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Iran. Il regime degli ayatollah combatte i narcotrafficanti, ma trascura i tre milioni di tossicodipendenti
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Articolo di Rosa a Marca
4 ottobre 2005 15:22
 
Per fortuna che esiste Bijan Nasirimanesh, il medico che dirige il servizio d'assistenza ai drogati di Teheran. Nella sua narcosala gli eroinomani portano la siringa sporca e in cambio ne ricevono una pulita, oltre a cotone con alcol, acqua distillata, un preservativo. I piu' fortunati ottengono anche il metadone in sostituzione dell'eroina. E' la prima esperienza di questo tipo in Iran, un Paese con tre milioni di drogati, di cui 40.000 per via endovenosa. L'ha messo in piedi l'Ong Persepoli, diretta appunto da Nasirimanesh. "Una goccia nell'oceano", si duole il medico, "riusciamo appena ad assistere mezzo migliaio dei 40.000 tossici che s'iniettano; con la diffusione dell'Aids e dell'epatite di tipo B e C, le siringhe che si scambiano tra loro sono una bomba ad orologeria". I circa 600 assistiti da Persepoli sono distribuiti anche in altri quattro centri, dislocati a sud della capitale. La struttura principale e' in un edificio ceduto un anno fa dall'Amministrazione di Teheran, a testimonianza di un atteggiamento radicalmente cambiato. "Finora i responsabili politici si concentravano sulla lotta al narcotraffico; per i drogati l'unico messaggio era: astieniti o muori", ricorda questo partigiano della "riduzione del danno, che nel 1999 fondo' il primo centro di scambio di siringhe a Marv Dasht, la localita' dove si trovano le rovine di Persepoli (di qui il nome della Ong). Nasirimanesh e i suoi collaboratori hanno percorso un lungo cammino da quei giorni, quando, in mancanza di autorizzazioni, dovevano chiedere ai trafficanti di procurargli la buprenorfina dall'Afghanistan e informavano i tossici sui modi piu' sicuri per consumare droga. "La disintossicazione non funziona: il 95% delle persone trattate ricade nel vizio", dice il medico, che a quell'epoca non poteva svolgere il programma di sostituzione poiche' il metadone era considerato una droga illegale.
Il cambio d'atteggiamento delle autorita' deriva dalla diffusione dell'Aids. Il ministero della Sanita' ammette l'esistenza di 11.221 sieropositivi, ma la stampa locale riporta la cifra di 60.000 e la dottoressa Minu Moharrez del Consiglio statale per la Lotta all'Aids, segnala 100.000 casi. Del resto, l'abbondanza di articoli che la stampa dedica a questo problema testimonia delle preoccupazioni crescenti. "In Iran siamo all'allarme rosso", ammette Nasirimanesh. Dalle analisi effettuate su 500 tossici, il 25% risulta sieropositivo. E l'allarme scatta a partire dal 5%. "Non abbiamo tempo per progetti pilota. Dobbiamo agire. Il problema e' integrale, e quindi comporta la distribuzione di preservativi e l'educazione all'igiene sessuale", spiega. Un tema molto delicato in un Paese dove le relazioni extraconiugali sono tabu'. Tuttavia, come concludeva di recente un editoriale del quotidiano Iran News, "i principi morali sono importanti, ma la salute pubblica lo e' di piu'".
 
 
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