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L'era post-Escobar
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Articolo di Wálter Faganiello Maierovitch
10 dicembre 2003 17:50
 
Se fosse vivo, "El Patrón" festeggerebbe il fatto che le droghe oggi muovono dal 3 al 5% del Pil planetario

Dieci anni fa, crivellato da proiettili, Pablo Emilio Escobar Gaviria venne ucciso nel quartiere Los Olivos, a Medellín. Ritenuto il maggiore narcotrafficante della storia, sulla sua testa pendeva un premio: 6 milioni di dollari, era quanto prometteva di pagare la Drug Enforcement Administration (DEA).
La direzione della DEA sapeva quanto era difficile che qualcuno fornisse informazioni su Escobar, chiamato "El Patrón", e che ancora e' adorato dai colombiani piu' poveri. Sapeva anche che aveva corrotto politici e magistrati, cosi' come aveva triplicato gli stipendi di militari e poliziotti. Per questo, la DEA decise di selezionare e addestrare un gruppo speciale, Bloque Búsqueda, per dargli la caccia.
Il soprannome di "El Patrón", gli venne dato per avere creato piu' di 3 milioni di posti di lavoro nel suo Paese, grazie all'introduzione in Colombia, a partire dal 1977, delle coltivazioni della foglia di coca e la sua trasformazione in cocaina.
Ed e' stato proprio grazie alla cocaina che la Colombia rimase immune dalla crisi finanziaria degli anni 80, che invece coinvolse il Messico e colpi' anche il Brasile. A quell'epoca, le esportazioni colombiane del caffe' e del petrolio davano profitti per 2 miliardi di dollari, mentre la cocaina muoveva 5 miliardi di dollari.
Mentre Escobar era alla testa del Cartello di Medellín, l'economia colombiana aveva una crescita media annua superiore al 5%. In uno dei suoi scritti, Escobar evidenziava: "ho organizzato uno dei migliori business. Il piu' redditizio di tutti e quello che porta piu' denaro al Paese. Il valore morale di questo business e' discutibile, soprattutto per quelli che, opportunisticamente, si scordano che lo Stato vive bene con i profitti del tabacco e dell'alcol. Negli USA, annualmente il tabacco uccide 400 mila persone, l'alcol 100 mila e le droghe illegali meno di 10 mila".
Durante il ciclo Escobar, il 15% della cocaina consumata nel mondo proveniva dalla Colombia. Contrariamente a quanto si era immaginato, dopo la sua morte aumentarono sia l'offerta che la domanda di questa sostanza. Per esempio, il consumo nordamericano annuale e' cresciuto fino a 500 tonnellate e smuove 50 miliardi di dollari solo negli USA. Oggi la Colombia fornisce anche il 70% dell'eroina usata dai nordamericani.
Attualmente, l'80% della cocaina venduta nel mondo arriva dalla Colombia. Secondo la Banca Mondiale, il mercato delle droghe illegali, attraverso il sistema bancario, fa circolare ogni anno 100 miliardi di dollari. Per l'Onu questo flusso di denaro sarebbe di 400 miliardi, includendo i sistemi bancari e finanziari.
Escobar era affascinato da Rio de Janeiro, al punto tale da acquistare immobili a Copacabana. A Rio si incontrava con imprenditori spagnoli che facevano da intermediari per piazzare la cocaina in Europa. Il suo obbiettivo era quello di arrivare nei mercati di Usa, Canada, Europa e Giappone, con il suo Paese come centro di produzione ed esportazione. E' in questo che Escobar si e' differenziato dai trafficanti brasiliani delle favelas e dei quartieri piu' poveri che, invece, agiscono senza darsi obbiettivi trasnazionali.
Quando usci' di prigione nel 1976, Escobar decise di investire nel traffico di cocaina, e , inizialmente, comprava la pasta base in Ecuador, in Peru' e in Bolivia. Per ridurre i costi, inizio', nel 1977, con le piantagioni di coca nelle regioni del Putumayo, Caqueta e Guaviare, che fino ad allora non avevano conosciuto queste colture. Per raffinare la coca mise in piedi un megacomplesso con dieci laboratori e sette piste per aerei di medie misure, in una zona conosciuta come "Tranquilandia". Costitui' anche un'impresa aerea: l'"Expresso della Cocaina".
Quando il Governo americano fece forza sull'allora presidente César Gaviria (oggi segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani) perche' modificasse la Costituzione colombiana e permettesse cosi' l'estradizione dei suoi connazionali, Escobar decise di porre fine alla questione e, nel 1991, si consegno' nel carcere della citta' di Envirago, dove vi rimase per un anno. Una volta in carcere, la prima cosa che fece fu di apportare delle modifiche alla struttura, migliorandola in qualita' e sicurezza. Il carcere divento' una sorta di hotel a 5 stelle, e fu chiamato "La Catedral", cioe' il santuario di Escobar.
A Panama, il generale Manuel Noriega, che all'epoca era presidente di quel Paese, si alleo' con Escobar. Ad Havana, Escobar coinvolse il generale cubano Arnaldo Ochoa, che poi fu messo al muro da un indignato Fidel Castro. In Messico, El Patrón poteva contare sui cartelli di Tijuana e di Suarez per portare la cocaina negli USA. Alle Bahamas, utilizzo' l'Isola Norman's Cay, acquistata dal suo alleato Carlos Lehder, come avamposto per gli aerei dell'Expresso della Cocaina.
Se oggi Escobar fosse vivo, si starebbe vantando del tipo di gestione imprenditoriale imposta al suo Cartello di Medellín. In particolare perche', attualmente, il mercato delle droghe starebbe muovendo dal 3 al 5% del Prodotto Interno Lordo mondiale, come ha riconosciuto il segretario generale dell'ONU.
Alla potenza di questo mercato ha contribuito in maniera significativa la politica nordamericana della War on Drugs, la stessa adottata dal Governo brasiliano di Fernando Henrique Cardoso e ancora non modificata dal presidente Lula.

L'immagine e l'articolo (su gentile concessione dell'autore) sono tratti dalla rubrica "Linha de Frente" che Wálter Fanganiello Maierovitch, gia' segretario antidroga brasiliano, tiene sulla rivista Carta Capital
 
 
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