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Italia. Droghe e riduzione del danno in carcere. Somministrazione di eroina al don Bosco di Pisa?
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Articolo di Donatella Poretti
21 giugno 2006 11:18
 
E' da accogliere con favore la proposta di far partire dal carcere Don Bosco di Pisa una sperimentazione per la somministrazione di eroina, come da suggerimento del dr. Francesco Ceraudo, presidente del Consiglio Internazionale dei Servizi Medici Penitenziari.
Il 35% della popolazione detenuta e' tossicodipendente, in strutture penitenziarie di citta' come Milano, Torino, Roma, Genova, Firenze, Bologna e Napoli la percentuale raggiunge il 60%. Strategie di riduzione del danno con particolare riferimento a trattamenti con metadone sono gia' in atto nel nostro sistema penitenziario. Da un'indagine epidemiologica condotta dall'Ufficio IV del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria risulta che il trattamento metadonico viene praticato in 125 Istituti su 212, i detenuti tossicodipendenti presi in carico con il metadone sono circa 3.500, di cui il 55,4% con terapia a scalare e il 44% con terapia a mantenimento.
Nonostante tutto questo la droga continua ad entrare in carcere attraverso le visite dei familiari, i pacchi, le lettere e tramite la polizia penitenziaria, cosi' come attraverso le modalita' piu' pericolose dell'ingerimento di ovuli che in piu' occasioni hanno portato alla morte per overdose. Il passaggio della droga in carcere costituisce un capitolo sconcertante ed alimenta un umiliante commercio interno: droga in cambio di prestazioni sessuali, con ulteriori conseguenze sanitarie e psicologiche.
Nell'ottica delle strategie di riduzione del danno si fa strada in Europa la possibilita' di una sperimentazione controllata di somministrazione di eroina con particolare riferimento ai soggetti piu' duri e incalliti come gia' avviene in Svizzera (Zurigo), in Spagna (Granada) e in Olanda.
Il dr. Ceraudo si e' dichiarato disponibile a verificare se dal carcere Don Bosco possa partire una simile sperimentazione e io mi associo a questa richiesta che giro al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e al Ministero della Salute cui compete la tossicodipendenza in carcere.
Fuori da schieramenti prettamente ideologici occorre prendere atto della disponibilita' e del commercio delle sostanze illecite perfino in strutture chiuse come le carceri. Come amministratori della res publica occorre fornire risposte concrete per evitare ulteriori danni e assumersi la responsabilita' di sperimentare nuove strade come avviene nei Paesi a noi vicini. Somministrare eroina a chi non riesce con percorsi alternativi come il metadone, non significa gettare la spugna, ma tentare ancora un intervento e un possibile aggancio quantomeno sanitario.
 
 
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