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Italia. Fict: La tossicodipendenza. figlia di un Dio minore?
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Articolo di Mimmo Battaglia
24 luglio 2006 19:07
 
Pubblichiamo integralmente questo intervento del presidente della Fict sac. Mimmo Battaglia

La recente relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia nel 2005 non ci vede sorpresi, ma aumenta ancora di più la nostra preoccupazione che si accompagna alla frustrazione e alla consapevolezza che la tossicodipendenza è la figlia di un dio minore di un sistema sanitario aziendalizzato e che, se da una parte si grida "al lupo", dall'altra si mandano in perdita servizi pubblici e privati per un'endemica carenza di risorse. I dati riportati nella relazione al Parlamento, riguardanti gli interventi di prevenzione, se da un lato ci rincuorano, dall'altro, se li mettiamo a confronto con gli altri tangibili dati di aggravamento del fenomeno e della percezione del rischio tra i giovani, ci inducono a sprofondare in un abisso di incertezza. L'impegno quasi totale delle scuole e del servizio pubblico sul versante della prevenzione evidentemente non sortisce i risultati attesi. Pur se gradualmente sta entrando nell'opinione comune che tale ambito non può esimersi in momenti di mera informazione, ancora troppo poco si fa evidentemente in termini di promozione di benessere. Colpisce molto il dato che per la maggior parte delle attività di prevenzione, infatti, si usi come metodologia le lezioni frontali e gli incontri seminariali. ancora! Per non parlare del dato che mette in risalto le prassi valutative dei progetti di prevenzione! C'è da chiedersi se il modo di affrontare il problema della tossicodipendenza sia solo quello di cercare di inculcare a fasce giovanili la paura delle sostanze e non, invece, insieme ai giovani costruire scenari condivisi e futuri. C'è da chiedersi se per strizzare l'occhio ai giovani si deve dismetterere l'abito di educatori e indossare l'abito dell' amico compiacente. Forse è tempo che davvero si decida responsabilmente di investire di più, e in tutti i sensi, sul versante della prevenzione. Che si esca dall'ottica della provvisorietà e della sporadicità progettuale e a termine, che si dia più spazio e dignità alle competenze specifiche e alla valutazione delle buone prassi che, nel nostro sistema, dipendono purtroppo più dalla capacità di entrare in certi "tavoli da gioco" che da una comprovata evidenza in termini di efficacia. La prevenzione così come la cura e la riabilitazione della tossicodipendenza, non si può improvvisare!
In questo scenario assistiamo, tra l'altro, alla diminuzione del costo unitario di alcune sostanze, il prezzo della cocaina si abbatte. I mercanti di sostanze hanno una risposta più congrua della nostra: riducendone il costo ne aumentano l'uso. Noi invece tagliamo risorse alle strutture pubbliche o private che siano, che cercano di trovare risposte preventive o tentano il recupero dei soggetti tossicodipendenti e di facilitarne il reinserimento sociale. Tutto ciò appare schizofrenico, o la schizofrenia non esiste perché la droga è ormai inserita fra i prodotti di consumo propri di una cultura di massa? In questo scenario ne usciamo tutti perdenti. I nostri figli non hanno speranza. Il mercato di sostanze, così come di ogni altro bisogno indotto finalizzato all'arricchimento di pochi e al di fuori di un etica condivisa e strettamente ancorata su valori sociali di giustizia e dignità, invade le nostre vite e il nostro mondo. E noi società "civile", preoccupati più di distinguerci e di contrapporci, in realtà restiamo inermi e incapaci di incidere e contrastare l'invasione di un male subdolo ancora molto sottostimato, come evidenzia la stessa relazione al Parlamento. La nostra società manifesta un grave livello di decadenza che non determina più l'emarginazione degli emarginati, ma colpisce le strutture portanti della società, specialmente la classe dirigente. Come ben emerge dalla relazione al Parlamento, i giovani che più sono a rischio di usare cocaina, cannabinoidi e psicofarmaci appartengono alle classi sociali medio alte. L'altro dato che evidenziamo con grande preoccupazione è che si riduce la percezione del rischio per la salute nei confronti delle sostanze stesse e, consensualmente, risulta bassa la disapprovazione sociale. In tutto questo, visto che di un mercato stiamo parlando, rientra bene la riduzione del costo delle sostanze perché ne determina un aumento della domanda. E la tossicodipendenza diventa soltanto l'effetto collaterale di una società abituatasi a non poter più fare a meno delle sostanze. Per inciso, in questo, ben si colloca l'aumento degli psicofarmaci in età infantile. E. ancora una volta, ci chiediamo se veramente vogliamo combattere il fenomeno, al di là degli editti. Perché se questo è vero, non può più bastare riflettere sul fenomeno della tossicodipendenza, ma su una società che, come dice giustamente Gatti, ha inglobato l'additività nei suoi valori. Siamo pronti e vogliamo davvero farlo?
In questo scenario, in cui aumenta l'offerta e quindi aumentano i primi contatti e conseguentemente la domanda, sicuramente dobbiamo affrontare una lunga e condivisa battaglia politica connotata da una forte integrazione con le strutture pubbliche, perché il sistema di cura e di prevenzione, quest'ultima prioritaria, sia un livello di impegno, etico prima di tutto. E in agenda del governi nazionali e regionali, finisca di essere vissuto come un impegno buonista da parte delle comunità terapeutiche e l'ancella povera della sanità pubblica per quello che riguarda tutto il sistema sanitario. Sono i nostri figli, e quindi il nostro futuro, ad essere in una condizione di rischio. Non possiamo pensare che l'attenzione a ciò avvenga in connessione con scoop giornalistici o solo quando ne siamo colpiti direttamente. Il mio è un invito affinchè ci misuriamo con risposte congrue e possibili e che tutti finalmente facciamo scelte radicali sulla nocività delle sostanze lecite o illecite, attrezzandoci di capacità di mediazione, di pensiero politico profondo, di coinvolgimento. Che si persegui oltre che la riduzione del danno, e sempre con più convinzione, la riduzione della domanda, fin dalla prima infanzia, con interventi educativi in rete con la famiglia, la scuola, e il territorio nel suo insieme.
In tal senso guardiamo con rinnovata speranza all'intenzionalità del ministro Ferrero, ribadita nell'introduzione stessa della relazione al Parlamento, di "avviare un confronto approfondito e partecipato" per definire nuove politiche in materia di sostanze stupefacenti e di creare strutture dipartimentali "in cui tutti gli attori che, pur a diverso titolo, esercitano una funzione pubblica, siano presenti al suo interno".
.Forse solo così, tra dieci anni, potremmo invertire una tendenza. È una battaglia che si vince in tempi lunghi, sempre se comprendiamo che è una battaglia che riguarda tutti e che va seriamente combattuta insieme.
 
 
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