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Con la droga si puo' convivere, con il terrorismo non si puo' convivere
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Articolo di Vincenzo Donvito
21 novembre 2003 15:01
 
Non e' la prima volta che si sente dire che il terrorismo internazionale, quello che e' nelle nostre case e nelle nostre citta' quotidianamente, si finanzia essenzialmente grazie al narcotraffico. Lo si diceva quando in Afghanistan c'era il regime dei Taliban, accusati di finanziare buona parte dei terroristi internazionali, e lo si dice ancora oggi che in Afghanistan non ci sono piu' i Taliban ma ci sono sempre i campi di papavero da oppio, tollerati perche' altrimenti buona parte della popolazione morirebbe di fame.
E lo si e' ricordato anche oggi a Roma, alla conferenza su "L'impegno della societa' internazionale per il contrasto alla produzione, alla distribuzione e al consumo delle droghe". Lo ha detto il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri ("si tratta di una lotta per la vita"), cosi' come il commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle politiche antidroga Pietro Soggiu ("esiste una connessione certa e documentata tra droga e terrorismo"), e il direttore esecutivo dell'Unodc (l'ufficio Onu per il programma di controllo sulle droghe) Antonio Maria Costa: "il terrorismo si alimenta in forte misura attraverso il reddito ricavato dal narcotraffico. E il giro di affari e di diverse centinaia di milioni di dollari".
E i nostri propongono l'inasprimento delle attuali strategie.
E proprio parafrasando cio' che ha detto il ministro Gasparri -"si tratta di una lotta per la vita"- ci preme ricordare che non e' piu' una questione circoscritta ai consumatori che possono diventare tossicodipendenti, ma riguarda anche chi passa davanti ad una banca che esplode, o il militare che sta servendo il suo Paese in missione in Iraq, o il religioso che sta pregando nella sua chiesa, cosi' come la "vecchina" che continua ad essere scippata dal tossico in cerca di soldi per la sua dose.
Proprio "una lotta per la vita", di tutti.
Ma allora, se sono state individuate le fonti di finanziamento di questi attentatori e assassini delle nostre vite, logica vorrebbe che fossero recise. Cosi' come logica vorrebbe che se i metodi usati fino ad oggi hanno avuto risultati contrari (qualcuno se la sente di dire che questo non e' vero?), se ne sperimentassero di altri.
E no! Dicono i nostri strateghi della lotta alla droga con i divieti: sarebbe un pessimo segnale ai nostri giovani, che si sentirebbero legittimati a drogarsi. E mentre questi giovani -in regime di divieti e punizioni- continuano sempre piu' numerosi a drogarsi, con i soldi del narcotraffico che li rifornisce dei prodotti, si consente di ammazzare anche chi non ha mai visto uno spinello in vita sua, e in numero decisamente molto maggiore rispetto a coloro che muoiono per tossicodipendenza. Con l'aggravante che, in un contesto di legalita' delle sostanze, anche chi casca nella tossicodipendenza potrebbe essere curato, morire molto meno e non incrementare -anche direttamente- le file della piccola e grande malavita.
Il problema va affrontato ricordandosi che mentre con la droga si puo' convivere (anche perche', altrimenti, e' la droga che convive con noi), con il terrorismo non si puo' convivere. Nel caso della prima convivenza -quella della droga- si puo' prevenire, curare, parlare, capire e tutto cio' che comporta una convivenza in un ambito di civile legalita'. Nel caso della seconda convivenza -il terrorismo- siamo nella situazione in cui non si previene, non si cura, non si parla, non si capisce. Per cui, quantomeno cominciamo a cercare di prevenirlo levandogli i finanziamenti, cioe' legalizziamo i prodotti del commercio degli stupefacenti, levandogli i clienti e guadagnando non poco terreno prima che si riorganizzino per avere altre fonti di sostentamento.
A noi sembra che i marziani siano quelli che non vogliono capire questi discorsi semplici semplici.
 
 
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