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Marocco. Un Paese (droga)dipendente
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Articolo di a cura di Donatela Poretti
30 dicembre 2003 15:55
 
Sul quotidiano spagnolo El Periodico viene pubblicato un articolo a firma Alberto Miguez. Il Marocco si e' consolidato come produttore mondiale di cannabis, una coltivazione che e' divenuta fondamentale per la sua stabilita' sociale. Di questo i consumatori europei devono assumersi la responsabilita'.

Un Paese (droga)dipendente
Il Comitato per la lotta alle droghe delle Nazioni Unite e l'Agenzia per lo sviluppo del nord del Marocco hanno recentemente pubblicato i risultati di una inchiesta sulle coltivazioni di cannabis nelle zone del Rif e di Yebala.
Il rapporto svelava un qualcosa che era gia' noto: il Marocco e' il primo produttore al mondo di hashish (il "cioccolato", per i consumatori) e l'impatto sociale di queste coltivazioni e' determinante per la stabilita' del Paese. Quasi un milione di persone dipende direttamente dalla cannabis e probabilmente un altro mezzo milione sopravvive grazie ai traffici derivati dalla distribuzione e dalla vendita clandestina.
I due organismi concordano nel ritenere che la superficie destinata alle coltivazioni e alla produzione dell'hashish marocchino e' di circa 200.000 ettari (altre fonti indipendenti, come l'Osservatorio Internazionale sulle Droghe di Parigi, innalzano l'estensione a 250.000 ettari) e il trend e' in crescita. La produzione di resina di hashish supera annualmente le 3 mila tonnellate, il che rappresenta nel mercato europeo (l'80% della produzione e' per i Paesi europei, e al primo posto c'e' la Spagna) un qualcosa dal valore di piu' di 10.000 milioni di dollari.
L'ingresso di nuovi sementi provenienti per lo piu' dall'Olanda e l'utilizzazione di nuove tecniche di coltivazione sembra abbiano aumentato la produttivia' e l'intensita' del principio attivo del cioccolato marocchino, come recentemente ha denunciato il ministro dell'Interno spagnolo, Angel Acebes. Siamo solo ai primordi di questo fenomeno in cui si mescolano paradossalmente l'ingegneria genetica e l'alta tecnologia agraria.
Le ragioni per cui il regime marocchino ha riconosciuto l'importanza economica e sociale della cannabis e' relativamente facile da indovinare: la produzione di stupefacenti e' indissolubilmente collegata al consumo. E i principali consumatori della cannabis del Rif sono gli europei. Il Marocco si allinea con le tesi colombiane che responsabilizzano gli Stati Uniti per il narcotraffico del cloridrato di cocaina, visto che sebbene i campi della foglia di coca siano in Peru', Bolivia o in Colombia, i consumatori si trovano nelle grandi citta' nordamericane o europee.
In questo processo di enorme complessita' sembra piu' colpevole il dirigente di New York che sniffa la neve rispetto al campesino dell'Alto Huallaga, cosi' come nel caso della cannabis la parte maggiore della responsabilita' e' dello studente di Madrid o di Barcellona, consumatore abituale di cioccolato, piuttosto che del contadino del Rif, per cui questa coltivazione costituisce l'unica alternativa per sfamare la sua famiglia. Sarebbe interessante sapere, per esempio, quale percentuale di queste popolazioni ha scelto l'immigrazione, legale o illegale. Qualsiasi attento osservatore sa bene che la cannabis e' servita per migliorare la vita della stragrande maggioranza dei campesinos della regione del Rif, qualsiasi siano le considerazioni morali che possa provocare questa realta'.
La comunita' internazionale, e soprattutto quella europea, ha fatto pressioni sul Marocco negli ultimi anni perche' sostituisse le coltivazioni e distruggesse quelle di cannabis. I tentativi realizzati dal Governo marocchino per sostituire la cannabis con altre coltivazioni hanno fallito. Le ragioni sono facili da spiegare: un ettaro di cannabis produce 10 volte di piu' (in denaro contante e sonante: i trafficanti infatti si incaricano di trattarlo e di comprarlo direttamente in loco) che qualsiasi altra piantagione di erba medica o di segale. E' esattamente la stessa sindrome della Bolivia con la foglia di coca.
Il Governo marocchino ha evitato di utilizzare metodi forti per lottare contro le coltivazioni della cannabis convinto del fatto che, senza aiuti esterni -e questi aiuti sono stati fino ad ora semplicemente retorici- la battaglia e' persa in anticipo. A Rabat sanno -e anche noi spagnoli lo sappiamo- che la mano dura nel Rif scatenerebbe una serie di reazioni difficilmente controllabili. Proibire agli abitanti di quella regione l'unica coltivazione redditizia rappresenterebbe il casus belli. In futuro i consumatori -cioe', gli europei- dovrebbero assumersi la responsabilita' del destino dei produttori.
 
 
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