuana. La battaglia ora si svolge in tutte le strade di Cabo San Lucas, San José, La Paz e fino ad una localita’ molto tranquilla come Loreto, citta’ magica e porta del Mar de Cortés.
Gli esperti ritengono che la guerra si deve anche all’intento di stabilire una nuova rotta alternativa a quella continentale, il cui punto principale e’ a Tijuana, alla frontiera con gli Usa. A giugno, la Marina ha sequestrato due tonnellate di cocaina di fronte alla costa di Los Cabos. La situazione si aggrava di piu’ per la vendita di droga al dettaglio, data l’enorme quantita’ di turisti. “Basta andare alla marina di Cabo San Lucas o alla spiaggia di Medano perche’ ti offrano ogni tipo di droghe: marijuana, cocaina, cio’ che vuoi. Alla piena luce del giorno e con ogni impunita’”, dice un promotore immobiliare della zona.
Per evitare che continui il deterioramento della situazione in un territorio con presenza scarsa ed inefficace dello Stato, governato dal PAN, il governo ha deciso di inviare a partire dalla settimana santa qualcosa come mille militari, tra Esercito e Marina. “Da quando sono arrivati, mi sento piu’ tranquillo”, dice lo stesso promotore. “E’ impossibile non avere l’appoggio della Marina e dell’Esercito per recuperare la pace”, assicura il procuratore generale della Giustizia della Bassa California Sud, Erasmo Palemon Alamilla, che sostiene che la situazione stia migliorando, anche se non c’e’ ancora da cantar vittoria.
Il delegato della procura Generale della Repubblica (PGR), consultato da questo periodico, ha voluto essere molto esplicito sulle operazioni e sul tempo di permanenza di queste unita’ che, secondo alcuni media, sara’ di tre anni. “Nonostante tutto, e’ un problema circoscritto. Il turismo non ne e’ risultato compromesso”, dice Palemon.
Al momento, la Confederación Patronal della República Mexicana (Coparmex) della Bassa California Sud, ha espresso a marzo la preoccupazione degli albergatori e imprenditori perche’ la violenza termini di colpire il settore turistico.
“Intanto, i gringos ricchi e quelli che alloggiano in alberghi di lusso o vivono in zone esclusive con grandi sistemi di sicurezza, non lo notano”, dice un imprenditore della zona che, nonostante tutto, vive un autentico boom immobiliare (circa 4.000 dollari al metro quadro) e prepara la costruzione di circa 6.000 nuovi posti alberghieri. Le cifre ufficiali non spentiscono il procuratore: in questo periodo periodo di bassa stagione (da luglio a settembre, periodo in cui viaggiano i turisti nazionali), l’occupazione alberghiera non ne ha risentito. “Di fatto, abbiamo maggiore domanda rispetto agli altri anni”,dice Roldan, gestore di un albergo del centro di San José. La prova di fuoco dell’efficacia delle forze di sicurezza e per il futuro dell’economia della Bassa California Sud, sara’ a dicembre, quando migliaia di turisti statunitensi scendono all’estremo piu’ meridionale della penisola.

(articolo di Cecilia Ballesteros, pubblicato sul quotidiano El Pais del 31/07/2017)
 
 
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