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Ecuador. Il 40% della cocaina colombiana parte da qui
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
17 giugno 2003 19:19
 
Il quotidiano ecuadoriano "El Comercio" intervista oggi il responsabile dell'Ufficio Antidroghe delle Nazioni Unite nel Paese andino, Blaus Nyhlom, che fa il punto sulla situazione del narcotraffico.

- Nelle ultime settimane sono emerse le falle nel sistema di controllo dei prodotti chimici, delle droghe e del riciclaggio in Ecuador. Qual'e' la sua valutazione?
Sono stati realizzati sequestri di droghe e questo puo' significare che il sistema di controllo e' migliorato, ma questo non e' sufficiente. C'e' molto da fare. Con la situazione geografica dell'Ecuador, vicino alla Colombia e vicino alla sua violenza, e' difficile. I narcos colombiani e peruviani utilizzano l'Ecuador.

- I narcos hanno gia' utilizzato il territorio ecuadoriano per le coltivazioni illegali?
Ci sono poche coltivazioni di coca. Noi analizziamo dal satellite la situazione di tutta la regione. Tuttavia a volte sono stati trovati grandi laboratori, perche' l'Ecuador e' considerato un Paese importante per il transito delle droghe. Stimiamo che il 40% della cocaina che viene prodotta in Colombia (850 tonnellate all'anno) esce dai porti ecuadoriani.

- Cosa rappresenta questo 40% della Colombia?
Puo' arrivare fino a 5 tonnellate in media che settimanalmente partono dai porti ecuadoriani.

- Secondo i dati ufficiali la Polizia sequestra solo il 10% di questa produzione
No. E' di meno. Tuttavia il controllo si sta rafforzando. La percentuale dei sequestri aumenta di anno in anno.

- Ma aumentano anche le spedizioni di cocaina
Questa e' una nuova situazione. L'Ecuador non ha avuto il tempo per sviluppare condizioni e controlli antidroghe forti.

- Europa e Usa continuano ad essere i principali mercati per il consumo degli stupefacenti?
In questo momento c'e' un cambiamento nella tendenza di consumo. Tradizionalmente non si consumava molta cocaina in Europa e neppure molta eroina negli Usa. Oggi e' esattamente il contrario. Questo significa che la percentuale di coca che arriva negli Stati Uniti e' diminuita ma e' aumentato il consumo di eroina, che arriva dalla Colombia e dal Messico. E nel frattempo aumenta la domanda di coca in Europa.

- Qual'e' la ripercussione di questo scenario in Ecuador?
C'e' riciclaggio di denaro, e la dollarizzazione aiuta. E ci sono i legami con il conflitto colombiano, dove esiste una situazione molto complicata. E' molto evidente che il conflitto colombiano ha delle conseguenze in Ecuador.

- Cioe', lo scenario del narcotraffico cambia continuamente
Non si puo' nascondere che il Nariño, dipartimento colombiano al confine con l'Ecuador, oggi e' il nuovo centro di produzione della cocaina, molto di piu' rispetto al Putumayo.

- Quanto vicino al Paese si trovano queste piantagioni?
Al nord di San Lorenzo, nelle Esmeraldas. E con la cocaina arrivano i protagonisti della lotta armata, le bande delle coste, il commercio della coca, le bande dei paramilitari e dei guerriglieri. Nella montagna, vicino a Carchi, ci sono le Eln (Esercito di Liberazione Nazionale).

- Se i problemi sono cosi' gravi, per quale motivo e' stato chiuso l'Ufficio Antidroga dell'Onu in Ecuador?
Abbiamo problemi a convincere la comunita' internazionale in merito alla gravita' della situazione in Ecuador. Questo ha fatto si' che abbiamo dovuto chiudere uno dei nostri progetti due mesi fa. Tuttavia ora stiamo cercando un finanziamento.

- Ma esiste una soluzione a questo problema?
Si'. L'Europa si sta rendendo conto che gran parte della cocaina che arriva esce dai porti ecuadoriani. Colombia, Afghanistan, Laos, Bolivia e Peru' e alcuni Paesi dell'Africa sono i primi della lista per un sostegno. Il nostro ruolo e' quello di inquadrare gli aiuti verso l'Ecuador.
 
 
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